IL CONTRATTO I Il contratto e l'autonomia contrattuale. 2. 1 requisitI del contratto: a) I accordo delle partì. - 3. ContInua: i limiti dell'autonomia contrattuale. - 4. I requisIti del contratto: b) la causa. 5. I requisiti del contratto: c) l'oggetto. 6 1 requisiti del contratto: d) la forma, 7. La trascrizione del contratto. - 8. Il contratto preliminare. 1. Il contratto e l'autonomia contrattuale. Del Contratto abbiamo già avuto occasione di segnalare due specifiche e distinte funzioni, Che esso talvolta svolge congiuntamente, talaltra separatamente: lo abbiamo incontrato, anzitutto, fra i modi di acquisto della proprietà (e degli altri diritti reali), rilevandone la funzione di strumento per la circolazione dei beni (così la vendita, la donazione ecc.); lo abbiamo ritrovato poi fra le fonti delle obbligazioni, dove abbiamo colto la sua ulteriore funzione di strumento mediante il quale ci si procura il diritto alle altrui prestazioni (così ancora la vendita, per quanto riguarda l'obbligazione di pagare il prezzo, e poi i contratti che sono solo fonti di obbligazioni, come la locazione, il trasporto, il contratto di lavoro ecc.). Vedremo poi che per Contratto sì possono trasferire, oltre che diritti reali, anche diritti di credito: è la cessione dei crediti, di cui ci occuperemo a suo luogo Dopo avere indicato, agli artt. 922 e 1173, queste due specifiche funzioni del contratto, il codice civile ne dà, all'art. 1321, una nozione generale, che con uno sforzo di astrazione (ossia procedendo dal particolare al generale) unifica le due distinte funzioni in una sola e, inoltre, allude ad ulteriori funzioni che il contratto può svolgere. Definisce il contratto come "l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere fra loro un rapporto giuridico patrimoniale". Il rapporto giuridico, che il contratto costituisce, regola o estingue, deve essere patrimoniale: deve, cioè, avere ad oggetto cose o prestazioni personali suscettibili di valutazione economica; ed abbiamo già visto che questo requisito è proprio sia dei beni (art. 814), sia delle prestazioni che formano oggetto dell'obbligazione (art. 1174). Si tratta, in sostanza, di un requisito che discende dal fatto che il contratto è un modo di acquisto della proprietà o degli altri diritti sui beni oppure è una fonte di obbligazioni o, infine, l'una e l'altra cosa insieme, come il contratto di vendita, che trasferisce la proprietà di un bene dal venditore al compratore ed è, al tempo stesso, fonte della obbligazione del compratore di pagare il prezzo al venditore. La vasta regolazione del contratto si articola, nel codice civile, in due serie di norme: una prima serie riguarda i "contratti in generale" (art. 132 1-1469); una seconda serie regola, invece, i "singoli contratti", ossia quei contratti e sono tanti che trovano nel codice civile, o in altre leggi, una disciplina particolare, specifica di quei determinati tipi di contratti (vendita, locazione, mandato ecc.). Questa seconda serie di norme è contenuta, in gran parte, nel quarto libro del codice civile, di seguito alle norme sui contratti in generale (art. 1470-1986); ma vari contratti sono regolati altrove, nel primo libro (come la donazione) o nel quinto libro (come il contratto di lavoro, il contratto d'opera, il contratto di società). Fra la prima e la seconda serie di norme c'è questo rapporto: le norme sui contratti in generale sono norme comuni a tutti i contratti e si applicano a ciascuno di essi (art. 1323); quelle sui singoli contratti valgono solo per i contratti cui si riferiscono. Ciò che costituisce o regola o estingue un rapporto patrimoniale è, per l'art. 1321, l'accordo delle parti, ossia la loro concorde volontà: è questa che attua la trasmissione della proprietà, o di altro diritto, da una parte all'altra o che determina il sorgere dell'obbligazione di una parte a favore dell'altra. Un rapporto patrimoniale, nel generale significato dell'art. 1321, può essere costituito, regolato o estinto in molteplici altri modi: sono molteplici, come si è visto a suo luogo, i modi di acquisto della proprietà diversi dal contratto (alcuni a titolo originario, come l'occupazione, l'accessione ecc., altri a titolo derivativo, come le successioni a causa di morte); e si è visto anche che le obbligazioni possono derivare, oltre che da contratto, da fatto illecito o da altri atti o fatti, che più oltre esamineremo. Fra i tanti modi di costituzione, regolazione o estinzione dei rapporti patrimoniali (in particolare: di acquisto del diritto reale o di assunzione dell'obbligazione) il contratto si segnala per il ruolo che, con esso, svolge la volontà dell'uomo: le parti contraenti si accordano "per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale". L'effetto giuridico, costitutivo o regolare o estintivo del rapporto, è qui prodotto dalla volontà delle parti interessate: l'acquisto della proprietà, in altre parole, è l'effetto della concorde volontà dell'alienante e dell'acquirente (del venditore e del compratore, del donante e del donatario, e così via); ed il sorgere dell'obbligazione è l'effetto, anch' esso, della concorde volontà del creditore e del debitore (del locatore e del locatario, del mutuante e del mutuatario, e così via). La grande importanza del contratto la sua preminente importanza fra i modi di acquisto della proprietà edegli altri diritti come fra le fonti delle obbligazioni -deriva dall'ampio riconoscimento legislativo della cosiddetta signoria della volontà, ossia dal fatto che la legge riconosce ai privati un ampio potere di provvedere, con proprio atto di volontà, alla costituzione, alla regolazione ed all'estinzione dei rapporti patrimoniali. Questo riconoscimento è, nel nostro tempo, meno esteso che in passato: vedremo in questo e nel prossimo capitolo quali e quanti limiti siano posti alla "signoria della volontà"; e tuttavia questa occupa ancora una posizione centrale entro il sistema del diritto privato. Per definire questo ruolo della volontà dei privati si parla di libertà o autonomia contrattuale (autonomia significa, alla lettera, darsi da sé la propria legge), E' una legge o autonomia del privato che si manifesta sotto un duplice aspetto, negativo il primo, positivo il secondo, che occorrerà esaminare separatamente: a) libertà o autonomia contrattuale significa, in senso negativo, che nessuno può essere spogliato dei propri beni o essere costretto ad eseguire prestazioni a favore di altro contro, o comunque, indipendentemente dalla propria volontà. Ciascuno non ubbidisce, in linea di principio, che alla propria volontà; non può essere vincolato, se la legge non lo consente, dalla volontà altrui. In questo significato negativo l'autonomia contrattuale è presente già nel concetto generale di contratto: l'accordo delle parti vale, per l'art. 1321, a costituire, regolare o estinguere "fra loro" un rapporto giuridico patrimoniale. Il contratto non vincola se non chi ha partecipato all'accordo, ha espresso il proprio consenso alla costituzione o alla regolazione o all'estinzione di un rapporto patrimoniale, Ed il principio è ribadito successivamente: "il contratto non produce effetti rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge" (art. 1372); e terzi, rispetto al contratto, sono coloro che non vi hanno partecipato; b) libertà o autonomia contrattuale significa, in senso positivo, che i privati possono, con un proprio atto di volontà, costituire o regolare o estinguere rapporti patrimoniali: che essi possono, cioè, disporre dei propri beni e possono obbligarsi ad eseguire prestazioni a favore di altri (e, sotto il primo aspetto, l'autonomia contrattuale coincide con la facoltà di disposizione delle cose, che rientra, come abbiamo visto, nel contenuto del diritto di proprietà), L'autonomia contrattuale, in questo significato positivo, si manifesta principalmente in tre forme: 1) è, anzitutto, libertà di scelta, a seconda degli scopi che i privati si prefiggono, fra i diversi tipi di contratto previsti dalla legge: i privati possono disporre dei propri beni nelle forme della vendita, della donazione, della per-muta ecc.; possono obbligarsi verso altri nelle forme della locazione, del mutuo, dell'appalto e così via; 2) è, in secondo luogo, libertà di determinare, entro i limiti posti dalla legge, il contenuto del contratto (art. 1322 comma lo): è, ad esempio, la libertà di determinare l'ammontare del prezzo di vendita, il tempo di consegna della cosa venduta, le modalità e i tempi di pagamento del prezzo, oppure il canone e il termine di restituzione della cosa nella locazione, il tasso di interesse e il termine di restituzione del capitale nel mutuo, e via di seguito. Ciascuna determinazione delle parti, inserita in un contratto scritto, prende il nome di clausola o di patto; e ogni contratto scritto si compone di una pluralità più o meno estesa di clausole (spesso contraddistinte, ad imitazione degli articoli di una legge, da una numerazione progressiva), che nel loro insieme formano il cosiddetto regolamento contrattuale (eventualmente in concorso, come presto vedremo, con determinazioni di altra fonte); 3) è infine, libertà di concludere contratti atipici o innominati, ossia contratti non corrispondenti ai tipi contrattuali previsti dal codice civile o da altre leggi, ma ideati e praticati dal mondo degli affari. Va osservato al riguardo che molti degli odierni contratti tipici hanno questa origine: sono nati e si sono diffusi nella pratica degli affari prima che la legge li prevedesse e li regolasse (così è stato, ad esempio, per contratti bancari come l'apertura di credito o come l'anticipazione bancaria, oggi regolati dal codice civile dopo essere vissuti, in precedenza, come contratti atipici creati dalla prassi delle banche). Ma il mondo degli affari crea, incessantemente, sempre nuove figure di contratti, destinati a vivere come contratti atipici finché la legge non intervenga a regolarli. Così sono oggi contratti atipici, di larga diffusione, il leasing (o locazione finanziaria), il factoring, il franchising (ci limitiamo per ora a farne il nome), penetrati recentemente in Europa dopo essere stati ideati negli Stati Uniti. Più semplice esempio di contratto atipico è il contratto di portierato; significativo anche perché mostra, con evidenza, la sua natura di contratto misto, ossia formato (come spesso sono i contratti atipici) dalla combinazione di due (o più) contratti tipici. Qui si tratta, in particolare, di un contratto misto di lavoro e di locazione: il portiere di uno stabile, come ogni lavoratore, si obbliga ad eseguire le sue prestazioni di lavoro; ma differisce dal comune lavoratore perché è retribuito in parte in danaro ed in parte con il godimento di un alloggio, Sotto quest'ultimo aspetto si presenta come un locatario; ma è un locatario che, anziché corrispondere un canone in danaro, offre come corrispettivo le sue prestazioni di lavoro. I contratti atipici sono validi purché siano diretti, precisa il codice civile, "a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico" (art. 1322 comma 20). Ma questo requisito di validità dei contratti atipici altro non è, come vedremo presto, se non quel generale requisito dei contratti che è la causa. Essi sono sottoposti, come i contratti tipici, alle norme sui contratti in generale (art. 1323); sono regolati, per il resto, dalle loro clausole contrattuali. Il contratto è, come si è visto, l'accordo di "due o più parti". Il contratto è bilaterale quando le parti siano due, e necessariamente due, come ad esempio nella vendita (venditore e compratore) o nella locazione (locatore e locatario); è plurilaterale quando le parti possono essere più di due, come nel contratto di società o di associazione, che può anche essere formato da due parti (art. 2247 per la società), ma può essere formato da una moltitudine di parti (migliaia o, addirittura, milioni coma accade nelle grandi società per azioni quotate in borsa o nelle associazioni di massa, come i partiti politici e i sindacati). Si noti, tuttavia, che il concetto di parte del contratto non coincide con quello di persona: per parte si deve intendere centro di interessi; e ciascuna parte di un contratto può essere formata da più persone, coma ad esempio nel caso in cui i comproprietari vendano o diano in locazione la cosa comune. Perciò, la vendita o la locazione resta un contratto bilaterale anche se ad essa partecipano più di due persone: come venditori o come locatari o, dal lato opposto, come compratori o come locatari. Esse costituiscono, in ogni caso, un'unica parte venditrice o locatrice, oppure compratrice o locataria. Dai contratti si distinguono gli atti unilaterali i primi sono l'accordo di due o più parti; i secondi la dichiarazione di volontà di una sola parte, di per sé produttiva ma solo nei casi espressamente consentiti dalla legge - di effetti giuridici. Ne abbiamo già trovati alcuni esempi: il voto dei partecipanti alla comunione e, quale risultante dei voti della maggioranza, la deliberazione, che produce effetto vincolante per la minoranza (discorso che si può ripetere per il voto dei soci o degli associati e per le deliberazioni delle società e delle associazioni). Altri caso troveremo più oltre: la procura (art. 1387 s.), le promesse unilaterali (art. 1987 s.). A differenza dei contratti, che costituiscono una categoria aperta e includono l'ammissibilità di contratti atipici, gli atti unilaterali formano un numero chiuso: sono solo quelli previsti dalla legge, con esclusione di atti unilaterali atipici. Il codice civile lo precisa per gli atti unilaterali che sono fonti di obbligazione (ma è principio di generale portata): "la promessa unilaterale di una prestazione non produce effetti obbligatori fuori dei casi ammessi dalla legge" (art. 1987). Ancora a differenza dei contratti, gli atti unilaterali non hanno una disciplina generale, ma solo la disciplina particolare relativa a ciascuno di essi. Tuttavia, ad essi si applicano, in quanto compatibili, le norme sui contratti (art. 1324). 2. I requisiti del contratto: a) l'accordo delle parti. Il codice civile scompone il concetto di contratto in quattro distinti "requisiti del contratto" (art. 1325): l'accordo delle parti, la causa, l'oggetto, la forma, In relazione a ciascuno di essi formula poi alcuni principi fondamentali del contratto in generale. L'accordo delle parti è l'incontro delle manifestazioni o dichiarazioni di volontà di ciascuna di esse: il contratto èconcluso o, come anche si dice, è perfezionato solo se, e solo quando, si raggiunge piena coincidenza fra le dichiarazioni di volontà provenienti dalle diverse parti contraenti. Il contratto può essere concluso in modo espresso o in modo tacito: ricorre la prima ipotesi quando la volontà delle parti viene dichiarata, per iscritto o oralmente (si scrive o si dice, ad esempio, che si vende e, rispettivamente, si compera quel dato bene per quel dato prezzo) o con qualsiasi altro segno (ad un'asta, per esempio, si dichiara di voler comperare alzando un braccio nel momento in cui il banditore mostra un oggetto e ne enuncia il prezzo). Ricorre la seconda ipotesi quando la volontà delle parti, o di una di esse, non viene dichiarata, ma si desume dal loro comportamento (cosiddetto "comportamento concludente"), che consiste in un comportamento corrispondente alla attuazione del contratto e, perciò, lascia presupporre che le parti abbiano voluto concluderlo Caso tipico di contratto tacito è la società di fatto: più persone si comportano, di fatto, come soci senza avere mai dichiarato, nè per iscritto, né oralmente, la volontà di concludere un contratto di società. Più elementari esempi di contratto tacito si ricavano dall'esperienza quotidiana di tutti: .quando saliamo su un tram, ad esempio, concludiamo tacitamente un contratto di trasporto con l'azienda tramviaria. Il fatto stesso di esservi saliti è esercizio di un diritto che nasce dal contratto di trasporto e fa già presupporre l'avvenuta (tacita) conclusione del contratto: e se, una volta saliti, ci asteniamo poi dal pagare il biglietto, ossia il corrispettivo del trasporto, questo è un inadempimento di una obbligazione già sorta al momento della (tacita) conclusione del contratto di trasporto. L'accordo, ancora, si può formare in modo simultaneo (venditore e compratore, ad esempio, si recano insieme da un notaio e davanti a questo dichiarano, nella medesima unità di tempo, di volere l'uno vendere e l'altro comperare una data cosa per un dato prezzo); ma si può anche formare, come spesso si forma, per fasi successive: le dichiarazioni di volontà delle diverse parti prendono, in tal caso, il distinto nome di proposta e di accettazione. La proposta è la dichiarazione di volontà di chi assume l'iniziativa del contratto: è, ad esempio, la dichiarazione di volere vendere una data cosa per un dato prezzo che l'aspirante venditore rivolge, per lettera o altrimenti, ad un possibile compratore. L'accettazione è la dichiarazione di volontà che il destinatario della proposta rivolge, a sua volta, al proponente. Il destinatario della proposta è, naturalmente, pienamente libero di accettarla o di respingerla: questa sua libertà è un aspetto, l'aspetto che abbiamo sopra definito come negativo, dell'autonomia contrattuale. Può rispondere negativamente o non rispondere affatto; nè ètenuto a spiegare le ragioni per le quali non accetta: ogni atto di autonomia contrattuale è, in linea di principio, incensurabile ed insidacabile. L'accettazione vale come tale solo se conforme alla proposta: se non è conformec (il destinatario della proposta, ad esempio, risponde di volere sì comperare, ma ad un diverso prezzo), ha il valore di nuova proposta (art. 1326 comma 50) e richiede l'accettazione dell'originario proponente. Il contatto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta (o formulato una nuova proposta) riceve notizia dell'accettazione dell'altra parte (art. 1326 comma lo), Ma l'accettazione, per essere tale, deve pervenire entro il termine stabilito dal proponente o, in mancanza, in un tempo che possa ritenersi ragionevole (non certo dopo anni) in relazione alla natura dell'affare o secondo gli usi (art. 1326 comma 20). Non occorre accettazione per i contratti con obbligazioni del solo proponente (come nel trasporto gratuito, nel mandato gratuito, nel deposito gratuito, se proponente è il vettore o il mandatario o il depositanio): qui il contratto si perfeziona se, entro il termine richiesto dalla natura dell'affare o dagli usi, il destinatario non rifiuti la proposta (art. 1333). La proposta contrattuale può essere rivolta ad un destinatario determinato, ma può anche assumere la forma della proposta o offerta al pubblico (ad esempio, mediante l'inserzione della proposta di comperare o di vendere negli "annunci economici" dei quotidiani): chiunque, in tal caso, può esprimere al proponente la propria accettazione, con effetto di perfezionare il contratto nel momento in cui questa giunga a conoscenza del proponente (art. 1336). Dalla vera e propria proposta contrattuale, sia essa proposta a destinatario determinato oppure proposta al pubblico, bisogna però distinguere il semplice invito a propone. E' tale, anzitutto, una dichiarazione che non contenga tutti gli estremi essenziali del contratto da concludere (come nella vendita, ad esempio, l'indicazione del prezzo). Un cartello con la semplice scritta "vendesi", posto su una cosa, o una inserzione pubblicitaria che non menzioni il prezzo del bene messo in vendita, non può certo vincolare l'aspirante venditore: vale solo come invito, rivolto al pubblico, a formulare proposte contrattuali o, comunque, a iniziare trattative per la vendita. Ma ad uguale valutazione si può pervenire anche nel caso in cui appaiono indicati gli estremi essenziali del contratto da concludere: l'esposizione, nella vetrina di un negozio, di merci con l'indicazione del prezzo o l'esposizione, nella vetrina di un ristorante, della "lista dei piatti" con la menzione dei relativi prezzi vale come proposta contrattuale o vale, piuttosto, come semplice invito a proporre? Accolta la prima soluzione dovremo dire che il contratto si perfeziona nel momento in cui il cliente, entrato in negozio o nel ristorante, ordina la merce o il pasto, esprimendo così la propria accettazione, con la conseguenza che l'eventuale rifiuto del gestore equivarrebbe ad inadempimento di un già concluso contratto. Ma sappiamo che non è così: ogni negoziante si ritiene libero di decidere a chi vendere (ossia di scegliere la propria clientela) e quanto vendere (salvo il caso, di cui poi diremo, di chi venda generi di monopolio); considera quanti entrano nel proprio negozio come proponenti, ai quali si riserva di rispondere con una accettazione o con un rifiuto. Il citato art. 1336 autorizza questa diversa qualificazione della dichiarazione al pubblico come semplice invito a propone, anche se contenga gli estremi essenziali del contratto: essa vale come proposta contrattuale "salvo che risulti diversamente dalle circostanze o dagli usi". Una specifica forma di proposta contrattuale è l'adesione di nuove parti, quando sia consentita, ad un già formato contratto plurilaterale (l'adesione, ad esempio, di nuovi membri ad una associazione o di nuovi soci in una cooperativa). La proposta di adestone, detta anche richiesta di ammissione, deve essere rivolta all'organo costituito per l'attuazione del contratto (e, di regola, al consiglio di amministrazione) o, in mancanza, a tutti gli oniginari contraenti (art, 1332): E l'organo, o gli originari contraenti, sono liberi di accettare o rifiutare la richiesta di ammissione del nuovo membro senza essere tenuti a motivare la ragione della scelta, che è atto di autonomia contrattuale, incensurabile e insindacabile come si è detto. Fino al momento in cui il contratto non sia concluso, le partì conservano la propria autonomia contrattuale: la proposta e l'accettazione possono, fino a quel momento, essere revocate, ossia ritirate, da chi le ha formulate, La proposta, perciò, può essere revocata fino a che al proponente non sia giunta notizia dell'accettazione; e questa è revocabile purché la revoca giunga a conoscenza del proponente prima dell'accettazione (art. 1328). La proposta di contratto con obbligazioni del solo proponente è, invece, revocabile solo se la revoca giunga a conoscenza del destinatario prima della proposta (art. 1333). La proposta può essere dal proponente dichiarata come proposta ferma o inevocabile per un dato tempo: il destinatario può, entro questo tempo, accettarla o non accettarla (e può, dopo averla accettata, revocare l'accettazione nei termini dell'art. 1328); il pro-ponente, invece, non può revocare la proposta, che rimane per lui vincolante, così come formulata, fino a quando non sia scaduto il tempo fissato (art. 1329). L'utilità della proposta irrevocabile èevidente: il destinatario di questa fruisce di un lasso di tempo entro il quale decidere se concludere o no l'affare, nella certezza che, nel frattempo, il proponente non modificherà i termini della proposta (il proponente venditore, ad esempio, non aumenterà il prezzo proposto), né proporrà ad altri l'affare (non venderà ad altri il bene). Si pensi a chi, per professione, comperi per rivendere: ottenuta dall'attuale proprietario una proposta irrevocabile di vendita, cercherà un nuovo compratore che paghi un prezzo superiore; e, se lo trova entro il tempo in cui la proposta resta ferma, comunicherà la sua accettazione al proponente e, quindi, rivenderà il bene, guadagnando la differenza di prezzo. Dalla proposta irrevocabile l'opzione differisce per la sua natura di contratto, e si parla perciò anche di patto di opzione: ricorre quando una parte del contratto si vincola verso l'altra (si obbliga, ad esempio, a vendere o a comprare a date condizioni) e l'altra si limita a prendere atto, riservandosi la scelta, appunto l'opzione, se accettare o no, se comperare o non comperare: cosiddetta opzione di vendita, che è l'ipotesi più diffusa). Il patto di opzione produce, a carico di chi si obbliga, gli stessi effetti di una proposta irrevocabile (art. 1331), ma con la differenza che è valido anche se non è fissato un termine per l'accettazione, che potrà essere stabilito dal giudice (art, 1331 comma 30), Talvolta chi acquista per contratto la facoltà di opzione paga all'altro contraente un corrispettivo, che è il contro-valore dell'utilità che l'altrui impegno irrevocabile procura (e che non dovrà essere restituito in caso di mancata accettazione): nel linguaggio della pratica si dice, in tal caso, che si è "comperata un'opzione" su un bene (che è cosa ben diversa dall'aver comperato un bene), ossia ci è assicurata la facoltà di concludere o no, a proprio piacimento, un contratto di vendita. Gli atti unilaterali richiedono la loro comunicazione al destinatario, e producono effetto dal momento in cui giungono a conoscenza di questo (art. 1334) o, quanto meno, dal momento, in cui sono da questo conoscibili (art. 1335). 3. Continua: i limiti dell'autonomia contrattuale. L'autonomia contrattuale, abbiamo avvertito al principio di questo capitolo, ha nel nostro tempo un riconoscimento meno ampio che in passato. Alla esistenza di limiti all'autonomia contrattuale fa riferimento la stessa norma generale dell'art. 1322: "le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge". Questi limiti sono, per un verso, il portato della odierna società industriale, basata sulla produzione in serie su larga scala; sono, per altro verso, imposti dalle esigenze, proprie anch'esse di una società industriale, di governo pubblico dell'economia, ossia di intervento dei pubblici poteri nella regolazione dei rapporti di mercato. Nel nostro diritto i limiti all'autonomia contrattuale appaiono alquanto estesi; e si manifestano, essenzialmente, sotto due aspetti: sono, talvolta, limiti imposti all'autonomia contrattuale di una delle parti e, quindi, destinati ad operare a vantaggio dell'altra parte: sono, talaltra, limiti imposti all'autonomia contrattuale di entrambe le parti. La prima ipotesi ricorre, anzitutto, nel cosiddetto contratto in serie, che con questo nome viene contrapposto al contratto isolato. Si parla di contratto isolato per indicare il contratto che è frutto di trattative intercorse fra le parti contraenti, nel corso delle quali esse discutono ciascuna delle condizioni che formeranno il contenuto del futuro contratto: è l'ipotesi in cui le parti contraenti si trovano tra loro su un piede di parità economica (sono, ad esempio, entrambe grandi imprese oppure sono entrambe comuni privati di analoga condizione economica) e possono, perciò, trattare o "mercanteggiare" ciascuna clausola del contratto (ad esempio, il prezzo della merce venduta, le garanzie offerte dal venditore o dal compratore e così via). E', invece, contratto in serie (detto anche contratto "standard" o contratto di massa o contratto per adesione) il contratto il cui contenuto è, in tutto, predeterminato da una delle parti e l'altra non può trattare: può solo "prendere o lasciare", o concludere il contratto così come è oppure rifiutarsi di concluderlo. Il contratto in serie si lega alla produzione industriale su larga scala di beni o di servizi, al commercio su larga scala, all'attività delle banche, delle imprese di assicurazione, degli enti erogatori di pubblici servizi. Ubbidisce all'esigenza di regolare in modo uniforme i rapporti contrattuali con i consumatori dei prodotti o con gli utenti dei servizi (oppure con gli addetti alla distribuzione dei prodotti, come gli agenti, i concessionari ecc.). Il nesso fra produzione su larga scala e contrattazione uniforme è evidente: l'impresa che produce su larga scala deve, per organizzare e programmare l'attività produttiva, poter conoscere in anticipo quali siano il prezzo e le condizioni di vendita dei propri prodotti; ed analoghe considerazioni valgono per le altre attività economiche su larga scala. Ciò che si è ora detto è ancora l'aspetto sociologico del fenomeno; il suo aspetto giuridico si manifesta, invece, nella efficacia che la legge attribuisce alle condizioni generali di contratto. Queste sono le condizioni contrattuali predisposte in modo uniforme da uno dei contraenti (dal produttore industriale, dalla banca, dall'impresa di trasporti ecc.) e destinate a valere per tutti i contratti che verranno conclusi con i consumatori o con gli utenti: esse "sono efficaci nei confronti dell'altro contraente, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza" (art. 1341 comma lo). La conoscenza effettiva del regolamento contrattuale è qui sostituita, come impongono le esigenze connesse alla contrattazione uniforme, dalla mera conoscibiità: l'altro contraente è vincolato anche se, in fatto, non lo aveva conosciuto e non poteva, quindi, averlo voluto. Così, il passeggero può non sapere quali sono le condizioni generali che regolano il suo trasporto in treno o in aereo; ma egli ne è ugualmente vincolato perché, usando l'ordinaria diligenza, avrebbe potuto conoscerle, chiedendo presso gli uffici della stazione o dell'aeroporto che gli venissero mostrate. Il produttore di beni o di servizi su larga scala è posto, a questo modo, nella condizione di "dettare legge" alla massa dei consumatori: la sua volontà è unilateralmente vincolante; egli non deve, secondo i principi generali sull'accordo delle parti, ricercare il loro consenso; ha solo l'onere di rendere la propria volontà conoscibile da parte loro. Il medesimo onere, a ben guardare, che è imposto al potere legislativo: le leggi e i regolamenti, stabilisce l'art. 10 prel., "diventano obbligatori" il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione. Il contatto in serie cessa, in virtù dell'art. 1341, di essere espressione di autonomia delle parti per diventare, al pari della legge, atto di imperio, vincolante per i suoi destinatari non appena costoro siano stati in condizione di conoscerne il contenuto. C'è una sola residua differenza rispetto alla legge; un atto di volontaria adesione al contratto in serie è pur sempre necessario; il consenso del singolo, superfluo per la determinazione del contenuto del contratto, è però indispensabile per la conclusione del contratto. Ma è, assai spesso, un atto di adesione formalmente volontario, nella sostanza non libero: di fronte al contratto predisposto dalla grande impresa l'utente non ha alcuna facoltà di scelta; egli deve, per necessità, aderire al contratto (salvo rinunciare ai beni o ai servizi che la grande impresa offre). Il consumatore o l'utente è, rispetto al contraente che predispone le condizioni generali del contratto, un contraente debole, che la legge si preoccupa, in qualche imisura, di proteggere. Il secondo comma dell'art. 1341, prevede alcune eccezioni alla regola posta dal primo comma (e, perciò, un ritorno ai principi generali): debbono essere specificamente approvate per iscritto (quindi, conosciute e volute, non solo conoscibili) le cosiddette "clausole vessatonie": le "condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospendere l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria". Per il contratto in serie spesso vengono predisposti moduli o formulari a stampa (come i moduli dei contratti bancari o le polizze di assicurazione), che al momento della conclusione del contratto vengono riempiti con il nome dell'altro contraente e gli estremi del contratto mancanti nel modulo (come l'importo dell'apertura di credito bancaria o come l'indicazione della cosa assicurata, del suo valore ecc,). Anche qui il codice civile cerca di mitigare il sacrificio dell'autonomia contrattuale del contraente debole: le clausole aggiunte a penna al modulo o formulano prevalgono su quelle stampate, anche se queste ultime non siano state cancellate (art. 1342). Altro limite dell'autonomia contrattuale di una delle parti - ma posto, questa volta, a carico del contraente forte ed a protezione del contraente debole - si ritrova nei casi, previsti da leggi speciali, della assicurazione obbligatoria della responsabilità civile e nel caso, previsto dal codice civile, dell'obbligo di contrattare del monopolista. Chi esercita una impresa in condizione di monopolio legale (è il caso delle imprese di pubblici trasporti di linea, delle imprese che gestiscono i servizi telefonici, l'erogazione dell'energia elettrica e così via, nonché delle rivendite di generi di monopolio, come i tabacchi) "ha l'obbligo di contrattare con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto dell'impresa, osservando la parità di trattamento" (art. 2597). Qui il limite all'autonomia contrattuale non riguarda il contenuto del contratto (che spesso è, anzi, predeterminato dall'impresa con condizioni generali), ma investe la scelta se concluderlo o no: questa scelta è libera per l'utente, ma non per l'imprenditore che, di fronte all'altrui proposta, è tenuto ad esprimere la propria accettazione. Vi è tenuto, come è ovvio, compatibilmente "con i mezzi ordinari dell'impresa" (così, per i pubblici trasporti di linea, l'art. 1679); ma non può limitarsi, come può il comune privato, in forza della propria autonomia contrattuale, a rispondere di no, senza dover motivare il rifiuto. Egli è tenuto a giustificare le ragioni del diniego di prestazione, in ogni caso, a rispettare la parità di trattamento: deve, cioè, soddisfare le varie richieste non secondo il proprio arbitrio (come l'autonomia contrattuale gli permetterebbe), ma secondo l'ordine delle richieste (così, per i pubblici trasporti di linea, ancora l'art. 1679) o secondo altri obiettivi criteri, come quelli della maggiore urgenza o della maggiore necessità. In altri casi ancora appare limitata, a protezione di superiori interessi, l'autonomia contrattuale di entrambi i contraenti. Caso tipico è quello della determinazione autorelativa, da parte dei pubblici poteri, dei prezzi di vendita di beni di largo consumo (determinati generi alimentari, carburanti, energia elettrica, pedaggi autostradali ecc.) o delle tariffe di determinati servizi pubblici (servizi telefonici, trasporti di linea ecc,). L'organo pubblico che, in forza di specifiche norme speciali, provvede alla periodica variazione dei prezzi e delle tariffe è il Comitato interministeniale prezzi (Cip). Oli interessi protetti sono, in questi casi, quelli connessi alla direzione pubblica dell'economia: qui il controllo pubblico del costo della vita, la lotta all'inflazione, l'incentivazione (con i prezzi "amministrati" dell'energia) delle attività produttive. L'aspetto giuridicamente più significativo del fenomeno è che i prezzi e, in genere, le clausole contrattuali imposte dalla pubblica autorità sono automaticamente inserite nel contratto, entrano cioè a far parte del contenuto del contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi poste dalle parti (art. 1339). Non c'è, in altre parole, un semplice obbligo delle parti di adeguarsi, nel determinare il contenuto del contratto, alle prescrizioni della pubblica autorità: queste prescrizioni, al contrario, concorrono direttamente a formare il contenuto del contratto Analogo fenomeno di inserzione automatica si verifica quando una clausola contrattuale, voluta dalle parti, sia contraria ad una norma imperativa di legge, ossia ad una norma non derogabile per volontà delle parti: in tal caso la clausola contrattuale è nulla ed è automaticamente sosti-tuita della norma imperativa di legge (art. 1419 comma 20). Sicché il contenuto del contratto non è solo, come si esprime l'art. 1321, il frutto dell'"accordo delle parti": e, piuttosto, la risultante di una pluralità di componenti, una sola delle quali è l'accordo delle parti, e neppure la più importante nel caso del contratto con prezzo o altre clausole imposte dai pubblici poteri (o in quello, che è quasi sempre ricompreso nel precedente, dell'obbligo a contrattare). Il codice civile esprime questa pluralità di fonti del contenuto contrattuale allorché enuncia il generale principio secondo il quale "il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge o, in mancanza, secondo gli usi e l'equità" (art. 1374). Sono così indicate quattro fonti del regolamento contrattuale: 1) la volontà espressa dalle parti; 2) le norme imperative di legge e le clausole direttamente inserite nel contratto per disposizione di legge; in via subordinata, per ciò che non èregolato nè dalla legge, nè dall'accordo delle parti, 3) gli usi e 4) l'equità. Quest'ultima differisce sia dalla legge sia degli usi perché non è, come questi, fonte di norme generali ed astratte: è la norma del caso concreto creata dal giudice negli eccezionali casi in cui la legge consente al giudice di decidere la controversia sottoposta al suo esame, anziché secondo il diritto, secondo il suo libero apprezzamento (art. 113 s. c.p.c.). Questi casi sono eccezionali nel nostro diritto (è, ad esempio, il caso di cui all'art. 1226 o quello, di cui diremo fra breve, dell'art. l349 e, in genere, nei diritti dell'Europa continentale. Nei paesi anglosassoni, invece, il giudice dispone di estesi poteri di decisione secondo equità; e la sua decisione costituisce precedente che vincola gli altri giudici chiamati successivamente a decidere casi analoghi. 13. - civile.