LE ENTRATE PUBBLICHE

 

Sommario  I. I motivi dei sistemi tributari. 2. Le entrate di parte corrente: il  prezzo privato.

3.  Il prezzo  quasi  privato. 4. Il prezzo pubblico. 5. lI prezzo politico. 6 l’imposta

7.  Classificazione delle Imposte. .. 8. Lo entrate in conto capitale o straordinarie. note bibliografiche .

 

 

I.   I motivi dei sistemi tributari.

 

Lo Stato allo scopo di poter produrre beni e servizi pubblici preleva una quota del reddito nazionale (entrate ordinarie o di parte corrente) ed eventualmente del risparmio nazionale (entrate straordinarie o in con­to capitale) attraverso un sistema di prelievi articolati su modalità di commisurazione diverse. Così, basandosi su vari parametri, lo Stato ripar­tisce l’onere dei servizi pubblici tra le diverse classi sociali nel modo desiderato ed esercita, di conseguenza, una restrizione del potete d’acqui­sto dei vari aggregati dell’economia nazionale, nei limiti e nelle direzioni ritenuti più opportuni.

Basare il prelievo su diversi parametri vuoi dire creare dei sistemi tributari complessi, costituiti di numerose imposte.

Questa complessità è stata e viene ancor oggi considerata da taluno come un inconveniente. É antica, infatti, l’aspirazione a commisurare il prelievo fiscale ad un unico parametro. Si allude al mito dell’imposta unica che venne caldeggiata, forse per la prima volta con argomenti logici sul piano economico, dai fisiocrati, che dell’imposta unica sulla terra fecero uno dei corollari più interessanti della teoria del prodotto netto dell’agricoltura. Il problema è stato risollevato anche in questi ultimi tempi, in Francia, da alcuni studiosi e pratici che hanno proposto la sostituzione delle imposte esistenti con un’imposizione unica sulle fonti energetiche.

 

 

Parte seconda I sistemi tributari  (376)

 

 

Si tratta di un’idea che per una serie di motivi tecnici, economici ed anche psicologici, non può venir realizzata quando la pressione tributa­ria, come nei tempi odierni, è molto elevata, dato che ogni imposta, per quanto razionale, è suscettibile di creare distorsioni economiche.

In primo luogo la scelta del tipo di prelievo, atto a finanziare le spese pubbliche, dipende dalla estensione del godimento dei servizi pubblici, quale viene determinata dalla classe dirigente.

Se il bene o servizio pubblico viene goduto esclusivamente da singoli individui senza che il vantaggio si estenda ad altri in modo rilevante, l’onere relativo può venir posto interamente a carico degli utenti attraver­so il meccanismo del prezzo. Se lo Stato, infatti, dà in locazione un immobile ad un privato, il godimento di questo bene rimane circoscritto a colui che intende abitarlo, senza alcuna ripercussione sugli altri mem­bri della collettività, e non vi è motivo per non circoscrivere la copertu­ra dei costi esclusivamente all’utente.

Se nell’ambito di un gruppo di cittadini il godimento è di diversa entità od estensione, ma non si estende al di fuori del gruppo, il finanziamento potrà aver luogo attuando prezzi molteplici in modo da limitare al gruppo stesso il costo, sia pure diversamente distribuito.

Spesso, però, il bene prodotto o il servizio reso dallo Stato presenta un effetto di diffusione e di esternalità. Cioè, la sua utilità si espande indirettamente anche a quella parte della collettività che non usufruisce in modo diretto del bene o servizio. Così, se lo Stato sviluppa una rete stradale in una certa zona, non vi è dubbio che in primo luogo ne vengono a beneficiare quelle persone che se ne servono o quei terreni che per la vicinanza delle strade vengono ad essere valorizzati, ma il beneficio del miglioramento delle comunicazioni si diffonde indirettamen­te su tutta la zona. Ad esempio a tutti i consumatori che, per l’economia dei costi di trasporto, vengono a beneficiare di una riduzione del prezzo delle merci trasportate. Beneficio, questo, difficilmente determinabile nei suoi elementi quantitativi. Pertanto, può esser opportuno che una parte del costo venga sopportata da coloro che traggono un beneficio individua­lizzabile, mentre una parte venga posta a carico della collettività con l’imposta.

Ove, invece, il bene o servizio vada a favore di tutta la collettività o lo Stato presuma che tutti ne vengano a godere, per un’attribuzione coattiva di scelta, è opportuno che il costo venga coperto esclusivamente con l’imposta.

In secondo luogo, da un punto di vista logico, l’imposta unica non sembra opportuna, in quanto le imposte non si prefiggono esclusivamen­te lo scopo di finanziare il bilancio pubblico, ma si propongono altresì di

 

Capitolo i Le entrate pubbliche (377)

 

 

conseguire direttamente altre finalità di politica economica. ciascuna del­le quali può esigere parametri di commisurazione propri. Sembra, per­ciò, necessario modellare il prelievo tributario su diverse basi, onde ottene­re una certa flessibilità nella manovra a seconda delle circostanze e delle esigenze del momento per poter influire sull’economia in diverse direzio­ni, sia per portare il mercato all’equilibrio, sia per creare i « turbamen­ti » e le « distorsioni » desiderate, sia per assicurare i criteri di equità ritenuti auspicabili.

Sta di fatto che nei bilanci degli Stati moderni coesiste sempre una molteplicità di tributi, in quanto solo attraverso prelievi di più tipi vi è la possibilità di agire su questo o quel fattore di equilibrio e, di conse­guenza, in questo o quel senso; flessibilità di manovra che con un unico tributo verrebbe meno. Ciò spiega anche perché questi tributi non coesi­stano in modo arbitrario, Entro certi limiti non sono dovuti al capriccio del legislatore, ma tendono ad obbedire a direttive di politica economica e finanziaria che lo Stato persegue e ad esigenze di equilibrio interno del sistema di prelievo.

Imposta generali su tutti i redditi e su tutti i consumi o produzioni, imposte speciali su dati redditi o dati consumi o produzioni, vengono modellate diversamente a seconda della conformazione dei gusti della classe dirigente. In concreto, e questo è un punto di importanza fonda­mentale per poter comprendere ogni sistema tributario moderno, nel ripartire il costo dell’attività finanziaria la classe dirigente non può volge­re la propria attenzione unicamente nella ricerca di quanta parte ciascu­no gode dei servizi pubblici, benché molto spesso si cerchi di giustificare taluni tributi sulla base della controprestazione, e questo principio possa costituire ‘in punto di partenza. La classe dirigente nel ripartire il costo di produzione con l’imposta adegua il tipo di prelievo al conseguimento diretto delle proprie finalità. Cioè, la ripartizione del costo viene fatta in maniera da conseguire, anche per questa via, i fini prescelti, o, in ogni modo, da ostacolare il meno possibile il loro raggiungimento.

Per orientarci in questa molteplicità di modalità della copertura dei costi dei pubblici servizi, è opportuno raggruppare in categorie omoge­nee le varie forme di entrate.

 

 

2.  Le entrate di parte corrente: il prezzo privato.

 

11 prezzo privato o di mercato è quello che lo Stato ricava dalla gestione de] proprio patrimonio, seguendo le norme di condotta dell’im­prenditore privato. I beni prodotti dallo Stato sono ceduti sul mercato

                                 Parte seconda I sistemi tributari

 

ad un prezzo liberamente contrattato, che copre i costi ed assicura il normale profitto. Fino a quando le dimensioni dell’attività finanziaria sono modeste, la gestione del patrimonio pubblico consente alla classe dirigente di evitare il ricorso alla coazione per ottenere i mezzi necessari allo svolgimento dell’attività finanziaria. In questa ipotesi, della finanza patrimoniale, che trova riscontro in forme storiche ormai superate, l’atti­vità finanziaria si manifesta come tale solamente con la politica della spesa pubblica. Poiché i proventi percepiti dallo Stato sono soggetti agli stessi principi che dominano l’economia di mercato, l’attività finanziaria del prelievo rientra nell’assetto contrattuale. Rientra, invece, nell’assetto coercitivo la spesa pubblica in quanto i servizi possono esser resi in direzioni noti volute dai singoli.

 

 

3, Il prezzo quasi privato.

 

Un modo per estendere il grado di intervento pubblico nell’economia di mercato, a parità di prelievo, consiste nella trasformazione dei criteri di gestione del patrimonio appartenente allo Stato in modo da aggiunge­re al reddito monetario ottenuto, un’utilità pubblica diretta (prezzo quasi privato).

Con la trasformazione dei prezzi privati in prezzi quasi privati, la classe dirigente è in grado non solo di rendere gli stessi servizi che rendeva prima impiegando a tale scopo il reddito proveniente dalla gestione del patrimonio, ma anche di soddisfare direttamente determinati bisogni, cui si presta, incidentalmente, la particolare forma di patrimo­nio posseduto.

Come esempio di prezzi quasi privati si indica la gestione di talune imprese nazionalizzate, quali le banche, che oltre a dare al bilancio pubblico un profitto evita che il possesso della maggioranza delle azioni da parte dei privati faccia affluire il risparmio raccolto verso i gruppi economici ristretti che dominano la banca; la gestione delle industrie di prodotti base (energia elettrica, industria siderurgica) che consente una politica d’intervento nell’economia del Paese, e che evita monopoli priva­ti nei settori di base dell’economia.

Si parla di un prezzo, perché dal punto di vista del provento moneta­rio, esso si forma con i criteri dei prezzi di mercato. Ma è un prezzo quasi privato perché, in aggiunta all’elemento reddito, la gestione consente di conseguire in modo inscindibile anche una finalità pubblica.

                              

 

4.  Il prezzo pubblico.

 

Col prezzo pubblico si entra nell’assetto coercitivo. Il primo passo da parte dello Stato verso la coazione, infatti, consiste nel produrre un bene chiesto dal mercato, ma agendo sul suo prezzo con un comportamento diverso da quello seguito dal mercato. La classe dirigente può aumenta­re il volume della produzione oltre il livello consentito dalle condizioni di mercato, producendo il bene non più in regime di concorrenza, ma dì monopolio. In questo modo si può attuare una politica di differenziazio­ne dei prezzi per estendere la produzione, discriminandoli a seconda delle varie classi di consumatori.

Il  prezzo pubblico si può definire come quel prezzo che dà un ricavo globale pari al costo totale di produzione, ma la distribuzione del costo stesso tra i singoli utenti avviene con criteri sociali. Cioè il costo medio coincide col ricavo medio, ma i ricavi marginali relativi alle unità vendu­te a prezzo minore sono inferiori al costo medio. In questo modo lo Stato introduce un primo elemento di coazione, che consiste nel far pagare ad alcuni gruppi un prezzo maggiore del costo medio al fine di vendere lo stesso prodotto ad altri gruppi ad un prezzo inferiore al costo, ricorrendo legalmente alla costituzione di un monopolio.

La trasformazione del prezzo da quasi privato in prezzo pubblico si può fare, infatti, solamente in regime di monopolio. La coazione, in questa prima fase, consiste nel proibire ad altri di produrre quel bene determinato, e nel divieto per coloro che lo acquistano di venderlo a prezzo diverso da quello stabilito dallo Stato produttore. La coazione non si spinge fino all’obbligo dell’acquisto: questo, resta un atto vo­lontario.

La politica dei prezzi molteplici viene effettuata dalla classe dirigente allo scopo di favorire certe classi sociali o dati gruppi della collettività a carico di altri. Infatti, il prezzo pubblico permette di far pagare ad alcuni utenti del servizio un prezzo inferiore al costo marginale e ad altri utenti un prezzo superiore. Così, le ferrovie possono venir gestite sotto forma di monopolio con lo scopo di cedere il servizio (treni rapidi, carrozze di prima classe) a determinate persone aventi utì reddito più elevato, ad un prezzo superiore al costo, destinando questo maggior provento alla copertura dei costi inerenti la vendita dello stesso servizio (carrozze di seconda classe) ad altre persone meno abbienti, ad un prez­zo inferiore al costo, così da permettere anche a costoro l’uso del servizio in parola. Non è diverso il caso in cui il servizio viene venduto ad un prezzo unico, ma viene esteso anche alle unità il cui costo supera

     

                                 

  i sistemi tributari

il   prezzo di mercato. Così le linee ferroviarie a scarso traffico vengono gestite in passivo, finanziandole col maggior provento delle linee più redditizie.

Si noti che nel monopolio privato la politica dei prezzi molteplici viene attuata per aumentare il profitto del monopolista, mentre in quello pubblico lo scopo è di aumentare la produzione totale estendendo il consumo, pur conservando il bilancio aziendale in pareggio. Elemento fondamentale del prezzo pubblico è, come si è detto, la libertà che ha l’utente di acquistare o meno il servizio reso o il bene prodotto e di acquistarla nella misura che ritiene più conforme ai propri interessi.

Concepito così il prezzo pubblico, si vede che in esso sorgono due distinti prelievi: chi paga il bene ad un prezzo inferiore al costo perché l’onere differenziale è a carico di altri, beneficia di un sussidio e gode di un prezzo politico; chi paga lo stesso bene ad un prezzo superiore al costo, sostanzialmente subisce un’imposta il cui provento va a favore dell’altro utente. Ma la copertura dei costi, comunque, avviene sempre nell’4mbito dello stesso gruppo di utenti e non si riverbera su altri soggetti che non usufruiscono di questo servizio.

 

 

5.   Il prezzo politico.

 

Se la classe dirigente intende accentuare l’intervento finanziario, può estendere la discriminazione con i prezzi pubblici. Ma questa estensione incontra un limite nella domanda del bene o del servizio reso, in quanto il ricavo totale delle vendite deve sempre coincidere col costo, tenendo conto del profitto normale.

Raggiunto questo limite, la classe dirigente può trasformare radical­mente, da un punto di vista economico, la natura del suo monopolio: la perdita relativa al bene venduto al di sotto del costo medio non viene compensata dal maggior provento del bene venduto ad un prezzo superio­re nell’Ambito degli stessi utenti, ma viene coperta con altri strumenti (profitto di altre gestioni pubbliche o imposte a carico di altre classi sociali).

In sostanza, tra il prezzo pubblico e il prezzo politico la differenza, più che dì impostazione logica, è di grado.

Nel prezzo pubblico, il bene prodotto ad un costo medio, per es, di 100, viene venduto metà ad A per 70 e l’altra metà a B per 130, ma nel complesso il costo viene reintegrato interamente dai consumatori del bene prodotto. Col prezzo politico, invece, il bene in parola è venduto tanto ad A come a B al prezzo di 70, e la differenza di 30 viene posta a carico di soggetti diversi, attraverso altri istituti, quale quello dell’imposta, il cui parametro di commisurazione è indipendente dalla prestazione del servizio in esame.