Maturità
Le trappole della
Terza prova
Di Marco Santambrogio
Il nuovo esame di maturità introduce due
importanti novità. La prima è che "i criteri di valutazione
per tutte le prove sono stabiliti autonomamente da ciascuna
commissione: non ci sono regole codificate". La seconda
consiste, com’è noto, nella terza prova che si aggiunge a
quella di italiano e a quella sulle materie caratterizzanti i vari
corsi di studio. La terza prova ha carattere pluridisciplinare,
verte "sulle materie dell'ultimo anno di corso e consiste
nella trattazione sintetica di argomenti, nella risposta a quesiti
singoli o multipli ovvero nella soluzione di problemi o di casi
pratici e professionali o nello sviluppo di progetti" (di
norma accerta anche la conoscenza di una lingua straniera). Le
pagine in rete del Ministero (http://www.istruzione.it/argomenti/esamedistato/home.html)
spiegano con chiarezza in che cosa consiste e contengono esempi di
terza prova scritta forniti dalle scuole, che possono essere
utilizzati per esercitarsi nella preparazione di questa parte
dell'esame.
Tra le tante notizie disastrose riportate dai
giornali sull’impreparazione dei nostri studenti (e anche dei
docenti) bisogna riconoscere che la lettura di queste pagine è
piuttosto consolante: non solo le pagine sono fatte bene, ma gli
esempi riportati di prove rivelano una grande professionalità da
parte di chi le ha predisposte.
Trovo positivo poi che con la terza prova non si
cerchi di valutare la capacità dello studente di improvvisare un
discorsetto su argomenti sui quali non ha mai riflettuto (come
accadeva negli anni passati con la maggior parte dei temi di
italiano), ma riguardi il lavoro effettivamente svolto dalle
classi durante l’ultimo anno. "La traccia proposta ai
candidati – spiega il Ministero – viene predisposta per ogni
classe dalla commissione esaminatrice, di cui fanno parte anche i
docenti interni. La normativa lascia ampia libertà alle
commissioni di definire le tipologie e contenuti della prova, che
deve basarsi sulle attività realmente svolte dalla classe
nell'ultimo anno di corso".
Mi è stato chiesto di immaginare un esempio di
terza prova in forma di quesiti "a risposta singola". Il
problema è che collettivamente i lettori di questo giornale non
hanno svolto nel corso di quest’anno un’attività in una
classe. Formulerò allora sei quesiti su un tema a cui certamente
tutti i lettori-studenti (ma forse anche gli altri) hanno dedicato
qualche riflessione: le finalità dell’esame e i criteri con cui
le commissioni dovranno attribuire i punteggi alle prove. Abbiamo
visto che la piena autonomia lasciata alle commissioni è una
delle novità della riforma, ma pone a mio avviso problemi molto
seri. Immaginerò che i lettori siano al corrente delle principali
notizie e discussioni che in quest’ultimo hanno riguardato la
scuola italiana e in particolare quelle sull’autonomia degli
istituti, quelle recenti sulle grandi differenze esistenti tra le
diverse regioni italiane nella preparazione non solo degli
studenti, ma anche dei docenti che hanno partecipato alle prove
per l’abilitazione, quelle recentissime sulle competenze
alfabetiche degli adulti nei paesi Ocse, e quella (che però forse
a molti è sfuggita) sugli istituti che hanno chiesto ad agenzie
indipendenti una valutazione della propria qualità.
Non darò le risposte alle domande – anche
perché non sono sicuro di conoscerle io stesso. Ma quello che
andrebbe valutato nella prova è soprattutto la capacità di fare
dei ragionamenti pacati e solidi, qualunque siano le conclusioni a
cui ci portano. Sono convinto che valga la pena di cercare una
risposta a queste domande, che in sostanza riguardano il senso
stesso dell’esame di maturità, nella vecchia o nella nuova
forma.
Quesiti: 1. Già oggi i paesi europei si scambiano
gli studenti (ad esempio, universitari). Per poter paragonare i
voti di un’università con quelli di un’altra, il Sistema
Europeo di Trasferimento dei Crediti (ECTS) fissa un sistema di
votazione su sette livelli: A (= eccellente), B (= molto buono), C
(= buono), D (= soddisfacente), E (= sufficiente), FX (=
insufficiente), F (= decisamente insufficiente). Stabilisce
inoltre che gli studenti promossi debbano distribuirsi
approssimativamente così: A = 10%, B = 25%, C = 30%, D = 25%, E =
10%. Sarebbe opportuno, e coerente con le finalità dell’esame
di maturità, che anche il nostro Ministero prescrivesse alle
scuole di osservare la stessa distribuzione nell’assegnazione
dei voti di maturità, così che in una scuola o addirittura in
una classe gli eccellenti (ad esempio) non possano essere né
molti più, né molti meno del 10%?
2. Se si introducesse una simile regola, il voto
di maturità non avrebbe un valore assoluto (un voto di 80
centesimi, ad esempio, non corrisponderebbe necessariamente alla
stessa preparazione ovunque sia stato conseguito) ma solo un
valore relativo: con 80 centesimi uno studente è al di sopra
della media entro un certo gruppo di riferimento. Visto che
le prove (la terza in particolare) riguardano il lavoro svolto
nelle singole classi, sarebbe possibile una valutazione assoluta?
3. Una valutazione relativa cancellerebbe le
differenze che esistono, secondo le notizie riportate dai
giornali, non solo tra le diverse regioni italiane, ma anche tra
una scuola e un’altra, e che riguardano le condizioni di lavoro,
l’impegno, la severità, la preparazione stessa dei docenti?
Sarebbe possibile conciliare un sistema assoluto di valutazione
con l’autonomia degli istituti scolastici?
4. Nei test di ingresso ai corsi universitari a
numero chiuso, il voto di maturità ha lo stesso valore ovunque
sia conseguito. E’auspicabile che questa norma sia abolita?
5. E’ auspicabile che anche per gli studenti
delle scuole superiori si rendano confrontabili le valutazioni
ottenute nei diversi paesi della comunità europea?
6. In diverse regioni alcune scuole hanno chiesto
che agenzie indipendenti valutino la qualità del loro
insegnamento. Sarebbe desiderabile che questa pratica si
diffondesse? Se tutte le scuole fossero così valutate, sarebbe
ancora necessario avere un esame di stato?
|