l. Significati del
termine funzione. L'attività amministrativa come funzione
Funzione e una delle
parole più ricche di significati del diritto (e delle scienze sociali, in
genere).
l. l. Tripartizione delle funzioni
Con essa si indicano,
in primo luogo, le funzioni dello Stato, ripartite nelle tre tradizionali,
legislativa, esecutiva, giudiziaria. In ordinamenti dove la tripartizione viene
ritenuta vigente, come quello francese, si discute quale sia il campo riservato
a ciascuna funzione, perché ‑ secondo alcuni ‑ la Costituzione del
1958 avrebbe ribaltato la prospettiva tradizionale, secondo la quale il campo
attribuito al legislatore è illimitato, mentre
SIGNIFICATI DEL TERMINE FUNZIONE
quello
dell'amministrazione è limitato.' Nell'ordinamento italiano, la questione non
si pone neppure, non essendo la cosiddetta separazione dei poteri in tre
funzioni parte del diritto vigente.
Infatti, la funzione
cosiddetta esecutiva si ripartisce certamente in una funzione amministrativa ed
in una di governo (quest'ultima detta anche di indirizzo politico). Vi sono,
poi, funzioni amministrative affidate ai giudici (ad esempio, almeno secondo
alcuni, l'attività di volontaria giurisdizione); funzioni normative svolte
dall'apparato esecutivo (ad esempio, potere regolamentare); funzioni di
risoluzione di conflitti svolte dall'amministrazione (cosiddetta attività
amministrativa contenziosa); ecc. Per tener fede alla tripartizione dei poteri,
si è dovuto, dunque, distinguere tra divisione dei compiti e divisione degli
apparati chiamati a svolgerli. Il primo aspetto riguarda il potere in senso
sostanziale (di porre norme, di risolvere conflitti, di eseguire). Il secondo
il potere in senso formale: l'autorità e l'atto che da essa promana (la legge
dal Parlamento, la sentenza dal giudice, il provvedimento
dall'amministrazione). E si è dovuto riconoscere che un'attività può essere
sostanzialmente amministrativa (perché di esecuzione), ma formalmente
giurisdizionale (perché svolta dal giudice); sostanzialmente normativa, ma
formalmente amministrativa (ad esempio, l'adozione di regolamenti governativi),
ecc. Queste complicazioni dimostrano l'inutilità di persistere ad applicare
come principio normativo la cosiddetta separazione dei poteri (anche se essa,
poi, continua ad avere una certa utilità puramente descrittiva e
classificatoria).
l.
2. Funzioni come compiti
In secondo luogo, con
funzione si indicano i compiti o attività dello Stato. Così, ad esempio, quando
si dice che i pubblici poteri hanno la funzione di garantire il benessere dei
cittadini. Si tratta di un uso puramente descrittivo, di senso comune, non
giuridico, che considereremo più avanti.
1.3.
Funzioni e servizi pubblici
Con il termine funzione, si indica, in terzo luogo, un'attività
autoritativa ed esclusiva della pubblica amministrazione, contrapposta al
servizio. Questa distinzione si riscontra negli articoli 357 e 358 del
codice penale ed ha lo scopo di graduare i reati e le sanzioni, in relazione
alle responsabilità del dipendente pubblico, ma ha scarsa importanza fuori del
diritto penale.
Anche nel diritto amministrativo, però, funzione viene adoperata come
contrapposta a servizio, nel senso di attività necessaria al funzionamento
della collettivita; quindi, in gestione pubblica necessaria e retta dal diritto
pubblico (ad esempio, ordine pubblico). Però, più che la nozione di funzione,
in questa accezione, ha interessato quella di servizio pubblico. Di questa si è
a lungo discusso, giungendo alla conclusione che vada intesa sia in senso
soggettivo, sia in senso oggettivo. In senso soggettivo, per indicare quelle
attività che non sono funzione (e che, quindi, possono essere svolte tanto da
privati, tanto da poteri pubblici), in quanto vengano assunte da una pubblica
amministrazione: ad esempio, il servizio di trasporto urbano di linea. In
senso oggettivo, per indicare attività che non siano funzione, che sono di
interesse pubblico.
1 motivi per i quali si è cercato di identificare una nozione di
servizio pubblico in senso oggettivo sono due. Il primo è il carattere
nominalistico e la scarsa utilità della nozione di servizio pubblico in senso
soggettivo. Il secondo la necessità di applicare l'art. 43 della
Costituzione, secondo il quale possono riservarsi originariamente o
trasferirsi allo Stato o ad enti pubblici imprese o categorie di imprese
private che si riferiscano, tra l'altro, a « servizi pubblici essenziali» ‑
E evidente che, in questa disposizione, l'espressione servizi pubblici va
intesa in senso oggettivo, costituendo proprio il presupposto del passaggio
alla mano pubblica. Le interpretazioni affacciate finora sono due. Secondo la
prima, sono attività di servizio pubblico quelle sottoposte a controlli e
programmi pubblici (sulla base dell'art. 41 della Costituzione): questi
evidenzierebbero l'interesse pubblico che inerisce al servizio. Secondo
l'altra, quella di servizio pubblico sarebbe una « clausola generale » e va
intesa nel senso proprio delle scienze economiche; dunque, non è necessario
dare una definizione giuridica di servizio pubblico. La legge 12 giugno 1990,
n. 146, sul diritto di sciopero nei servizi pubblici
SIGNIFICATI DEL TERMINE FUNZIONE
essenziali, ha
elencato tali servizi, sia pur in modo non esaustivo: sanità, igiene pubblica,
protezione civile, raccolta e smaltimento dei rifiuti, dogane,
approvvigionamento di energia, giustizia, protezione ambientale, vigilanza sui
beni culturali, trasporti pubblici, asili nido, scuole materne, scuole
elementari, svolgimento degli esami scolastici, poste, telecomunicazioni,
radiotelevisione.
1.4.
Funzione e funzionari
In quarto luogo, la
parola funzione è stata adoperata dal governo prima e dal legislatore poi
(nella legge n. 93 del 29 marzo 1983) per indicare un Dipartimento incaricato
del personale pubblico. In questo caso, si tratta di un francesismo, essendosi
ripresa l'espressione che denomina il ministero corrispondente in Francia
(«fonction publique»). In questo senso, funzione è collegata a funzionario,
anche se, poi, ambedue i ministeri, quello francese e quello italiano, si
interessano anche di altre categorie di personale, come gli operai, che non
sono funzionari, ed estendono il loro ambito di attività fuori del personale,
occupandosi, ad esempio, anche del funzionamento della amministrazione.
1.5.
Funzione come attività rivolta a un fine
In quinto luogo, nel
diritto privato, con la parola funzione si indicano quelle attivita e quei
diritti che sono necessariamente rivolti a un fine. Ad esempio, quando si parla
di proprietà funzione (o proprietà funzionalizzata, che è lo stesso), ci si
riferisce a tipi di proprietà ‑ come quella urbana ‑ in ordine ai
quali le leggi, a fini sociali, non attribuiscono determinate facoltà, o
dispongono condizioni per l'esercizio di facoltà attribuite o pongono l'obbligo
di esercitare determinate facoltà, in base ad un apprezzamento libero o secondo
modalità determinate. 1
1.6.
Funzione e fine pubblico
Infine, la parola che
stiamo esaminando viene adoperata per dire che l'attività amministrativa è
funzione. Ciò significa che essa è rilevante nella sua globalità, a differenza
dell'attività privata, che lo è solo per alcuni aspetti e a taluni fini.'
In questo senso,
funzione ha lo stesso significato di base che nel diritto privato, solo che in
quest'ultimo è fenomeno relativamente meno diffuso, perché l'agire privato, e,
di regola, libero. Nel diritto privato, le situazioni giuridiche soggettive
subiscono compressioni non generali, relative ad alcune facoltà. Ad esempio, il
proprietario di una raccolta d'arte riconosciuta d'interesse storico‑artistico
può essere tenuto a renderla accessibile al pubblico, può sottostare a vincoli
relativi alla sua alienazione della raccolta, ecc., ma, per le restanti sue
facoltà di proprietario, è libero.
Non così per
l'amministrazione, dove l'incidenza del fine pubblico è maggiore e ‑ si
direbbe ‑ onnicomprensiva. In tal modo, tutta l'amministrazione
(organizzazione, personale, finanza ed attività) deve essere in rapporto di
congruenza con i fini pubblici.
Questo rapporto non
riguarda ‑ come correntemente affermato ‑soltanto l'attività. Non è
solo questa, ma anche l'organizzazione, ed anche tutti gli altri elementi
dell'amministrazione pubblica, che non possono distogliersi dal fine pubblico,
con cui sono in un rapporto di relazione necessaria.
Questo rapporto
ricorre anche quando si presenta in forma particolarmente attenuata, come ‑
ad esempio ‑ quando vi sono imprese private in pubblico comando (ad
esempio, quelle dette correntemente con partecipazione statale), dove esso si
presenta nel senso che l'impresa è nella disponibilità del pubblico potere, che
può orientarla e dirigerla, attraverso, tra l'altro, la nomina degli
amministratori; oppure nell'attività privata della pubblica amministrazione, da
distinguersi dall'attività di diritto privato della pubblica amministrazione,
perché, anche nei casi limitati in cui essa è presente (ad esempio, contratti
di economato), vi è sempre un corpo minimo di regole che assicurano il rispetto
del fine pubblico.
In conclusione, la
parola funzione ha più significati, quasi tutti corretti e rilevanti, ma in
campi e modi diversi. Quella di maggior interesse, per il diritto
amministrativo, è l'ultima.
RILEVANZA GIURIDICA DELLE FUNZIONI
Passiamo, ora, ad
esaminare un altro significato di funzione, dove la. parola è usata per lo più
al plurale.
2.
Rilevanza giuridica delle funzioni
Se l'amministrazione
può essere (ed e normalmente) rilevante nella sua intierezza (funzione
nell'ultimo dei significati elencati), ne l'analisi degli uffici, né quella dei
singoli atti di tutti i procedimenti in cui si articola consente di esaurire
l'esame dell'amministrazione‑funzione. Questa non si esaurisce nella
somma dell'organizzazione, degli atti e dei procedimenti. C'è qualcosa di più,
che precede l'organizzazione e l'attività amministrativa e riguarda il modo di
porsi stesso dell'amministrazione nei confronti della società. Uno studio del
diritto amministrativo come complesso di apparati e di procedure rimane, per
così dire, vuoto, perché manca ad esso l'aspetto sostanziale, costituito dalle
funzioni svolte, che sono, poi, le fondazioni delle amministrazioni pubbliche,
perché ne costituiscono la ragion d'essere.
Facciamo qualche
esempio, cominciando da quelli più semplici. Non è indifferente, innanzitutto,
che, in un ordinamento, una determinata materia (in senso giuridico) sia o non
sia attribuita a uffici pubblici. Uno dei maggiori mutamenti dei poteri
pubblici, nell'ultimo quarto di secolo, è costituito dallo sviluppo delle
istituzioni del benessere («Welfare State»): scuola, sanità, garanzia
dell'occupazione, pensioni. Organi, personale e procedimenti, in queste
materie, esistevano già prima. Ad esempio, uffici scolastici e autorizzazioni
scolastiche, uffici sanitari e autorizzazioni sanitarie dirette a prevenire
epidemie, ecc. Ma, nell'ultimo venticinquennio, l'azione dei poteri pubblici è
divenuta molto più estesa, in questi campi, ed è mutata la sua direzione.
Questi cambiamenti non sono avvenuti «de facto», ma in virtù di nuove norme,
per lo più legislative, che hanno cambiato gli uffici e i compiti
dell'amministrazione, ne hanno ampliato le proporzioni, l'hanno dotata di
personale e mezzi. Per cui, chi esaurisca lo studio dell'amministrazione nei
vari uffici ed atti, non coglierà fino in fondo l'importanza dei mutamenti
avvenuti.
In secondo luogo, è
importante rilevare che un'amministrazione, pur rimanendo strutturalmente
immutata, o senza grandi mutamenti strutturali, può essere rivolta a uno scopo
diverso ad opera delle norme. Ad esempio, le imprese pubbliche nell'Ottocento
avevano ‑ per legge ‑ prevalenti compiti di entrata. Nel Novecento,
hanno avuto, prevalentemente, compiti di sviluppo economico.
Ma anche cambiamenti
strutturali importanti (quale la istituzione dei Servizio sanitario nazionale,
ad esempio) possono non dare indicazioni precise del mutamento dell'amministrazione
sanitaria, da amministrazione di polizia (diretta ad evitare epidemie, ma nella
quale la salute era un fatto privato) ad amministrazione di «benessere» (dove
non solo la cura, ma anche la prevenzione e assunta da poteri pubblici, che si
danno carico dell'interesse alla salute, trasformandolo in un interesse
pubblicamente rilevante), se si considerano solo l'organizzazione sanitaria
pubblica, i procedimenti che essa pone in essere e i provvedimenti che adotta.
Si e insistito sul
profilo diacronico, perché, senza un esame delle funzioni, le amministrazioni
sembrerebbero fuori del tempo.
Ma bisogna ricordare
che i cambiamenti indicati sono tutti avvenuti per legge. Che tali leggi hanno
qualificato e fatto divenire giuridicamente rilevanti materie e compiti prima
non rilevanti. E che, quindi, facendo questi parte del diritto amministrativo,
il loro esame non può essere trascurato dalla scienza del diritto
amministrativo.
2. l. Disinteresse della scienza giuridica per le funzioni
Prima di passare
all'analisi della nozione di funzione, si deve avvertire che, invece, la
scienza del diritto amministrativo ha tralasciato l'esame di questo importante
capitolo del diritto amministrativo. L'atteggiamento di fondo
dell'amministrazione è ‑coSi ‑ rimasto fuori dell'analisi
giuridica. Infatti, chi legga i diversi manuali, dal secolo scorso ad oggi,
trova solo qua e là indicazioni degli enormi mutamenti intervenuti, che
riguardano, innanzitutto, le funzioni.
Questa esclusione è
stata prodotta dal concorso di due cause. Da una parte, il rifiuto delle
componenti non giuridiche da parte della scuola italiana del diritto pubblico,
preoccupata che, per questa strada, ritrovassero spazio, nel diritto
amministrati
RILEVANZA GIURIDICA DELLE FUNZIONI
vo, le ingenue e
prescientifiche dassificazioni dei fini dello Stato, opera per lo più di
filosofi e di economisti. Si temeva, dunque, che, per questa via, si
introducessero nel diritto amministrativo concetti spuri, rilevanti per
l'economia, la politica, la società.
Ma questo modo di
isolare il diritto dalla società ha rappresentato, poi, un tradimento del
mestiere di giurista, che si è precluso lo studio di un grandissimo numero di
leggi, regolanti, appunto, le funzioni. La degradazione a politica legislativa
o amministrativa delle leggi sulle funzioni e in contraddizione con le premesse
di un diritto amministrativo che si proclama attento al diritto positivo o
persino positivista.
L'altra causa è la
permanenza della concezione liberale del diritto amministrativo, inteso solo
come garanzia dei diritti dei cittadini e delle prerogative dei poteri
pubblici, incaricati della realizzazione degli interessi pubblici. Da questo
punto di vista (che si è già più volte criticato), le funzioni
dell'amministrazione sono, per lo più, indifferenti, costituendo solo la
materia sulla quale la «pura forma» del diritto amministrativo andava a
calarsi. Importa ‑ in altre parole ‑ non tanto ciò che
l'amministrazione è chiamata a fare, quanto il modo in cui sono regolati i suoi
rapporti con i cittadini.
A queste due cause si
è aggiunto un ulteriore elemento, che ha contribuito al disinteresse per le
funzioni. Considerate esse come il prodotto delle leggi, che le possono
determinare, per così dire, arbitrariamente, l'analisi relativa veniva ritenuta
soggetta a troppe variabili storiche. Queste producevano una incertezza che la
scienza pandettistica e quella postpandettistica non erano disposte ad
accettare, perché interessate piuttosto a cercare e ad analizzare le costanti,
che le variabili dei sistemi giuridici. Infatti, la Pandettistica (e, di
riflesso, la postpandettistica) era originata dalla Scuola cosiddetta storica,
la quale, se si contrappose al giusnaturalismo richiamandosi alla storia, lo
fece non per cedere ai suoi particolarismi, bensì per ricavarne leggi (nel
senso scientifico del termine).
Una via di compromesso
è stata, in passato, quella di riconoscere importanza alle funzioni, ma di
relegarle in cosiddette «parti speciali», per lo più non scritte. Si che
questo, poi, o è stato un alibi per la pigrizia o un modo di separare un corpo
immutato di principi dalla mutevole realtà dell'amministrazione, che, però, ne
costituisce la vita vera.
La rinuncia e le sue
contraddizioni appaiono particolarmente evidenti in uno degli studiosi maggiori
della postpandettistica, Guido Zanobini, che è lo studioso che si è anche
maggiormente cimentato nell'impresa. Egli, da una parte, aveva per primo
sostenuto la tesi che la legge non costituisce un limite esterno
dell'amministrazione, ma ne determina in modo positivo il contenuto.
Dall'altra, osservava che «la teoria dell'organizzazione e quella dei mezzi
economici si riferiscono ad obbietti che non hanno altra ragione ed altro scopo
che quello di rendere possibile lo svolgimento delle varie funzioni che
costituiscono l'azione amministrativa ... Queste funzioni e questi servizi
costituiscono la vita reale dello Stato, il quotidiano suo movimento verso il
mondo esterno, l'esplicazione della sua influenza politica sulla popolazione ».
Ebbene, dopo aver
detto che la legge abbraccia tutta l'amministrazione ed aver affermato che
questa consiste principalmente nelle funzioni, egli, invece di trame le logiche
conseguenze, escludeva che «l'esposizione dell'azione amministrativa ... si
presti all'indagine giuridica»: « nonostante l'importanza che il diritto assume
nei riguardi dell'azione amministrativa, dobbiamo... escludere che una
classificazione delle varie manifestazioni di essa possa farsi in base a un
criterio giuridico». Di conseguenza, Zanobini si limitava ad un'analisi
puramente descrittiva e classificatoria.
3.
Elementi delle funzioni
Si è finora alluso al
significato di funzione qui adoperato, senza definirlo. Da quanto finora detto,
si è compreso, in termini negativi, che con funzione si indica quella parte
dell'attività che va oltre l'organizzazione, i procedimenti e gli atti. E, in
termini positivi, che funzione è l'attività vista nei suoi aspetti «macro», nel
suo assetto normativo globale, laddove l'attività vista nei suoi termini
«micro» consiste di procedimenti e di provvedimenti.
Si passa ora a
definire gli elementi costitutivi delle funzioni e, poi, ad analizzarle. In
altre parole, prima si indicheranno gli indici di individuazione delle funzioni
amministrative; poi, col loro aiuto, si indicheranno le funzioni.
3.
1. La materia
Servono ad individuare
una funzione, di regola, quattro elementi: la m ateria, le attribuzioni, i
fini, i destinatari. La materia indica il campo o ambito, come definito dalla
legge. Ad esempio, 14 legge italiana attribuisce compiti all'amministrazione,
relativamente all'agricoltura. Ma essa distingue anche tra agricoltura‑protezione
(di pertinenza prevalentemente statale) e agricoltura‑produzione (di
pertinenza prevalentemente regionale). Dunque, la materia può presentarsi
oppure no negli stessi termini in cui si presenta nelle scienze tecniche e
nell'uso comune.
La materia è aspetto
giuridicamente rilevante ed, anzi, ha anche rilevanza costituzionale, per il
riparto tra Stato e regioni: con l'art. 117, infatti, si è scelto il criterio
del riparto mediante enumerazione di materie (l'agricoltura, ad esempio, è
attribuita alle regioni; l'industria, non elencata nell'art. 117, è lasciata
allo Stato). Per comprendere l'importanza di tale distinzione, la si compari
con quella della Germania, dove vige un riparto di attribuzioni a materie
indivise: il « Bund » (federazione o Stato centrale) e i «Laender» (Stati
federati o regioni) si interessano delle stesse materie, ma al primo e
attribuita la direzione, ai secondi l'attuazione.
3.2.
Le attribuzioni
Con il termine
attribuzione ci si riferisce al complesso di compiti conferiti
all'amministrazione dalle norme in ordine ad una materia. La lingua inglese ha
un termine che consente di contraddistinguere questo elemento, «policy».
Ad esempio, quasi
tutte le amministrazioni moderne si interessano della materia dell'istruzione.
Ma talune di esse si limi
tano a svolgere
attribuzioni di. controllo su istituti di istruzione privati. Altre erogano
esse stesse il servizio scolastico. Molto diverse sono, dunque, le attribuzioni
pubbliche, pur essendo simile la materia.
3.3.
Ifini
Fine è lo scopo
complessivo, nel senso che non riguarda ogni singolo atto. Ad esempio, se
l'istruzione può essere annoverata, fin dal secolo scorso, tra i fini delle
amministrazioni pubbliche (locali e nazionali), quello di assicurare
l'istruzione obbligatoria e gratuita, a carico delle amministrazioni centrali,
sino al compimento della scuola media, è un fine regolato solo nel 1962.
3.4.
1 destinatari
Al fine sono collegati
i destinatari, nel senso che dal primo dipende se una funzione è rivolta a uno,
a tutti o a gruppi più o meno ampi. I destinatari possono essere una serie di
persone non identificabili (ad esempio, tutti i cittadini possono richiedere ai
comuni certificati di stato civile, che li riguardino, come certificati di
nascita o di matrimonio) o singole persone individuate dalla legge o
dall'amministrazione o dalla seconda sulla base dei criteri fissati dalla prima
(ad esempio, il beneficiario di un credito agevolato, chi debba subire
l'espropriazione di un bene).
Di particolare
importanza è il numero dei destinatari relativamente alle attribuzioni
definite, negli Stati Uniti, «entitIement programs ». Si tratta di quelle
attività in ordine alle quali,, le norme (di frequente, quelle costituzionali)
attribuiscono ai cittadini un diritto a prestazione positiva da parte della
pubblica amministrazione. Ad esempio, diritto allo studio fino al tredicesimo
anno di età. Ora, in tal caso, conseguentemente all'affermazione del diritto,
la pubblica amministrazione è tenuta a porre a disposizione il servizio ed è il
numero dei destinatari aventi diritto che, alla fine, opera come principio
regolativo della dimensione della funzione. Così, ad esempio, l'ampiezza del
sistema scolastico sarà in funzione del numero dei giovani in età scolare.
3.5.
Rilevanza di questi elementi
Prima di procedere, si
noti che almeno i tre primi elementi (e spesso anche il quarto) sono
giuridicamente rilevanti nel diritto amministrativo, mentre, di regola, nel
diritto privato, solo il terzo è suscettibile di rilevanza giuridica. Ciò avviene
quando, ad esempio, un bene privato, pur rimanendo di proprieta
i
privata, viene
sottoposto ad un regime che comporta il rispetto di un vincolo finalistico,
come quello della conservazione, oppure di consentirne l'accesso al pubblico.
Solo in casi molto rari può diventare rilevante, nel diritto privato, la
materia. Ciò avviene quando il soggetto di un ordinamento sezionale (cioè un
settore con soggetti, normazione, organizzazione propri) è tenuto a limitare la
propria attività ad un particolare settore.
Come la materia della
funzione si distingue dall'oggetto del provvedimento, così le attribuzioni si
distinguono dai compiti o dalla volantà e i fini dai motivi. I primi stanno ai
secondi, come il, tutto sta ad una parte. Con maggior precisione, costituiscono
le condizioni che possono essere la fonte o la causa di una serie, indefinita
di rapporti. Sono valori giuridici astratti e potenziali, dai
quali, poi, derivano rapporti giuridici concreti. Quando, in ordine ad una
certa materia, un'attribuzione è esercitata, per i fini determinati dalle
norme, sono posti in essere provvedimenti, in cui saranno identificabili un
oggetto, una volontà e un motivo. Ma questi elementi del provvedimento
costituiscono la concretizzazione, in un rapporto giuridico,in atto, degli
elementi della funzione, predisposti, più in generale, dall'ordinamento. Per
questo motivo, può dirsi che un provvedimento corrisponde ‑ e deve
corrispondere necessariamente ‑ a una funzione.
Naturalmen ' te, vi
sono altre condizioni perché la pubblica amministrazione possa legittimamente
agire, condizioni che sono collegate agli altri elementi su indicati come
propri della amministrazione e che passeremo uno per uno in rassegna, nei
capitoli successivi. Vedremo che non basta che vi sia una funzione. Ad esempio,
occorre anche che essa sia articolata o distribuita su uffici e che questi
ultimi siano dotati di poteri, per poter procedere e, al termine, perché venga
adottato un provvedimento, in cui quegli elementi della funzione verranno a
riflettersi, costituendo valori giuridici in atto, o concretizzazione di quelli
astratti e potenziali propri della funzione.
La distinzione tra gli
elementi delle funzioni e quelli dei provvedimenti può risultare più chiara se
si riflette sulla circostanza che un'amministrazione può, episodicamente,
emanare provvedimenti in ordine a certe funzioni, senza, però, che le funzioni
siano sue proprie. Ad esempio, ancor prima che la materia sanità venisse
attribuita all'amministrazione, questa poteva emettere provvedimenti di polizia
che riguardassero la materia sanitaria.
Perché vi sia una
funzione, occorre che almeno i primi tre elementi ricorrano. La legge può ‑
ad esempio ‑ regolare una materia, ma senza indicare attribuzioni e fini
pubblici (ad esempio, sottoporre un'attività a mera riserva originaria, in base
all'art. 43 della Costituzione). In tal caso, non sorge una funzione
amministrativa.
4.
Studio e classificazione delle funzioni
Indicati i vari
significati del termine funzione, esaminata la rilevanza delle funzioni,
indicati gli elementi che consentono di contraddistinguere le funzioni,
passiamo ad esaminare i diversi modi di studiare le funzioni.
Si può dire che questi
sono, tradizionalmente, tre, in relazione agli elementi presi in
considerazione. Anche se nessuno di essi è scientificamente soddisfacente, per
i motivi che spiegheremo, e utile passarli in rassegna non solo per fini
critici, e cioè per mostrarne i limiti ma anche perché, nonostante questi,
rappresentano un sia pur incompleto quadro. Come vedremo, un esame
scientificamente soddisfacente e, allo stesso tempo, esaustivo, è impossibile
in un'opera che non sia un trattato, ma voglia solo fornire le conoscenze di
base e, quindi, gli, strumenti di ulteriori analisi.
4.
l. Analisi per materia
Vi sono, in primo
luogo, analisi che considerano le materie attribuite all'amministrazione. La
più completa è quella, elaborata dallo Zanobini, nel quinto volume del suo
Corso.Questo è articolato in nove partizioni, dedicate, rispettivamente, alla
difesa esterna, all'ordine interno, alla sicurezza pubblica, all'accertamento e
alla cura del movimento demografico, all'igiene e sanità pubblica, alla
pubblica istruzione e al progresso della cultura, all'amministrazione pubblica
del diritto privato, ai servizi pubblici di trasporto e di comunicazione,
all'azione amministrativa nel campo dell'economia (agricoltura, industria,
commercio, credito, assicurazioni), all'azione amministrativa relativa
all'assistenza e beneficenza.
Analoghe impostazioni
sono seguite fuori d'Italia. Ad esempio, il più diffuso te‑sto inglese
analizza le seguenti materie: « compulsory purchase of land »; « town and
country planning »; «new towns, town development and urban development»;
«community land act»; «housing»; «national health service»; «welfare and social
security»; «immigration, deportation and extradition» (acquisto coattivo di
terreni, pianificazione urbanistica, sviluppo urbano, edilizia residenziale, utilizzazione
dei suoli, servizio sanitario nazionale, sicurezza sociale, immigrazione ed
estradizione).
Meno articolata per
materia, ma secondo un criterio misto, che considera le materie come base, e la
classificazione che segue, di una delle opere più importanti del diritto
amministrativo nordamericano. Questa distingue poteri di: «fix rates»;
«prohibition of pollution»; «requiring installation of safety devices »; «
control of private conduct »; « police »; « regulation prescribing conduct»;
«cease and desist orders»; «criminal sanctions»; «informal sanctions»;
«licensing»; «compensation awards»; «disbursement»; «purchase of goods and
services»; «investigate and disclose information» (determinazione di tariffe,
tutela dell'ambiente, controllo della sicurezza, controllo della condotta
privata, polizia, prescrizione di norme di condotta, ordini coattivi, sanzioni
penali, sanzioni informali, autorizzazioni, indennizzi, pagamenti, acquisti di
beni e servizi, ispezioni e informazioni).
Già classificazioni di
questo tipo mostrano l'ampiezza delle funzioni amministrative, che vanno dai
campi d'azione tradizionali (difesa e ordine pubblico, rapporti con l'estero) a
quelli
sviluppatisi
principalmente in questo secolo (dai rapporti sociali, all'economia,
all'istruzione, alla cultura), fino a quelli recentissimi (ambiente e
comunicazioni). Tuttavia ‑ come si e già notato ‑ tutto ciò dice
ancora poco. Ad esempio, in ordine all'economia, vi sono settori nei quali
l'amministrazione dispone di poteri di determinazione dei comportamenti degli
operatori privati (ad esempio, le comunicazioni telefoniche) e settori nei
quali essa opera direttamente, insieme con altri privati (ad esempio, il
settore bancario) o in regime di monopolio (ad esempio, la produzione, il
trasporto e la distribuzione dell'energia elettrica). Occorre, quindi,
esaminare anche le attribuzioni.
Inoltre, le materie
stesse si presentano, giuridicamente, in modi diversi, diventando, in alcuni
momenti, prevalenti aspetti prima non rilevanti. Si pensi soltanto alla
funzione di polizia, prima disciplinata dalle norme solo per il profilo del
mantenimento dell'ordine pubblico ed ora, invece, anche per quello che gli
inglesi chiamano di «intelligence» (raccolta, selezione e valutazione delle
informazioni).
4.2.
Analisi che considerano le attribuzioni
Vi sono, in secondo
luogo, classificazioni delle funzioni pubbliche che considerano,
principalmente, le attribuzioni. La più diffusa, ma anche la più rudimentale, è
quella che distingue funzioni svolte in regime non autoritativo e funzioni
svolte in regime autoritativo. Si tratta di una distinzione ancora molto
diffusa in Francia, dove si distingue tra « service public » (a sua volta,
distinto in « administratif» e « industriel et commercial ») e «puissance:
publique» (autorità o funzione pubblica). Ma questa distinzione ha (o meglio,
aveva) una sua ragion d'essere processuale, non rilevante in Italia.
Più articolata la
distinzione tra servizi pubblici, funzioni di azienda (gestione di beni e
gestione finanziaria), funzioni di coordinamento, di indirizzo e di
programmazione, funzioni di redistribuzione di ricchezza, funzioni di
mediazione, funzioni di promozione.
Sull'analisi delle
attribuzioni occorre soffermarsi più che su quella relativa alle materie,
perché ciò consentirà di chiarire alcuni concetti che saranno utili
successivamente.
Le attribuzioni
possono essere di tipo finale, e cioè relative allo scopo ultimo per cui
l'amministrazione opera; oppure, di tipo strumentale e cioè attinenti all'uso
dei mezzi di cui essa si vale per raggiungere i suoi fini. Rientrano in
quest'ultima categoria la gestione del personale e dei beni, la pianificazione
intraorganizzativa, il controllo interno, ecc.
Più complesse le
attribuzioni di ordine finale. Queste possono classificarsi in cinque categorie
principali. La prima consiste nella disciplina regolativa di rapporti privati.
Essa consta di attività svolte in funzione di fini pubblici e di privati, a
nessuno dei quali è data rilevanza pubblica, ma nel cui complessivo funzionamento
è riconosciuto un interesse pubblico. Esempi sono le certificazioni e la
disciplina della sollecitazione del pubblico risparmio. Qui le amministrazioni
assicurano che atti svolgentisi tra privati abbiano requisiti quali la
certezza, la «trasparenza», ecc. e, quindi, le amministrazioni hanno una
posizione che si può definire di terzieta.
La seconda consta sempre di attività dirette
a privati, ma con contenuto direttivo, non regolativo, per lo più per la cura
di interessi collettivi. Ad esempio, la determinazione autoritati
va
del prezzo di un bene o la pianificazione delle utilizzazioni del suolo di un
centro urbano. 1
La terza categoria e
costituita di servizi, in senso lato, erogati indifferentemente ai cittadini
come categoria, non in quanto singoli, e ai quali, quindi, non è possibile
restringere l'accesso. Ad esempio, la difesa o i rapporti con l'estero.
La quarta categoria
consta anch'essa di servizi, ma erogati a ciascun cittadino, per cui ne
potrebbe essere limitata la fruizione (ad esempio, sanita, pensioni, scuola).
Infine, vi sono
attività svolte per lo scopo di vendere beni o servizi, ed ordinate, quindi, in
forma di impresa.
4.3.
Analisì sulla base dei fini
L'analisi di queste
categorie ha consentito gia di apprezzare la rilevanza dei fini: passiamo,
così, al terzo elemento e alle classificazioni che lo riguardano. Le
attribuzioni, infatti, richiedono, come loro elemento qualificativo, i fini. Ed
e proprio con i fini che si sono principalmente esercitati gli studiosi
interessati a questo tema.
Individuate secondo i
fini, le funzioni possono essere di organizzazione (della pubblica
amministrazione, dei beni e della finanza), di conservazione (polizia, difesa,
protezione della pubblica incolumità, certificazione) e di benessere (tutela
della salute, assistenza, edilizia residenziale pubblica, tutela dei
lavoratori, istruzione, cultura, ricerca scientifica, ambiente, sport e
spettacolo, governo e gestione dell'economia).
Questa distinzione si
collega alla ben nota contrapposizione amministrazione di intervento‑amministrazione
di prestazione (e all'altra, corrispondente, Stato di diritto‑Stato
sociale). La distinzione tra i due tipi di amministrazione
(«Eingriffsverwaltung» e «Leistungsverwaltung») si deve alla scienza giuridica
tedesca. Questa si rese conto, nella prima metà del secolo, ma specialmente
intorno agli anni Cinquanta, che la dialettica tra limite amministrativo e
libertà privata non riusciva a spiegare le sempre più frequenti ipotesi in cui
pubbliche amministrazioni dànno prestazioni utili ai privati (elettricità, gas,
trasporti, servizi sanitari, ecc.) e si presentano, quindi, secondo la
terminologia tedesca, come «Geber» o «Leistungstraeger» (fornitore di
prestazioni).
Ci si rese conto che
le nozioni di base tradizionali non erano più adatte a spiegare la nuova
realta, per cui vennero elaborati nuovi concetti, tra cui primeggia quello di
«Daseinsvorsorge» (fornitura di prestazioni essenziali alla vita),
corrispondente alla concezione francese di « Stato‑Provvidenza » e a quella
inglese di «Welfare State », di cui ha la paternità lo studioso di diritto
amministrativo, già ricordato, Emst Forsthoff, che ha insegnato per lunga parte
della sua vita ad Heidelberg.
Gli studiosi tedeschi
si affrettarono, però, a spiegare che le nuove attività di prestazione erano
ben distinte dalle attivita economiche tradizionali dei poteri pubblici (nella
tradizione culturale tedesca, ricondotte al concetto di «Fiskus», che veniva
affiancato a quello di Stato), per due motivi: perché avevano la loro fonte in
una legge ed erano, quindi, rette dal diritto
pubblico, e perché non
si proponevano di produrre un reddito, ma la realizzazione di un fine che
possiamo dire positivo.
Se l'intuizione
iniziale era interessante, non furono tali gli sviluppi. Si disse, infatti, che
le prestazioni dovevano essere studiate secondo la natura dei rapporti tra
amministrazione e mezzi materiali utilizzati. E si distinse a seconda se questi
ultimi fossero oppure no di proprietà dell'amministrazione, se fossero
interamente o solo parzialmente destinati alla prestazione, ecc.
Si commettevano, cosi,
almeno tre errori. Uno teorico, perché gli ordinamenti giuridici non regolano
mai rapporti tra soggetti e beni, bensì solo relazioni tra persone, che possono
aver riguardo a cose. Uno sistematico, perché le prestazioni sono oggetto di
obbligazioni pubbliche, e cioè di obbligazioni che trovano la loro fonte nella
legge. Uno, infine, storico, perché caratteristica delle prestazioni delle
amministrazioni moderne è la mera strumentalità dei mezzi (strade ed
autoveicoli per i trasporti, edifici ed apparecchiature per la sanità, aule per
l'istruzione, ecc.) rispetto ai fini.
Fallito questo
tentativo di cercare le strutture logiche interne, si ripiegò sulla descrizione
dei diversi obiettivi dell'amministrazione, come, ad esempio, quello dello
sviluppo economico, quello del progresso culturale, quello della sicurezza
sociale, ecc.
Così articolata, però,
l'analisi presenta l'inconveniente di diventare uno studio dei fini dello Stato
e, quindi, non solo dell'amministrazione, ma anche della legislazione. E di
finire nell'ambito di quelle ricerche generali, d'impronta sociologica, che
hanno dominato questo campo da quando ci si è resi conto della rilevanza delle
funzioni.
4.4. Conclusioni
I tre modi principali
di studiare le funzioni, finora esaminati, mettono in primo piano ciascuno uno
dei tre elementi costitutivi delle funzioni. Ciascuno di essi considera,
quindi, un elemento. I loro limiti stanno nel fatto di non considerarli
insieme. Il loro interesse sta nell'indicare un metodo, sia pur incompleto, di
analisi.
Nei paragrafi che
seguono l'esame dei tre elementi verra integrato, in modo da ricostruire
l'analisi giuridica della funzione nel suo complesso, come unità. Si dovrà,
quindi, in primo luogo, considerare la materia, non nella sua accezione
generale, ma per il modo in cui diventa giuridicamente rilevante. In secondo
luogo, l'ordine delle attribuzioni, distinguendo tra i diversi tipi elencati.
In terzo luogo, i fini.
Le funzioni verranno
qui esaminate nel loro insieme, non in quanto distribuite tra uffici, né in
quanto articolate in fasi procedimentali. Si finirebbe, altrimenti, per
invadere il campo dell'organizzazione e del procedimento, che sono trattati in
capitoli successivi. A fini descrittivi, può essere utile ordinare le funzioni
intorno agli uffici che le svolgono o secondo i procedimenti in cui si snodano.
Ma ciò porta, poi, alla conclusione erronea, pur se tanto diffusa, di credere
che il diritto amministrativo si ordini intorno a uffici o in sequenze
procedurali, non come è invece corretto ‑ secondo funzioni. E all'altra,
già criticata, di perdere di vista quelli che potrebbero chiamarsi, con
un'espressione frequentemente usata dagli economisti, gli aspetti «macro» a
favore di quelli «micro». In altre parole, alla conclusione di risolvere la
materia nell'oggetto, le attribuzioni nella volontà, i fini nei motivi, e di
vedere tutto il diritto amministrativo nel suo aspetto ultimo, attuativo, del
provvedimento. Ma di questo erroneo punto di vista, e delle sue origini
storiche nell'iniziale impronta liberale del diritto amministrativo,~si è già
detto a sufficienza.
E interessante notare
che un metodo come quello qui indicato è seguito, normalmente, dalla Corte
costituzionale quando è chiamata a giudicare questioni di legittimità
costituzionale relative a materie regionali in base all'art. 117 della
Costituzione. In tali casi, essa valuta proprio la materia in senso stretto, il
tipo di attribuzioni o di attivita previste dall'ordinamento, le loro finalità
e, spesso, anche l'ambito dei destinatari (ad esempio, la sentenza n. 174 del
30 luglio 1981, in materia di assistenza e beneficenza).'
i Un'analisi dei
diversi tipi di classificazione delle funzioni statali (giuridiche, economiche,
di scienza politica, sociologiche e di scienza dell'amministrazione) in K.
Kónig, N. Dose, Klassifizierungsansátze staatlicher Handlungsformen,
Speyffer Fórschungsberichte, 83, Speyer, 1989; si veda anche K. Kónig, Kritik
offentlicher Aufgaben, Speyerer Forschungsberichte, 72, Speyer, 1988.
LE FUNZIONI Più IMPORTANTI
S. Le funzioni più
importanti. Sanità, istruzione, protezione sociale, economia, ambiente
Si sono, così forniti
tutti gli strumenti per un'analisi delle funzioni, amministrative, oltre a dare
un'indicazione approssimativa della loro vastità. In effetti, non vi sono
limiti all'ambito delle funzioni che le pubbliche amministrazioni possono
svolgere, sia in quell'area che viene chiamata diritto pubblico, sia in quella
denominata diritto privato. L'inapplicabilità di alcuni istituti del codice
civile (si pensi al matrimonio e al testa
. 1
mento) alla pubblica
amministrazione discende da una più generale limitazione di essi alle persone
giuridiche: per cui non è tanto alla pubblica amministrazione come tale che
quegli istituti sono inapplicabili, quanto ai «corpi morali», tra cui, oltre
alle persone giuridiche private, vi sono quelli che costituiscono la pubblica
amministrazione.
Passare in rassegna
tutte le funzioni, quindi, sarebbe fuor di luogo: richiederebbe un trattato e
si incorrerebbe nello stesso limite di molte di quelle tentate finora, e cioè
correrebbe il rischio di essere incompleta, data la vastita del tema. Si
seguira perciò un'altra strada, quella di individuare, in forma breve, i
cambiamenti principali delle funzioni amministrative nel tempo e quelle che
oggi sono quantitativamente prevalenti, soffermandoci su queste ultime. D'altra
parte, uno studio sulle basi del diritto amministrativo non può non limitarsi a
indicare il metodo di analisi e a vederne alcune applicazioni.
5.
l. Evoluzione storica delle funzioni
Per comprendere
l'evoluzione storica delle funzioni e valutare quali siano quelle oggi
prevalenti, occorre riferirsi allIandamento della spesa e del personale
relativi alle funzioni. E questo l'unico modo scientificamente sicuro di
procedere, anche se presenta l'inconveniente di non consentire una
disaggregazione molto analitica delle funzioni.
Se si esamina la spesa
pubblica per l'ordine e per la sicurezza, dal 1900 ad oggi, si nota che essa è
rimasta, in termini percentuali della spesa pubblica complessiva, stabile.
All'opposto la spesa per previdenza ed assistenza è aumentata di 30 punti,
quella per la sanità di 8 e quella per l'istruzione di 4. Le spese per la
difesa hanno registrato una diminuzione di 14 punti e quelle per i servizi
generali di 10 punti.
Se si esamina il più
breve periodo che va dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta e si valuta la
crescita della spesa per l'istruzione, la sanità e il mantenimento del reddito
(pensioni, tutela dell'occupazione, ecc.), come percentuali del prodotto
interno lordo, si nota che la prima è aumentata di 2,7 punti, la seconda di
4,5, la terza di 5,1
A sua volta, nello
stesso trentennio, l'occupazione, in percentuale dei totale degli occupati, nel
settore dell'istruzione è aumentata di 3,8 punti, in quello della sanità di 2,6
punti, nelle imprese pubbliche di 3,8, mentre nel settore della difesa è
diminuita di 0,6 punti.
Sul finire degli anni
Ottanta, le spese per la previdenza e per l'assistenza rappresentavano circa un
terzo del totale della spesa pubblica, quelle per l'economia circa il 20 per
cento, quelle per la sanità e per l'istruzione circa il 10 per cento ciascuna,
mentre l'ordine pubblico e la difesa rappresentavano solo circa il 4 per cento
ciascuno.
Si aggiunga che il
numero dei fruitori o destinatari, nel settore pensionistico, è di 16 milioni
di cittadini; nella scuola di 12 milioni; mentre della sanità possono fruire
tutti, secondo il bisogno.
Si può dire, dunque,
che le funzioni che hanno avuto un maggiore sviluppo e sono oggi predominanti,
per le risorse che assorbono e il personale che occupano, sono quelle relative
all'istruzione, alla sanità, alla previdenza, alla garanzia dell'occupazione,
all'economìa. Ma, proprio perché esse assorbono risorse e occupano personale,
producono la crescita di due altre funzioni: quella fiscale, per la collezione
delle imposte, e quella finanziaria, per equilibrare entrate e spese e per
redistribuire le risorse tra le pubbliche amministrazioni (di queste due non ci
occuperemo qui; della seconda si dirà, in parte, nel capitolo sulla finanza).
Queste funzioni sono
il prodotto dello sviluppo dello Stato del benessere o sociale, la cui data
d'inizio può essere posta nel 1883, quando, in Germania, per l'influenza di
Otto von Bismarck, fu varata l'assicurazione per le malattie. Dalla Germania la
tendenza si estese un po' dovunque: tutti i Paesi sviluppati ‑ quale
prima, quale dopo ‑ hanno visto crescere
questo tipo di
interventi sociali ed economici, specialmente durante il xx secolo, sotto la
spinta (indiretta) dei due conflitti mondiali. '
In epoca più recente,
a partire dagli anni Sessanta, si sviluppa una nuova funzione amministrativa,
che ‑ pur non avendo raggiunto dimensioni paragonabili alle altre ‑
è destinata a divenire sempre più importante: la tutela dell'ambiente.
Le funzioni pubbliche
subiscono frequenti mutamenti. In particolare, lo squilibrio tra entrate e
spese e le difficoltà gestionali derivanti dal sovraccarico amministrativo
hanno suggerito, a partire dagli anni Novanta, di dismettere compiti pubblici,
sia nel campo economico (privatizzazione di imprese pubbliche), sia in altri
campi (ad esempio, la revisione periodica degli autoveicoli); di aumentare il
rendimento e di diminuire i costi dell'amministrazione (ad esempio, la
disciplina contrattuale e le retribuzioni dei dipendenti pubblici debbono
garantire « il maggiore rendimento dei servizi pubblici per la collettività,
con il minore onere per essa», a norma della disciplina del 1993 sul rapporto
di lavoro con le pubbliche amministrazioni); di adottare « standards » generali
e specifici di quantità e di qualita dei servizi e di controllarne il rispetto
da parte delle amministrazioni (direttiva 27 gennaio 1994 del Presidente del
Consiglio dei ministri, contenente «principi sull'erogazione dei servizi
pubblici »).
Delle funzioni
indicate, quella che e più chiaramente ordinata dalle norme è relativa alla
sanità. Per questo motivo cominceremo da essa.
5.2.
Assistenza sanitaria
La materia relativa
era, in precedenza, diversamente ordinata, ed, anzi, non aveva un assetto
unitario. Vi era la sanità intesa come polizia sanitaria, strettamente legata
alle situazioni di pericolo. La sanità intesa come igiene e profilassi. Quella
consistente nella prevenzione. L'assistenza nel senso di prestazioni sanitarie
gratuite ai non abbienti (e, quindi, legata alla beneficenza). Infine, le
prestazioni sanitarie di tipo assicurati
1 La vicenda è
tracciata in A. Madison, Origini e conseguenze dello Stato sociale: 1883‑1983,
in « Moneta e credito », 1984, n. 146, ti, p. 167 (ove altra bibliografia).
vo, conseguenti alle
assicurazioni obbligatorie, ma riservate ai lavoratori.
L'art. 32 della
Costituzione ha ridefinito materia e fini dell'amministrazione nel settore,
individuandone il campo d'azione nella «tutela della salute», stabilendo che
questo e un «fondamentale diritto dell'individuo» (la Corte costituzionale l'ha
definito «primario e assoluto»: sentenza n. 88 del 26 luglio 1979) e garantendo
« cure gratuite agli indigenti ».
La legge n. 833 del 23
dicembre 1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, ha disciplinato in
maniera generale il settore.
In primo luogo, essa
ha unificato le materie dell'igiene e sanità, dell'assistenza sanitaria e
ospedaliera, della prevenzione degli infortuni, ecc. La materia è, oggi,
definita congiuntamente dagli articoli 2 e 14 della legge n. 833 del 1978 e
include: educazione sanitaria; prevenzione delle malattie e degli infortuni;
diagnosi e cura delle malattie; riabilitazione; igiene degli alimenti;
prevenzione e difesa degli allevamenti animali; profilassi e polizia
veterinaria; controllo dei farmaci; formazione e aggiornamento del personale;
sicurezza e medicina del lavoro; tutela della maternità e dell'infanzia;
servizi medico‑scolastici; tutela sanitaria dello sport e degli anziani;
tutela della salute mentale; tutela dagli inquinamenti (la tutela dell'igiene e
della salubrità dell'ambiente è stata sottratta, a seguito del referendum
abrogativo del 1993, al Servizio sanitario nazionale e affidata all'apparato
che cura gli interessi ambientali).
Come si è notato, la
materia, così definita, comprende tutta la gamma delle attività sanitarie, fino
a includere, sia pur in parte, la tutela ambientale.
In ordine a questa
materia, la legge n. 833 del 1978 prevede un complesso di prestazioni
consistenti in attività di prevenzione, di controllo dell'igiene e della
sicurezza del lavoro, di cura, di riabilitazione, di distribuzione di farmaci,
di controlli igienici e sanitari e di polizia veterinaria (articoli 20‑37).
Queste prestazioni sono regolate da un piano sanitario nazionale e da
interventi regionali, in base al decreto legislativo n. 502 del 30 dicembre
1992, che ha riordinato la disciplina in materia sanitaria. Il piano sanitario
nazionale, di durata triennale, stabilisce gli obiettivi, i livelli di assistenza
uniformi sul territorio nazionale e le prestazioni da garantire a tutti i
cittadini, in relazione alle risorse disponibili. Le regioni organizzano i
servizi e le attività e li finanziano.
Il decreto legislativo
n. 502 del 1992 dispone che il Ministero della sanità definisca un, «sistema di
indicatori di qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie» e prevede il
controllo periodico della qualità delle prestazioni.
Per la maggior parte,
le attribuzioni amministrative in materia sanitaria ricadono nella quarta delle
categorie prima indicate, ma non mancano attribuzioni del primo e del secondo
tipo (attività regolative e attività direttive).
I fini dell'azione
amministrativa sono indicati nell'art. 1 della legge citata. Essa deve essere
destinata «alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica
e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni economiche e
sociali e secondo modalità che assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei
confronti del servizio».
Quanto ai soggetti,
essi sono indicati come categoria. L'indicazione, sia nella Costituzione (art.
32), sia nell'art. 1 della legge n. 833 del 1978, che si riferiscono
all'«individuo», non comprende solo i cittadini, ma anche gli stranieri (hanno
assicurato, concretamente, questa generalizzazione del «diritto alla salute» la
normativa C.E.E. per i cittadini dell'area comunitaria e la legge del 1990 per
i cittadini extracomunitari e gli apolidi « regolarizzati »).
Per la spesa che
comportano, gli interventi pubblici sanitari sono sottoposti a una tumultuosa
legislazione, diretta a introdurre «standards» di prestazioni (ad esempio,
personale medico per posti letto), a razionalizzare e limitare la spesa (ad
esempio, cosiddetti « ticket » per l'acquisto di farmaci) e a ridurre sia gli
sprechi, sia le diseguaglianze prodotte dalla preposizione agli uffici di
personale amministrativo scelto da corpi politici. Tutto ciò, finora, con
scarso successo.
5.3.
Istruzione
La materia
dell'istruzione è, anch'essa, da lungo tempo, nel novero di quelle rilevanti
giuridicamente. Ma, per molto tempo, essa ha riguardato solo la determinazione
di regole e « standards» (tra cui quella, tanto discussa, della libertà di
insegnamento), lo svolgimento di esami di Stato e la gestione di università.
Pur essendo il grado elementare di istruzione obbligatorio dal 1877, con
l'ampliamento del 1906, l'attività di offerta del servizio, prima privato,
verrà lentamente intrapresa dalle amministrazioni locali e generalizzata col
passaggio, nel secondo e terzo decennio del secolo, dell'istruzione elementare
alla amministrazione statale.
La Costituzione del
1948 rappresenta l'inizio di un cambiamento radicale. Essa non prevede solo
l'istituzione di « scuole statali per tutti gli ordini e gradi » (art. 33). Ma
dispone anche che « l'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è
obbligatoria e gratuita» (art. 34).
E quest'ultima la
disposizione destinata a mutare, più di ogni altra, l'estensione della materia
attribuita all'amministrazione, perché prevede non solo un obbligo, ma anche un
diritto allo studio.
La legge n. 148 del 5
giugno 1990, relativa alla scuola elementare, stabilisce, tra l'altro, il
numero di alunni per classe, gli organici del personale docente per classe,
l'orario delle attività didattiche, l'orario di insegnamento, ecc. In altre
parole, essa determina il livello delle prestazioni che la pubblica
amministrazione e obbligata ad assicurare agli allievi.
Finalità
dell'istruzione elementare è di concorrere «alla formazione dell'uomo e del
cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e nel rispetto e nella
valorizzazione delle diversità individuali, sociali e culturali. Essa si
propone lo sviluppo della personalità del fanciullo promuovendone la prima
alfabetizzazione culturale ».
La legge n. 1859 del
31 dicembre 1962, relativa alla scuola media dell'obbligo, prevede che, tra le
attribuzioni amministrative necessarie, vi è quella di istituire, in tutti i
comuni con più di 3000 abitanti, una scuola media. La legge stabiliva anche le
modalità dell'offerta, prevedendo il numero di classi per scuola e il numero di
studenti per classe e introducendo un complesso meccanismo di pianificazione,
non dissimile da quello sanitario, diretto a determinare i livelli di
prestazione. Anche questo meccanismo ha incontrato forti difficoltà ed e, anzi,
stato continuamente modificato, prima per attenuarne gli automatismi, poi per
reintrodurli.
Finalità
dell'istruzione media è, secondo le norme, di «concorrere a promuovere la
formazione dell'uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla
Costituzione e favorire l'orientamento dei giovani ai fini della scelta
dell'attività successiva». Ne sono destinatari tutti i giovani fino al
quindicesimo anno di eta.
5.4.
Protezione sociale
La materia della
protezione sociale si affaccia, nel campo amministrativo, solo alla fine del
secolo scorso, quando si passa dall'impostazione mutualistica e della
beneficenza all'assicurazione previdenziale obbligatoria, gestita da amministrazioni
pubbliche. Si è trattato di un passaggio richiesto dalle classi lavoratrici,
anche per gli scarsi consensi ottenuti dalla tesi che i rischi di impresa
dovessero gravare sull'imprenditore.
Le assicurazioni
obbligatorie, finanziate con contributi obbligatori dei lavoratori e dei datori
di lavoro, si affermano in tempi diversi per categorie di lavoratori (del mare,
dei trasporti, delle miniere, dell'industria) e per specie di rischi (infortuni
sul lavoro, malattia sociale, ecc.). Solo alla metà del secolo le
assicurazioni, pur essendo ancora distinte per categorie, garantiranno un
reddito al lavoratore per tutti gli eventi che menomino le sue capacità di
lavoro e, quindi, di guadagno (di qui l'uso degli economisti di definire queste
attività come «garanzia del reddito»): infortuni sul lavoro, malattie
professionali, malattie comuni, maternità, invalidità, vecchiaia, morte (a
favore dei superstiti), tubercolosi, disoccupazione involontaria e temporanea o
parziale.
Anche in questo caso,
una ridefinizione della materia può farsi risalire alla Costituzione. Questa,
all'art. 38, dispone che «i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed
assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in casi di infortunio,
malattia, invalidità o vecchiaia, disoccupazione involontaria» e, più avanti,
continua: «ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti
predisposti o integrati dallo Stato ».
Dopo la Costituzione,
si realizza un importante cambiamento nell'ordine delle attribuzioni, costituito
dal tendenziale (ma, per ora, incompleto) distacco dallo schema assicurativo
privato. Al principio, già consacrato, sia pur non in via generale, nel codice
civile (art. 2116) della cosiddetta automaticità della prestazione, per il
quale quest'ultima è dovuta, al momento del verificarsi dell'evento,
indipendentemente dall'effettivo versamento dei contributi da parte
dell'imprenditore, si affianca la cosiddetta fiscalizzazione degli oneri
sociali, per cui i contributi assicurativi, invece di essere pagati da datori
di lavoro e da lavoratori, sono posti in parte a carico dello Stato. Si
aggiunga che, essendo in «deficit» il bilancio dell'amministrazione di gestione
di gran parte di queste prestazioni (l'Istituto nazionale della previdenza
sociale ‑ I.N.P.S.), il Tesoro interviene a colmare il sempre maggiore
disavanzo. La direzione di questi mutamenti è nel senso del graduale abbandono
del sistema previdenziale fondato sull'assicurazione obbligatoria, in favore di
un sistema di sicurezza sociale, al cui finanziamento concorrono tutti,
mediante imposte.
Quanto ai destinatari,
due modificazioni si sono prodotte, che ne hanno allargato l'ambito, andando,
quindi, in questo caso, oltre la disciplina costituzionale che è diretta a
tutela dei soli lavoratori. La prima riguarda le già menzionate prestazioni
sanitarie, che si allargano a tutti. Quindi, per i rischi di infortunio e
malattia, si è passati da un sistema di assicurazione obbligatoria a uno di
sicurezza sociale.
La seconda
modificazione riguarda un altro rischio, quello di vecchiaia. Per questo, la
legge n. 153 del 30 aprile 1969 (modificata con decreto‑legge n. 30 del 2
marzo 1974, convertito in legge n. 114 del 16 aprile 1974, e con la legge 8
agosto 1995, n. 335) ha introdotto la cosiddetta pensione sociale (ora
denominata «assegno sociale»). Ogni cittadino, anche se non abbia lavorato e,
quindi, contribuito, se abbia un reddito minimo, superato il sessantacinquesimo
anno di età, ha diritto a una pensione corrisposta dall'I.NP.S., della quale,
però, il Tesoro dello Stato assume a suo completo carico l'onere.
Con questi sviluppi,
che sono ancora incompleti, l'attività di protezione sociale tende ad allargare
il suo ambito soggettivo, dalla categoria dei lavoratori (subordinati e non) a
tutti.
Nello stesso tempo,
però, la protezione sociale grava in misura crescente sul Tesoro dello Stato,
specialmente a causa della presenza di istituti altrove ignoti (ad esempio, le
pensioni di anzianita, legate solo agli anni di contribuzione e non anche
all'età, soppresse gradualmente, a partire dal 1996, fino al 2008) e dell'abuso
che si fa di altri (ad esempio, le pensioni di invalidità). Per questo motivo,
negli anni recenti, sono state adottate
numerose leggi
dirette, non sempre con successo, a contenere la spesa derivante dalla
protezione sociale. L'ultima è la legge n. 335, dell'8 agosto 1995, di riordino
del sistema pensionistico, che, lasciando fermo il metodo di finanziamento del
sistema (questo è a ripartizione, non a capitalizzazione), prevede il passaggio
dal metodo retributivo (pensione rapportata alla retribuzione) a quello
contributivo (pensione rapportata ai contributi). Il metodo contributivo
funziona così ogni anno tutti i lavoratori versano un contributo in base a
un'aliquota di computo (percentuale del reddito, entro un limite massimo di 132
milioni, successivamente rivalutato con il costo della vita); il capitale così
accumulato viene rivalutato in base ad un tasso annuale di capitalizzazione,
dato dalla variazione media quinquennale del Prodotto interno lordo ‑
P.I.L. nominale; contributi e rivalutazioni costituiscono il montante
contributivo individuale; per ottenere la pensione questo viene moltiplicato
per un coefficiente di trasformazione, che cresce con l'età del lavoratore,
fino a toccare il massimo a 65 anni.
La legge del 1995
fissa a 62 l'età del pensionamento, ma lo consente anche tra i 57 e i 61 anni
(con penalizzazioni) e tra i 63 e i 65 (con incentivi). Essa, inoltre,
armonizza i trattamenti pensionistici dei lavoratori pubblici e di quelli
privati, nonché quelli degli uomini e delle donne; estende l'applicazione
dell'art. 2120 del codice civile al trattamento di fine rapporto (liquidazione)
dei lavoratori pubblici; fissa limiti al cumulo di pensioni con redditi;
agevola fiscalmente la previdenza integrativa collettiva (fondi pensione).
L'edificio e rimasto
incompleto, invece, per un altro dei rischi indicati dalla stessa Costituzione,
la disoccupazione involontaria. Nei suoi confronti, una tutela non solo è
prevista a favore dei soli lavoratori gia occupati; ma, neppure per loro,
assume carattere di diritto, restando alla mercé di decisioni discrezionali
della pubblica amministrazione.
Vediamo quali istituti
esistono in materia. Sono diretti al fine indicato tre gruppi di strumenti,
l'assicurazione per la disoccupazione, le prestazioni straordinarie di
disoccupazione e la Cassa integrazione guadagni. Ma l'assicurazione contro la
disoccupazione, oltre ad avere ancora una base assicurativa, tutela contro la
disoccupazione involontaria i lavoratori appartenenti alla forza di lavoro
stabilmente occupata, non gli inoccupati, ne chi non ha mai lavorato e quindi
non è stato assicurato, né i lavoratori di alcuni settori. Inoltre,
l'assìcurazione offre una copertura solo per un tempo limitato e a partire da
una settimana dopo l'inizio della disoccupazione involontaria (cosiddetto
periodo di carenza). Infine l'assicurazione è di ammontare esiguo.
Le prestazioni
straordinarie di disoccupazione sono limitate ad alcuni settori economici e
riguardano anch'esse solo chi sia stato già occupato. Inoltre, dipendono da un
provvedimento discrezionale dei poteri pubblici, per cui non vi è un
«automatismo » che conferisca un diritto.
La Cassa integrazione
guadagni ‑ C.I.G., introdotta, per la parte ordinaria, nel 1941, poi
sviluppatasi anche in una parte straordinaria, oggi regolata da una norma del
1991, è anch'essa strumento limitato ai soli cittadini già precedentemente
occupati. Essa non si applica a tutti i lavoratori dipendenti. Inoltre, alle
prestazioni della Cassa (che consistono nell'80% dello stipendio, entro un
limite prefissato, per la durata di due anni, prorogabili fino a un massimo di
altri due anni), non si accede automaticamente al verificarsi della disoccupazione,
ma a seguito di una complessa procedura di ammissione, nella quale sono
coinvolte rappresentanze sindacali e che si conclude con la deliberazione di un
collegio interministeriale.
Manca, dunque, un
intervento generale e non discrezionale diretto ad assicurare l'occupazione o
il reddito, in caso di disoccupazione involontaria. Per cui si ricorre
frequentemente a surrogati.
In modi e in misure
diversi, le tre funzioni di cui si è detto sono svolte in funzione della
collettività, non del centro e neppure in funzione statale. Ne sono
destinatarie categorie, ma non innominate, come può essere considerata la
collettività nazionale rispetto a funzioni altrettanto generali, come la difesa
o i rapporti con l'estero, dove i cittadini si presentano ‑ per così dire
‑ senza un volto, laddove il malato, lo studente, il pensionato, pur
appartenendo a una categoria, vengono, poi, individualmente, in rapporto con le
pubbliche amministrazioni.
5.5.
Interventi economici pubblici
Si è indicato prima,
genericamente, un quarto settore, quello degli interventi economici. Nel campo
economico, le amministrazioni pongono in essere un'ampia varietà di interventi
che vanno dalle
programmazioni ai controlli all'accesso in particolari rami (credito,
assicurazione, commercio), alla provvista di mezzi finanziari (ad esempio,
autorizzazione all'emissione di obbligazioni) e di personale (ad esempio,
disciplina del collocamento), alla localizzazione degli impianti industriali
comportanti investimenti superiori ad un certo ammontare, a controlli sui
prezzi, mediante la loro determinazione autoritativa, a controlli qualitativi
sui prodotti e, infine, a controlli (mediante piani e autorizzazioni) del
commercio.
In questi modi, si
esercitano attribuzioni amministrative regolative o direttive, ma l'azione
amministrativa resta indiretta. Vi è un secondo ordine di attribuzioni, che
consiste nell'assunzione diretta di imprese, da parte di amministrazioni, o in
forme di diritto privato (ad esempio, costituzione di società per azioni o
acquisto di azioni di società esistenti) o in forme autoritative (ad esempio,
mediante espropriazioni a fini di cosiddette nazionalizzazioni, statizzazioni o
collettivizzazioni, a norma dell'art. 43 della Costituzione). Nell'uno e
nell'altro caso, amministrazioni pubbliche divengono gestori di impresa.
Si evidenzia, così,
un'altra funzione, molto ampia per i suoi aspetti quantitativi: si stima che
tra un quarto e un terzo dell'economia italiana sia in gestione pubblica. E vi
sono settori, come quelli dell'energia e delle telecomunicazioni, dove le
amministrazioni pubbliche sono nettamente dominanti.
In questo campo,
tuttavia, indipendentemente dalla natura dell'organismo pubblico gestore
(organo dello Stato, ente pubblico, societa per azioni con partecipazione
pubblica), essendosi in presenza di attività di impresa, si applica il diritto
privato. Per cui la espressione, tanto frequente, di impresa pubblica, va
intesa ‑ salvo alcune eccezioni ‑ come una formula breve per
impresa in gestione pubblica o per impresa in gestione privata, ma con pubblico
comando.
Da ciò deriva anche
che gli elementi altre volte specificamente determinati dall'ordinamento, qui
non sono fissati in modo rigido o non lo sono affatto. Esclusi alcuni casi
(ferrovie, elettricità, banche), non lo è la materia, potendo, ad esempio, le
societa con partecipazione pubblica operare nei campi più diversi,
dell'agricoltura, dell'industria e dei servizi. L'attività non è determinata,
se non «per relationem» al codice civile, consistendo nella produzione, in
forma professionale, di beni e di servizi destinati alla vendita, per lo scopo,
proprio dell'impresa, di ottenerne un ricavo. Né ‑ di regola ‑ sono
determinati i fini, salvo alcuni casi, dove le norme stabiliscono obiettivi
generali, come, ad esempio, l'approvvigionamento di alcune fonti di energia.
Le funzioni nel campo
economico stanno rapidamente evolvendo. Le direzioni principali di tale
evoluzione sono tre. In primo luogo, funzioni di gestione diretta, svolte prima
dallo Stato, da enti pubblici o da società in concessione, perché sottoposte a
riserva originaria (cosiddetti monopoli legali) sono ora liberalizzate, nel
senso che vengono svolte in concorrenza (ad esempio, i servizi telefonici; la
rete telefonica resterà ancora sottoposta a riserva per qualche anno). In
secondo luogo, funzioni di gestione diretta (imprese pubbliche) vengono
privatizzate, nel senso sia di trasformare da pubblico a privato l'ente gestore
(che diviene, così, società per azioni), sia di vendere la proprietà delle
azioni della società (ad esempio, trasformazione delle banche pubbliche e degli
enti pubblici economici). In terzo luogo, si accentuano le funzioni che consistono
in controlli indiretti, nell'interesse del pubblico (ad esempio, controlli
sulla sollecitazione del pubblico risparmio), che vanno a sostituire quelli
direttivi o conformativi del tipo delle pianificazioni.
5.6.
Tutela dell'ambiente
Si è detto prima di
nuove funzioni amministrative, quelle per la tutela dell'ambiente. La rilevanza
giuridica accordata all'ambiente costituisce un fatto relativamente recente.
Una rapida rassegna
delle norme in materia consente di identificare le seguenti fasi. Vi è una fase
iniziale, nella quale l'ambiente è considerato solo episodicamente. Ridevano,
cioè, solo alcuni aspetti di esso: per esem io, le bellezze paesistiche,
,p l'urbanistica o
l'igiene dei suoli. E solo in una seconda fase (questa comincia, in Italia,
negli anni Sessanta) che l'ambiente viene assunto dalla normativa nella sua
totalità. Tratto fondamentale della terza fase, infine, è il passaggio da una
disciplina nazionale ad una disciplina fondamentalmente comunitaria. Si
può, anzi, sostenere
che oggi una quota oscillante tra la metà e i due terzi della disciplina
ambientale è di origine comunitaria.
In che modo è regolata
la funzione relativa all'ambiente? In un primo gruppo di casi, la legge
considera l'ambiente nei suoi aspetti fisici: come ambiente urbanistico o come
bene pubblico. In tali ipotesi, la disciplina giuridica aggiunge qualcosa di
più alla precedente normativa protettiva. Per esempio, la disciplina ambientale
di un parco porrà a carico di una zona vincoli ulteriori rispetto a quelli derivanti,
per il caso in cui il parco sia alberato, dalle norme relative alla protezione
dei boschi.
Vi è, poi, un secondo
complesso di norme che conferiscono utilità pubblica a fatti umani, per
l'innanzi irrilevanti. Ad esempio, igiene dei suoli, inquinamento atmosferico,
ecc. Ci si riferisce, in questi casi, a beni che erano prima abbondanti in
natura e utilizzabili da tutti; ora la posizione dei cittadini viene, invece,
vincolata al rispetto della qualità del bene.
I principi che
regolano gli strumenti di tutela ambientale sono stati stabiliti dall'Unione
europea. Il primo è quello di precauzione, per cui, in presenza della minaccia
di un danno irreversibile, la mancanza di una piena certezza scientifica non
deve essere utilizzata per rinviare l'adozione di misure i cui risultati siano
proporzionati ai costi. Il secondo è quello dell'azione preventiva, che obbliga
chi compia un'opera suscettibile di produrre effetti dannosi per l'ambiente a
sottoporla alla valutazione d'impatto ambientale ‑ V.I.A. Questa consiste
in una complessa procedura, con partecipazione del pubblico, diretta a valutare
gli effetti sull'ambiente di un intervento. Alla prevenzione è anche collegato
il controllo ambientale («eco audit»). Il terzo principio è quello che le spese
per la prevenzione e l'eliminazione dei fattori nocivi spettano, in principio,
all'inquinatore (chi inquina paga).
5.7.
Rilevanza costituzionale dellefunzioni
La maggior parte delle
funzioni amministrative menzionate e oggetto di un particolare studio sotto il
profilo costituzionale, in quanto esse sono il prodotto'dell'affermarsi, con il
suffragio universale, dello Stato pluriclasse e delle istituzioni dirette ad
assicurare l'eguaglianza in senso sostanziale. Per cui, accanto ai diritti
tradizionali dei cittadini nei confronti dei pubblici poteri che hanno obblighi
di astensione, si affermano i diritti a fronte dei quali vi è l'obbligo dei
pubblici poteri a comportamenti positivi o prestazioni. Diritti che non solo
vengono costituzionalmente riconosciuti, ma tendono anche ad essere
formalizzati, articolati e procedimentalizzati, tanto da diventare ‑ come
si è detto all'inizio ‑essi stessi il motore dell'azione amministrativa.
Tutte queste funzioni hanno anche dato luogo e danno luogo a continue
discussioni politiche tra cosiddetti liberisti e cosiddetti interventisti e tra
fautori dell'intervento statale e sostenitori delle cosiddette privatizzazioni
e «deregulations», discussioni gia abbondantemente ridicolizzate, in un brano
del secolo scorso sulla inconsapevole accettazione del socialismo municipale,
di uno dei padri del movimento laburista inglese: «the Individualist City
Councillor will walk along the municipal pavement, lit by municipal gas and
cleansed by municipal brooms with municipal water, and seeing by municipal
clock in the municipal market, that he is too early to meet his children coming
from the municipal school hard by the county lunatic asylum and municipal
hospital, will use the national telegraph system to tell them not to walk
through the municipal park but to come by the municipal tramway, to meet him in
the municipal reading room, by the municipal art gallery, museum and library,
where he intends to consult some of the national publications in order to prepare
his next speech in the municipal town‑hall... "Socialism, sir ‑
he will say ‑ don't waste the time of a practical man by your fantastic
absurdities. Self‑help, sir,
individual self‑help, that's what's made our city what it is» » (« il
consigliere comunale liberale camminera sul marciapiede comunale, illuminato
dal gas municipale e pulito da spazzini del comune con acqua del comune, e,
notando dall'orologio comunale nel mercato municipale che e troppo presto per
andare incontro ai suoi figli che arrivano dalla scuola comunale per la strada
vicina al manicomio della contea e all'ospedale municipale, usera il sistema
telegrafico nazionale per dire loro di non passare per il parco municipale, ma
di venire con la trainvia comunale, per incontrarlo nella sala di lettura del
comune, vicino alla galleria d'arte, al museo e alla biblioteca municipali,
dove intende consultare alcune pubblicazioni nazionali per preparare il suo
prossimo discorso nel palazzo comunale... "Socialismo, signori ‑ dirà
‑ non sprecate il tempo di un uomo pratico con le vostre assurde
sciocchezze. Aiutatevi, che Dio v'aiuta, signori; l'iniziativa individuale ha
fatto della nostra città ciò che è» »). '