Riforma dell'Ordinamento della Repubblica


GIOVEDI` 22 GENNAIO 2004

discussione dei disegni di

legge costituzionale nn. 2544, 252, 338, 420, 448, 617, 992, 1238, 1350,

1496, 1653, 1662, 1678, 1888, 1889, 1898, 1914, 1919, 1933, 1934, 1998,

2001, 2002, 2030, 2117, 2166, 2320, 2404, 2449, 2507 e 2523.


* D’ONOFRIO, relatore. Signor Presidente, non vedo i relatori di minoranza,senatori Bassanini e Villone; non so se erano al corrente dell’avvio di questa discussione.

PRESIDENTE. Sono certamente informati, ma l’unico relatore di minoranza che a me risulta e` il senatore Bassanini.


D’ONOFRIO, relatore. Volevo evitare atti di scortesia istituzionale, in questo caso particolarmente sgradevoli.

Senato della Repubblica XIV Legislatura 43 519ª Seduta (antimerid.) 22 Gennaio 2004 Assemblea - Resoconto stenografico

PRESIDENTE. Senatore D’Onofrio, non vedo il senatore Bassanini, il quale peraltro e` informato. Se lo ritiene opportuno, posso sospendere la seduta per cinque minuti, in attesa dell’arrivo del relatore di minoranza.

D’ONOFRIO, relatore. Non ho difficolta` ad iniziare il mio intervento; nel caso arrivi il collega Bassanini, potra`, se lo vuole, svolgere

dopo di me la sua relazione di minoranza.

PRESIDENTE. Va bene.


D’ONOFRIO, relatore...la relazione ... Vorrei integrarla tuttavia con qualche considerazione di carattere istituzionale e politico che mi sembra rilevante...

Desidero innanzitutto esordire ringraziando il Presidente della Commissione affari costituzionali, collega Pastore, e i colleghi della maggioranza di detta Commissione per avermi affidato l’incarico di relatore all’Assemblea su un provvedimento particolarmente impegnativo.

I colleghidell’opposizione non hanno concorso a questa decisione, ma il loro complessivo atteggiamento in Commissione ha consentito ad essa di concludere il proprio lavoro, ed io percepisco questo come un fatto significativo per l’ulteriore sviluppo dei lavori parlamentari...

L’originario testo del Governo, il disegno di legge n. 2544, risulta significativamente modificato in Commissione, ... non si e` trattato di un testo...blindato; e`un testo che e`stato modificato piu` volte. Vedo che sta entrando il collega Bassanini, e lo saluto...


Nella relazione introduttiva in Commissione ho indicato tre questioni di fondo sulle quali il disegno di legge costituzionale del Governo interviene, a mio giudizio positivamente.

Sulla forma di governo il passaggio molto importante e` quello da un sistema in cui vige una pressoche´ integrale sovranita` parlamentare(che ha finora consentito di considerare costituzionalmente legittimo un Governo purche´ avesse una propria maggioranza nelle Camere), ad un sistema nel quale la compagine sottoposta al voto degli elettori non puo` subire modifiche rispetto alla formazione del Governo nell’ambito della legislatura.

Si tratta di una modifica costituzionale molto rilevante, che tende a fare della volonta` degli elettori il punto nevralgico nella formazione dei Governi, compresa la guida del Primo Ministro, formula quest’ultima che si preferisce rispetto a quella tradizionale di Presidente del Consiglio dei ministri.

...Sappiamo che questa riforma dovra` essere esaminata dalle due Camere in totale quattro volte e ovviamente dovra` compiere questo cammino in tempo utile per poter essere attuata successivamente attraverso le leggi elettorali che dovessero risultare conseguenza della legge costituzionale.

...

BASSANINI, relatore di minoranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la stragrande maggioranza degli italiani continua a considerare la Costituzione repubblicana come il fondamento della convivenza comune,la garanzia dei diritti e delle liberta` dei cittadini e delle loro formazioni sociali, il baluardo ancora solido della democrazia italiana. Ma questa convinzione e` fortemente condivisa soprattutto per quanto riguarda i principi fondamentali, i diritti e le liberta` della Parte I della Carta del 1947.

Quanto alla Parte II, e in specie alla disciplina della forma dello Stato e della forma di Governo, gia` oggetto di numerosi interventi riformatori negli ultimi decenni, e`viceversa convinzione diffusa ancorche´ non unanime che occorra completare la troppo lunga transizione istituzionale italiana, mediante un’opera di aggiornamento e revisione delle sue disposizioni.

Anche a questo riguardo occorre certo prudenza e cautela. Come e`stato detto: le Costituzioni nascono per essere durevoli, anche se accade talora che non durino. Il compito di una Costituzione non e` quello di inseguire i mutamenti, ma di assicurare la stabilita`. La prova della «bonta`» di una Costituzione sta nella sua longevita`. Mentre rispetto alla legislazione ordinaria c’e`, per così dire, una presunzione di necessita` di continuo adeguamento, rispetto alla Costituzione vale la presunzione inversa, perche´ ad essa si richiede proprio di contenere il fluire delle leggi fissandone i limiti invalicabili.

Ma anche in quest’ottica, e dunque adottando una linea di prudenza e cautela, non si puo` non riconoscere che la seconda parte della nostra Costituzione abbisogna di alcuni aggiornamenti e correzioni. Essi si rendono opportuni per completare, integrare – e, in qualche punto, correggere – la riforma dello Stato in senso federale avviata nella scorsa legislatura; per adeguare il sistema delle garanzie democratiche e costituzionali ai profondi mutamenti gia` intervenuti nella struttura del nostro sistema istituzionale; per dotare il nostro Paese di una forma di governo piu` efficace e democratica, e dunque effettivamente piu` capace di garantire partecipazione dei cittadini, rappresentativita` delle istituzioni, tempestivita` ed efficienza nell’azione di governo per la tutela degli interessi generali.

Da un lato, infatti, la riforma del Titolo V sconto` fin dall’inizio la necessita` di successive integrazioni, in specie per quanto concerne la riforma del Senato, ed anche di aggiustamenti e correzioni, poiche´ nessuna riforma di grande respiro nasce perfetta dalla testa del legislatore. Dall’altro, il contesto nel quale alla Costituente furono definiti il sistema delle garanzie e la forma di Governo e`

consistentemente cambiato. Sul terreno istituzionale, e` appena il caso di ricordare che la Costituente lavoro` su due presupposti: che per la legge elettorale sarebbe stato adottato un sistema proporzionale (ordine del giorno Giolitti) e che la forma dello Stato sarebbe stata unitaria e accentrata, sia pure con largo riconoscimento delle autonomie regionali e locali.

Ora, non vi e` chi non veda che l’adozione di sistemi elettorali maggioritari e di una forma di Stato ispirata al modello federale non puo` non imporre modifiche profonde del sistema delle disposizioni costituzionali relative alla forma di Governo, allo statuto dell’opposizione, alle garanzie democratiche e costituzionali.

A maggior ragione cio` e` necessario di fronte a modifiche della Costituzione formale e materiale che gia` hanno consistentemente mutato l’assetto istituzionale e l’equilibrio tra i vari poteri senza adeguati contrappesi e bilanciamenti.

Ma vi e` di piu`: si impone una riflessione piu` ampia che indaghi sulle modificazioni che sono necessarie per poter affrontare con speranza di successo le sfide della competizione globale, dei grandi flussi migratori, delle innovazioni tecnologiche e produttive, della societa` dell’informazione e, da ultimo, gli stessi rischi di declino produttivo e tecnologico che incombono oggi sul Paese.

Per affrontare problemi di tale entita` e portata occorre una democrazia piu` forte, piu` legittimata, piu` partecipata, piu` rappresentativa, piu` efficace.

I Gruppi di opposizione hanno avanzato una proposta unitaria, coerente ed organica, che identifica con rigore i nodi dell’ammodernamento del nostro sistema istituzionale, del completamento della transizione.

Tale proposta e` riassunta nella bozza Amato, e`articolata nei disegni di legge e negli emendamenti che abbiamo da tempo presentati e argomentata nella relazione di minoranza scritta che altri colleghi hanno, conme, concorso a definire.

Questi nodi sono, a nostro avviso, essenzialmente tre; su tutti e tre,purtroppo, la distanza tra il progetto dell’opposizione e il testo al nostro esame e` molto forte.

Cominciamo con l’esaminare le questioni della forma di Governo e delle garanzie democratiche e costituzionali. Noi vogliamo una forte democrazia governante. Istituzioni forti sono meglio in grado di risolvere i problemi dei cittadini. Ma la forza nasce dal consenso, dalla legittimazione delle istituzioni e dalla loro capacita` di interpretare attese e domande sociali, non solo dalla loro capacita` di decidere e di attuare le decisioni prese.

Siamo dunque per un sistema che consenta agli elettori di decidere sul programma, sulla maggioranza, sul Governo del Paese e che dia alla maggioranza e al Governo gli strumenti per realizzare il programma approvato dagli elettori.

Ma, nel contempo, la Costituzione deve stabilire con chiarezza i limiti del potere della maggioranza e del Governo e i limiti della politica. La dittatura della maggioranza non e` compatibile con la democrazia.

Da Montesquieu in poi questo e` il cuore delle Costituzioni democratiche e liberali: i limiti della politica, da un lato, i limiti della maggioranza, dall’altro, sono essenziali per dare a tutti la certezza che i diritti e le liberta` di ognuno non sono minacciati, che le regole e i principi della democrazia non sono alla merce´ di chi ha vinto le elezioni.

Le regole, i diritti, le liberta` dei cittadini non sono appannaggio del vincitore: questa certezza e questa sicurezza sono il cuore della democrazia e del costituzionalismo moderno.

Presidenzialismo sul modello americano, cancellierato sul modello tedesco, premiership britannica, semipresidenzialismo francese: ciascuno di questi modelli da` forza al Governo, stabilita` alle maggioranze, legittimazione alle istituzioni, ma ciascuno prevede checks and balances, contrappesi e garanzie efficaci, argini al potere di chi ha vinto, garanzie della democraticita` del sistema e del pluralismo istituzionale.

E `vero che la democrazia e` forte se e` in grado di prendere rapidamente le decisioni necessarie. Ma lo e`se lo fa con il consenso dei cittadini,se garantisce adeguati controlli sull’esercizio del potere, se assicura un equilibrato pluralismo fra le istituzioni. Se cio` non accade, alla lunga non sapra` neppure prendere le decisioni giuste, ne´ sapra` farle rispettare.

La personalizzazione della politica e` un fatto con cui le istituzioni debbono fare i conti, non e` un valore da promuovere fino all’esasperazione.

Non basta la legittimazione elettorale per rendere democratica una forma di Governo: la storia e` ricca, ahime´, di dittatori eletti. E neppure e` vero che la concentrazione dei poteri nelle mani di un capo e`un buon principio di sociologia dell’organizzazione praticata in tutte le aziende private. Vale forse per le imprese a conduzione familiare, gestite direttamente dal proprietario, ma nelle grandi imprese si usa dividere le deleghe tra piu` amministratori o almeno sottoporle all’indirizzo e al controllo

di organi collegiali.

Ci siamo dichiarati per questo disponibili a ragionare su tutti i modelli democratici a disposizione, compreso il presidenzialismo americano; non siamo disponibili invece a mischiarli insieme per dare al Capo del Governo i poteri di Bush e di Blair, senza alcuno dei contrappesi e delle garanzie proprie, in varie forme, dell’uno o dell’altro modello.


Abbiamo espresso una preferenza per il modello britannico: prevediamo di dare al Primo Ministro tutti i poteri e le prerogative che ha il Primo Ministro inglese; di consolidarli in disposizioni costituzionali; di aggiungere una norma antiribaltone per cui, se cambia sostanzialmente la maggioranza espressa dalle elezioni, si torna a votare. Ma siamo contrari ad ogni ulteriore rafforzamento dei poteri del Governo e del Primo Ministro se non si risolvono contestualmente i problemi dell’adeguamento al bipolarismo maggioritario del sistema delle garanzie democratiche e costituzionali, del pluralismo dell’informazione, dello statuto dell’opposizione, del conflitto di interessi.

Il nostro sistema costituzionale, comparato con quello delle altre grandi democrazie, presenta anomalie rilevanti innanzitutto sui terreni ora ricordati.

La legge elettorale maggioritaria e le riforme degli anni Novanta hanno gia` dato agli Esecutivi regionali, locali e nazionali poteri e

strumenti piu` forti per governare, ma non hanno introdotto i checks and balances, i contrappesi propri delle altre democrazie.

Proprio per questo, la nostra proposta e`dedicata in parte notevole all’adeguamento delle garanzie costituzionali e democratiche. Si apre con disposizioni sul pluralismo dell’informazione e sul conflitto di interessi; prosegue alzando a due terzi la maggioranza necessaria per modificare la Costituzione, come per esempio in Germania e negli Stati Uniti; prevedendo maggioranze qualificate per l’elezione degli organi di garanzia (Presidente della Repubblica, Presidenti delle Camere) e per modificarei Regolamenti parlamentari.

Le attuali maggioranze furono infatti previste da una Costituente che ragionava sulla base di una legge elettorale proporzionale, dove nessuno puo` raggiungere la maggioranza assoluta in Parlamento senza averla ottenuta anche nel voto degli elettori. Ma così non e`

nel sistema maggioritario, dove chi vince, magari con il 40 per cento dei suffragi, puo` avere anche piu` del 55 per cento dei seggi in Parlamento.

Ancora: il nostro progetto definisce le linee di un efficace statuto dell’opposizione, assicura l’effettiva indipendenza della magistratura e delle autorita` indipendenti, potenzia il ruolo di controllo del Parlamento, sul modello britannico e americano, ripristina le condizioni per un uso efficace del referendum abrogativo, potenzia gli strumenti della democrazia

partecipativa.

C’e` qualcosa di tutto cio` nel progetto al nostro esame? Praticamente nulla. Si accrescono a dismisura i poteri del Primo Ministro, neppure si sfiora il problema dei contrappesi e delle garanzie. Al contrario: si mettono le mani dei partiti della maggioranza sulla Corte costituzionale, si fa del Capo dello Stato e dei Presidenti delle Camere organi di parte, e stupisce che mentre il Ministro dell’economia propone, giustamente, una garanzia dell’imparzialita` dei membri delle Autorita` indipendenti ottenuta attraverso maggioranze qualificate nel voto parlamentare, viceversa questo lo si neghi ad organi di garanzia per eccellenza, come e` , in primo luogo, il Capo dello Stato.Come abbiamo detto, noi vogliamo una democrazia governante, siamo per dare al Primo Ministro poteri piu` forti, in qualche misura anche un po’ oltre il limite del sistema britannico.

Ma ci fermiamo qui: diciamo no all’elezione diretta del Premier, comunque configurata, e a norme che consentano al Premier di mettere il Parlamento, la Camera dei deputati, sotto costante ricatto («o votate le mie proposte di legge o vi sciolgo»).

Purtroppo e` assai diverso il modello delineato dal testo in discussione.

  1. Esso prevede almeno tre istituti in contrasto con il sistema britannico. Primo, lo scioglimento automatico: se la Camera vota la sfiducia al Primo Ministro e` sciolta. In Gran Bretagna, in questi casi, il Premier si dimette e la Regina nomina un altro Primo Ministro indicato dalla maggioranza parlamentare.

  2. Secondo: il Premier puo` sciogliere la Camera«sotto la sua esclusiva responsabilita`». La possibilita` di una mozione di

sfiducia costruttiva e`talmente limitata da consentire al Premier di farecio` che vuole, alla sola condizione di disporre di un manipolo di fedelissimi.

In Inghilterra, il Premier propone lo scioglimento alla Regina, che di norma accoglie la richiesta: ma non lo fa se il Premier non gode piu` del consenso della maggioranza.

3. Terzo: il progetto del Governo prevede nella sostanza un meccanismo di elezione diretta o quasi diretta del Premier, con l’obbligatorio collegamento di ogni candidato al nome del Premier e l’attribuzione di un premio vdi maggioranza, per garantire al Premier piu` votato una maggioranza stabile.

In Inghilterra, il nome del candidato Premier e` reso noto agli elettori, ma non c’e` collegamento esplicito dei candidati al Premier ne´ premio di maggioranza.

La differenza e`fondamentale.

Nel modello britannico, l’elettore sceglie il deputato che lo rappresenta, sapendo che la sua scelta concorrera` a determinare il partito, la squadra e il Premier che governeranno il Paese: tutte cose note, ma la sua scelta non e`solo sulla persona del leader, ma e` sul programma, sul partito, sul leader e sulla squadra nel suo insieme.

Nel progetto al nostro esame, invece, la personalizzazione della politica giunge al suo apice. Si sceglie il Capo, gli si affidano per cinque anni amplissimi poteri. Arriviamo qui al cuore del problema. Questo modello esprime una concezione che non e` coerente con i principi della democrazia liberale moderna: esprime l’idea che il processo democratico si esaurisca, si sublimi nella scelta di un capo al quale sono delegati per alcuni anni pieni poteri, con la sola garanzia che alla fine si tornera` a votare. Garanzia modesta, visto che quel capo, controllando e ricattando la maggioranza parlamentare, puo` nel frattempo cambiare le leggi che disciplinano i diritti e le liberta` dei cittadini, l’indipendenza della magistratura, il pluralismo dell’informazione, i meccanismi elettorali, i rapporti tra politica ed economia.

Veniamo ora alla terza parte concernente la riforma dello Stato e del Parlamento. Siamo per completare e anche per correggere ed aggiustare,dove necessario, perche´ come dicevo nessuna riforma nasce perfetta, la riforma federale, ma secondo il modello del federalismo cooperativo e solidale senza mettere a rischio l’unita` d’Italia.

Vogliamo un federalismo che funzioni sul modello delle grandi esperienze federali straniere, dunque nella consapevolezza che il sistema federale serve per unire i diversi, per fare della diversita` una ricchezza comune – e pluribus unum – non per contrapporre, separare e dividere.

Dunque, pensiamo ad un Senato che sia il luogo del confronto democratico e dell’armonizzazione fra le ragioni della diversita` e gli interessi generali. Rifiutiamo di accettare la totale devoluzione, in esclusiva, alle Regioni della legislazione sulla sanita`, sull’organizzazione scolastica e sulla politica locale. Negli Stati Uniti, cari colleghi, la sanita` e` competenza degli Stati, non c’e` una parola nella Costituzione degli Stati Uniti che accenni al Congresso federale, ma cio` non ha impedito al Congresso di approvare e finanziare grandi programmi federali di assistenza sanitaria (Medicair e Medicaid), e a Clinton di proporre un sistema sanitario nazionale sul modello europeo. Quel progetto non fu approvato non perche´ era incostituzionale ma perche´ la maggioranza repubblicana era politicamente contraria.

Quanto al Senato, il rapporto con il territorio deve essere forte. Lo si puo` stabilire nei termini proposti gia` nel ’47 dalla Commissione dei 75 che prevedeva, accanto ai senatori eletti, senatori espressi dal sistema delle autonomie. Noi abbiamo proposto di prevedere, accanto a 200 senatori eletti direttamente, una significativa rappresentanza delle Regioni e degli enti locali: presidenti, sindaci, eventualmente altri. Lo si puo` fare anche in altro modo – abbiamo presentato anche altre proposte – ma e` nel Senato che deve avvenire la composizione unitaria, attraverso il confronto, delle diverse ragioni ed istanze dei territori, attuando i principi di solidarieta` e garantendo l’universalita` dei diritti. Percio` e` inaccettabile l’ipotesi, che per fortuna sembra tramontata, ma che voi tutti avete votato in Commissione, di parlamenti macroregionali, che non ha nulla a che fare con gli organi comuni previsti dall’attuale articolo 117.

Questi organi comuni servono alle Regioni per gestire insieme funzioni per lo piu` amministrative, attribuite dalla Costituzione: per esempio un ufficio del Po o un ufficio del Tevere in comune per le opere idrauliche necessarie a fiumi interregionali.

Non sono assemblee politiche macroregionali nate per interloquire con il Parlamento federale: questo non c’e` in nessuno Stato federale.

Per questa ragione siamo anche contrari alla suddivisione del Senato in Commissioni territoriali, una disposizione ignota all’esperienza dei Parlamenti federali e che ha anch’essa aspetti preoccupanti per l’unita` della Repubblica.

Siamo invece d’accordo sulla riduzione del numero dei parlamentari, ma fa una bella differenza prevederla subito per le elezioni del 2006 oppure per il 2011, con il rischio che si decida di rinviarla al 2016 e poi al 2021.

Non lontane dalle nostre sono le proposte di ripartizione dei poteri legislativi tra Camera e Senato, ma noi non pensiamo che ci debbano essere leggi e decisioni a maggioranza Senato. Pensiamo per converso che l’approvazione del Senato, nei termini di una decisione bicamerale, debba essere necessaria per tutte le leggi, finanziaria compresa, che incidano comunque su funzioni, poteri e risorse delle Regioni e degli enti locali.

Deve essere pero` chiaro: un Senato federale e` sempre, potenzialmente, un contropotere (rivolgersi a Schroder, che deve fare i conti con un Bundesrat a maggioranza cristiana-democratica, o a Clinton, che non riuscì mai a farsi approvare la riforma sanitaria).

Dunque, non si puo` criticare il testo della Commissione perche´ configura il Senato come contropotere rispetto al Governo, ma caso mai perche´ non gli da` un impianto realmente federale. Dunque per quale ragione dovrebbe essere un contropotere un Senato totalmente espressione della stessa base elettorale della Camera?

Quanto al resto il Governo e la maggioranza lasciano pressoche´ intatto l’impianto del tanto vituperato nuovo Titolo V, se non fosse per alcuni cambiamenti apparentemente minori ma tutti pessimi. Si insiste sulla cosiddetta devolution con il rischio di disarticolare servizi universali nazionali, essenziali per garantire a tutti i diritti di cittadinanza, come quelli della scuola, della sanita` e della sicurezza pubblica.

Per ridimensionare i rischi, si limita pesantemente l’autonomia legislativa della Regioni in tutte le materie, comprese quelle di interesse squisitamente regionale e locale, sottoponendo le leggi regionali al vaglio del Senato e poi del Presidente della Repubblica per valutarne la coerenza con l’interesse nazionale, con il rischio di attribuire al Presidente della Repubblica responsabilita` e poteri incompatibili con il suo ruolo di garante della Costituzione e dei diritti e della liberta` di tutti.

Si assegna alla regione Lazio il compito di definire lo statuto di Roma capitale della Repubblica quasi che si tratti solo del capoluogo della Regione.

Vi abbiamo offerto in Commissione su tutti questi punti valide alternative, tutte coerenti con l’esperienza dei grandi Stati federali, vi abbiamo offerto la disponibilita` a correggere alcune disposizioni dell’articolo 117 come quelle relative alla competenza concorrente in materia di energia, comunicazioni e professioni su cui vi erano emendamenti convergenti, vi abbiamo offerto un modello alternativo basato sull’esperienza tedesca e ispirato ai principi di flessibilita`, responsabilita` e leale collaborazione che caratterizzano i sistemi federali che funzionano.

Di fronte a rifiuti immotivati e irragionevoli non ci ritireremo sull’Aventino, signor Presidente. Combatteremo la nostra battaglia fino in fondo; non rinunceremo ad usare ogni argomento ragionevole per convincervi, signori della maggioranza. Faciamo appello a molti che nelle vostre file hanno a cuore l’unita` d’Italia e i principi di democrazia e liberta`. Speriamo che sia accolto l’invito del Presidente della Camera, e anche del Presidente del Senato, a riaprire il confronto per giungere a soluzioni condivise.

Non serve all’Italia una nuova Costituzione che durerebbe pochi anni e che la prossima legislatura dovrebbe di nuovo cambiare.

A questo, pero`, penso non arriveremo perche´ confidiamo, se il nostro impegno dovesse risultare alla fine vano, nella saggezza e nella fede democratica del popolo italiano che alla fine dovra` decidere con un referendum. ...


NANIA (AN). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facolta`.

NANIA (AN). Signor Presidente, ovviamente siamo contrari alla sospensiva avanzata dal centro-sinistra e, proprio per approfondire le obiezioni e gli argomenti espressi nella relazione di minoranza, crediamo sia indispensabile andare avanti nell’affrontare la proposta complessiva che la Commissione ha esitato, peraltro con un adeguato contributo dell’opposizione che si e`

confrontata con la maggioranza su alcuni temi centrali.

Aggiungo che e` chiaro a tutti noi – lo e` stato sempre, soprattutto nei momenti centrali – che il concorso nei processi di riforma e`

un fatto indispensabile.

L’onorevole D’Alema durante i lavori della Bicamerale ha sottolineato con forza, soprattutto con riferimento alla posizione di Rifondazione Comunista e della Lega di allora, che il concorso e` obbligo fondamentale ed indispensabile nel varare una legge. Molto spesso – affermava il presidente D’Alema – su questo c’e` molta confusione; in una democrazia si ricerca il concorso di chi la pensa diversamente come fatto indispensabile mentre il consenso e` un fatto auspicabile, tant’e` che Rifondazione Comunista partecipava ai lavori della Commissione, si confrontava e svolgeva argomenti tutti costruiti sulla contrarieta` a qualunque proposta di cambiamento, ma il consenso non si otteneva.

Ora, noi possiamo garantire a questa opposizione (che per noi resta un’opposizione responsabile che ha molti argomenti da portare avanti) che per noi il concorso ha costituito sempre, nel processo riformatore, un punto non soltanto di partenza, ma anche di arrivo indispensabile. Anche perche´, diciamocelo francamente, la proposta della Casa delle Liberta` ha attinto a piene mani a quelle che sono state – purtroppo, debbo dire – le posizioni del centro-sinistra.

Certo, rileggendo – come mi e` capitato di fare – vecchie posizioni del presidente Amato, non tanto vecchie posizioni dell’onorevole D’Alema sul «premierato duro», rileggendo anche le relazioni molto approfondite e molto chiare del vice presidente del Senato Salvi sul presidenzialismo, sulle garanzie, su come funziona il sistema, abbiamo tutti potuto verificare come la proposta della Casa delle liberta` abbia attinto a piene mani – lo ribadisco con forza – a quello che e` stato il processo culturale di rinnovamento della sinistra su questi temi, tant’e` che posso dire che non c’e` differenza tra destra e sinistra, tra conservatori e innovatori: su questi temi, conservatori e innovatori si trovano a destra, come conservatori e innovatori si trovano a sinistra.

Quindi, il consenso e`auspicabile e noi auspichiamo fortemente (lo dico al senatore Bassanini, che su questo tema si e`

speso molto) che si raggiunga il consenso soprattutto sui temi dello statuto dell’opposizione e delle norme di garanzia, non foss’altro perche´ nella Bicamerale questa parte l’ho approfondita personalmente insieme all’onorevole Armaroli, quando c’era un centro-sinistra poco attento a queste tematiche, che invece rappresentano un punto centrale e fondamentale....