Le attività del settore
pubblico.
analisi positiva
2.1.
Introduzione
Negli Stati contemporanei con elevato livello di
reddito, la spesa effettuata dal settore pubblico rappresenta
una frazione molto alta —
sovente superiore al 50%
— del prodotto nazionale. Questo fatto comporta che il settore pubblico,
attraverso i vari comparti che lo compongono, esercita una gamma vastissima
di attività, che influenzano non solo l’economia, ma il
complesso della vita sociale.
Per quanto importante, la spesa pubblica non rappresenta
però un indicatore sufficientemente adeguato, non solo della dimensione e
dell’intensità dell’intervento pubblico, ma nemmeno dell’attività produttiva che
fa capo a decisioni del settore pubblico.1
Anche se gli obiettivi dell’azione pubblica possono
essere raggiunti in modo per molti versi uguale con l’utilizzo di una impresa privata al posto di un ente pubblico, o con
diverse combinazioni di attività fra i due organismi come spesso accade,
nondimeno permangono differenze sostanziali fra il modo di operare del settore
privato rispetto a quello pubblico, che fanno sì che la scelta di fornire un
dato servizio direttamente tramite il settore pubblico o con un’impresa privata
non sia indifferente.
Occorre analizzare le attività produttive e di
spesa intraprese dal settore pubblico, indipendentemente dal fatto
che, per la produzione, ci si serva di enti pubblici o
di imprese private, e nell’esaminare quali sono le loro caratteristiche
distintive rispetto alle attività svolte dal settore privato. In altre parole,
cercheremo di concentrare l’analisi sulle caratteristiche unificanti
— se vi
sono — dei beni e servizi forniti, e non necessariamente
prodotti, dal settore pubblico.
. La spesa
pubblica di trasformazione e di trasferimento
Un’ulteriore precisazione si
rende necessaria prima di affrontare il tema. Essa è relativa
alla principale classificazione della spesa pubblica effettuabile sotto
il profilo dell’impatto della spesa stessa sull’organizzazione del sistema
economico. Specificamente, la spesa pubblica si divide in due grandi categorie:
la spesa di trasformazione e la spesa di
trasferimento.
·
La spesa di
trasformazione comporta l’esercizio di un’attività produttiva da parte del
settore pubblico, cioè
l’acquisto di fattori produttivi, la loro combinazione e organizzazione per dare
luogo a una produzione finale di beni o di servizi, utilizzabili, o come consumo
finale da parte di individui o imprese, oppure come beni intermedi per altre
produzioni. In altre parole, la spesa di trasformazione contribuisce alla
ricchezza nazionale con la formazione di valore
aggiunto.
·
La spesa di
trasferimento consiste invece nella semplice erogazione di valori monetarij cioè di potere
d’acquisto. Come tale, essa dà luogo a
una semplice redistribuzione della ricchezza, e non
alla sua creazione. Essa è diretta sia agli individui (in questo caso
prevalgono gli aspetti distributivi, come nel caso dei sussidi alla
disoccupazione, alla povertà o alla
vecchiaia), sia
alle imprese (nel qual caso prevalgono generalmente gli obiettivi
allocativi: sviluppo dell’occupazione o degli investimenti in determinate
aree o settori). Come tale, la spesa di trasferimento non implica in alcun modo
la sostituzione del settore privato con quello pubblico, anche se ne condiziona
ovviamene il modo di operare e dunque i risultati.2
I beni e servizi a consumo collettivo e i beni e servizi a
consumo individuale
Il
settore pubblico nei diversi paesi produce e fornisce in prevalenza beni
e servizi a carattere collettivo, ma non solo questi. Sono
infatti prodotti dal settore pubblico anche beni e servizi a carattere
non collettivo o privato. Inoltre, in tutti i sistemi economici moltissimi beni
e servizi a carattere collettivo sono prodotti all’esterno del settore pubblico
da privati, club, associazioni, cooperative ecc.
Per procedere nel nostro esame dobbiamo dunque iniziare
a spiegare che cosa si intende per beni e servizi
collettivi e, per contro, per beni e servizi privati.
E bene chiarire che
questa distinzione fa riferimento alle caratteristiche del consumo dei diversi
beni, cioè a un aspetto economico, e non alla
situazione istituzionale in cui sono prodotti o consumati.
I beni e servizi collettivi, o a consumo
collettivo, sono caratterizzati dal fatto che il consumo degli stessi da parte
di un individuo è compatibile, o
meglio non rivale, con il consumo degli stessi da
parte di uno o più altri individui.
In termini economici più precisi si può affermare che
il carattere collettivo di un bene o di un servizio consiste nel fatto
che l’aggiunta di uno o più consumatori non comporta un
aumento di costo nella produzione e/o distribuzione del servizio
stesso.
Se X è la quantità totale consumata di un certo bene o
servizio e
...,
X, sono le quantità consumate
dai singoli n individui, il bene o servizio in questione avrà
caratteristiche di bene collettivo se:
x=x1 =x2 =x3 =
Per contro, i beni e servizi privati, o a consumo
individuale, si caratterizzano per il fatto che il loro consumo da parte di un
individuo e incompatibile, o meglio rivale, con il
consumo da parte di uno o più altri individui. In altre parole, si può
anche dire che il bene è perfettamente divisibile fra i
consumatori. Sulle linee della precedente definizione, si può affermare che il
carattere privato del consumo di un bene o servizio consiste nel fatto che
l’aggiunta di uno o più consumatori comporta un
incremento della quantità totale del bene o servizio
consumata.
x=x1+x2+x3...xn
Per fare alcuni semplici esempi: una partita di
calcio è un bene a consumo collettivo: nell’ambito della capienza
dello stadio, l’aggiunta di uno o più spettatori non produce alcun costo aggiuntivo di produzione della partita.
Per contro, le mele o le arance costituiscono
classici esempi di beni a consumo privato. Il
loro consumo da parte di un individuo ètotalmente
incompatibile con quello di un altro.
È bene
mettere in chiaro che non esiste una distinzione netta, in due sole categorie,
fra beni e servizi a carattere collettivo e beni e consumo a carattere
privato.3
La spiegazione diventa più chiara con il ricorso ai
termini algebrici elementari prima utilizzati.
Definiamo con a il grado di
rivalità del consumo di un bene. Esso è espresso dalla percentuale di aumento della quantità totale provocato dall’aggiunta, al
primo consumatore, di uno o più consumatori. Questo parametro a avrà un valore di 1, nel caso dei beni o servizi
completamente privati (o “beni privati puri”); avrà valore di O nel caso dei
beni completamente, o tipicamente, collettivi (o “beni collettivi
puri”).
Facciamo il caso di due soli individui, a e b, la quantità totale
sarà:
X = Xa +
a Xb.
Se il bene è privato:
a=1,
X=X0+Xb.
Se il bene è collettivo:
a=
O,
XXaXb.
Se il bene ha caratteristiche intermedie fra il privato
e il collettivo, a può assumere tutti i valori compresi
fra O e I.
Le caratteristiche distintive dei beni a consumo
collettivo rispetto a quelli a consumo individuale o privato risultano più chiare quando si introduce il concetto di esternalità, al quale occorre dedicare un po’ di
attenzione.
Le estemalità possono essere definite come gli effetti
— che possono essere sia vantaggiosi che svantaggiosi — provocati sull’attività di produzione e/o di consumo di
un individuo dall’attività di produzione o di consumo di un altro individuo, che
non si riflettono nei prezzi pagati o ricevuti.
Il fumo della ciminiera di una fabbrica è un esempio
classico e immediato di esternalità negativa.
La tecnica utilizzata dalla fabbrica per la sua
produzione ha come sotto-prodotto il fumo, che viene
consumato, anche se involontariamente, da coloro che risiedono vicino alla
fabbrica e respirano l’aria contaminata dal fumo. L’esternalità può anche riguardare il processo di produzione
di un altro individuo. Come, ad esempio, nel caso di un prato
adiacente alla fabbrica, di proprietà di un agricoltore, che è danneggiato dalle
emissioni di fumo. Un esempio altrettanto facile di
esternalità, questa volta positiva, è dato dai
prati circostanti quelli di proprietà dell’agricoltore. Le api di quest’ultimo possono nutrirsi
infatti del polline dei fiori dei prati di proprietà
altrui.
Le esternalità esistono
quando, data la definizione esistente dei diritti di proprietà, cioè i diritti e gli obblighi incombenti su chi
esercita un’attività economica il produttore non ha l’obbligo di
indennizzare i consumatori o i produttori danneggiati dalle sue attività o, nel
caso dei prati circostanti l’agricoltore, quando i loro proprietari non hanno
modo di farsi ripagare dei vantaggi da essi prodotti.
La presenza di esternalità sia positive, nel qual caso sono note come
economie esterne, che negative, nel qual caso sono note come diseconomie esterne, implica l’esistenza di un’insufficienza
nel meccanismo di mercato, nel senso che le scelte degli individui sono
effettuate sulla base di prezzi e di costi che non riflettono il valore
effettivo delle risorse utilizzate. Ritorniamo al caso della nostra fabbrica che
emana fumo.
Il produttore agirà sulla base di
un costo della sua attività, il costo privato, che è inferiore a quello che
sopporterebbe se dovesse pagare degli indennizzi per i danni provocati ai
vicini, cioè al costo sociale (somma dei costi privati e dei danni sopportati
dagli altri).
Il
risultato è che egli tenderà a spingere la produzione oltre il livello
cui la porterebbe se dovesse tenere conto anche delle esternaltta, cioe del costo
sociale. Di qui l’imperfetto funzionamento del meccanismo di
mercato.
Ora, proprio in relazione alla
definizione di beni o servizi a carattere collettivo, è evidente che la presenza
di esternalità è concatenata alla natura ditali beni.
In effetti, il singolo che decide di produrre un bene che ha un utilizzo
collettivo produce qualcosa che, senza aggiunta di costo, o con un’aggiunta minima, può essere utilizzato o consumato da altri.
Crea, in altre parole, economie esterne, positive o
negative.
La produzione di economie
esterne è massima nel caso dei beni collettivi puri, in cui il parametro a è
uguale a O, ed è minima nel caso
Si è scritto appositamente minima e non nulla. Non solo perché è difficile immaginare una qualche azione individuale che non abbia alcun effetto esterno presente o futuro dei beni privati puri, in cui il parametro a è uguale a I. La classificazione della infinità dei casi intermedi fra i due estremi dei beni privati puri e dei beni collettivi puri può essere allora effettuata sulla base dell’intensità, o importanza, delle esternalità prodotte.Il carattere di consumo collettivo associato a un bene o servizio, cioè la presenza di esternalità, lo predispone naturalmente a un processo di fornitura da parte di una pluralità di persone. Il singolo interessato alla produzione di un bene, che produce economie esterne, cercherà altri individui per effettuare congiuntamente la produzione e dividerne il costo, perché questo non aumenta — beninteso all’interno di determinati limiti — all’aumento del numero degli utilizzatori, o consumatori.
2.5. I
beni pubblici puri
Ci avviciniamo così al problema delle produzioni
pubbliche, cioè da parte del settore pubblico. E ancora
necessario effettuare un ulteriore passo, introducendo
un nuovo concetto: quello di non-escludibilità. Esso
si sostanzia nella difficoltà, o impossibilità, per il produttore di un bene,
o servizio, di escludere gli altri individui dai benefici ditale produzione.
La non-escludibilità può essere di duplice ordine:
tecnica ed economica. Un esempio di non-escludibilità
tecnica è costituito dalle trasmissioni radiofoniche o televisive. Dato un
sistema di ripetitori che coprono una regione, non è tecnicamente possibile
escludere taluni cittadini, piuttosto che altri, dall’accesso a queste emissioni.
Un altro esempio —
sempre tecnico — è costituito dalla
difesa contro l’esterno. Un pacifista è difeso, allo stesso modo degli altri
cittadini, dall’esercito del suo paese.
La non-escludibilità economica
trova per contro origine, non in motivazioni tecniche, ma nel costo elevato
che comporta l’esclusione di taluni individui dal servizio. L’accesso a un parco naturale è tecnicamente governabile: basta
assumere un numero congruo di sorveglianti. Questo numero può essere così
elevato da scoraggiare chiunque dalla gestione a scopo di lucro di un parco
naturale. Ovviamente, la non-escludibilità di tipo
economico è un concetto di tipo relativo: può cioè
avere diverse gradazioni in contrasto a quella di tipo tecnico, che ha invece
carattere assoluto, cioè esiste o non esiste.
Possiamo a questo punto cominciare a trarre alcune
conclusioni dai ragionamenti che abbiamo svolto, utilizzando i concetti che
abbiamo
ro. Facciamo il caso del consumo della mela, o di un qualsiasi altro bene a consumo strettamente individuale. Che l’effetto esterno del singolo atto non sia nullo diventa evidente, quando si passa al risultato combinato di una serie di atti individuali di consumo. Gli italiani, ad esempio, si scoprono un’improvvisa passione per un frutto. L’aumento della domanda darà luogo, nel breve periodo, a un aumento del prezzo e, nel lungo periodo, a una sua riduzione provocata dall’incremento del volume di produzione. L’esempio, ora fatto, mette in evidenza la presenza di esternalità di tipo “pecuniario”, che si sostanziano cioè in movimenti di prezzi e non in effetti di tipo reale.
Quando un
bene o servizio è caratterizzato dalla compresenza delle due caratteristiche
della non rivalità del consumo (il coefficiente a è
uguale a O) e dalla non escludibilità dai benefici da
esso arrecati, non vi è alcuna possibilità di una sua produzione su base
privata. Non esiste cioè nessun individuo o impresa in
grado di intraprendere su base economica, avendone cioè un vantaggio, la sua
produzione. Questa dà infatti luogo a vantaggi (esternalità) a favore di altri individui che il suo
produttore non è assolutamente in grado di ripagarsi applicando il
meccanismo dei prezzi.
Questi beni, o servizi, costituiscono la categoria dei
beni pubblici puri. Poiché non esiste
convenienza economica privata alla loro produzione, questa deve necessariamente
avvenire tramite il settore pubblico. Tramite, cioè,
un’organizzazione che ha la capacità, la forza di coazione, di far pagare con un
meccanismo diverso dal prezzo, cioè con dei prelievi di tipo obbligatorio, il
costo della produzione e della distribuzione dei beni pubblici
puri.
I ragionamenti finora svolti sono riassunti nel diagramma a flussi riportato nella fig. 2, nel quale le caratteristiche di rivalità/non rivalità e di escludibilità/non escludibilità sono combinate fra loro per dar luogo a quattro casi polari di beni o servizi.
Il percorso inizia in alto a sinistra, con le caratteristiche di rivalità, o meno, nel consumo. Se la risposta è negativa — freccia verso il basso — entriamo nel caso dei beni collettivi, o meglio a consumo collettivo.
Soltanto quando alla non rivalità si unisca la non escludibilità, o tecnica o economica, dei beni entriamo nel campo dei beni pubblici puri, cioè delle produzioni che non possono essere effettuate, se non dal settore pubblico.
Se invece l’esclusione è tecnicamente possibile, e al tempo stesso conveniente sotto il profilo economico, abbiamo il caso dei beni collettivi prodotti all’infuori del settore pubblico.
Ritorniamo al punto di partenza e spostiamoci questa volta verso destra, siamo cioè nel caso dei beni rivali, cioè a consumo privato. Da un punto di vista tecnico/economico è sempre possibile escludere qualcuno dal consumo di un bene rivale. L’escludibilità dipende quindi da una decisione di tipo “politico” (sotto questo profilo, dunque, la combinazione delle due caratteristiche è imperfetta). I beni non rivali sono dunque producibili integralmente dal settore privato. Non applicare la escludibilità significa dunque adottare un processo di produzione e/o di distribuzione pubblico, che la collettività decide sulla base di caratteristiche del bene (molto spesso, per considerazioni relative all’incidenza sulla distribuzione del reddito).
I beni pubblici puri sono importanti più da un profilo
analitico, collegato alle caratteristiche distintive rispetto ai beni
privati, che da un profilo di rilevanza pratica. Le
loro caratteristiche definitorie — non rivalità e non
escludibilità assolute — sono così rigide
da rendere nella prassi, cioè nella realtà osservabile,
molto ridotto il numero di beni pubblici puri.
Fra le due categorie polari dei beni privati puri e dei
beni pubblici
2.10.
Conclusioni
Abbiamo introdotto in questo capitolo alcuni concetti
fondamentali per l’analisi successiva, affrontando il problema di spiegare cosa e perché viene prodotto, o fornito,
dal settore pubblico.
Si è, in primo luogo, osservata la caratteristica
distintiva dei beni collettivi, rispetto a quelli privati e cioè la non rivalità. Abbiamo successivamente introdotto il concetto di non escludibilità, per arrivare così alla nozione di bene
pubblico puro.
Si è quindi chiarito che la nozione di bene pubblico
puro è analiticamente molto importante, ma non descrive tutta l’attività
del settore pubblico, che comprende una gamma
diversissima di beni, che vanno dai beni pubblici puri a quelli privati puri.
Abbiamo analizzato in questo contesto anche il concetto
di bene pubblico
misto.
Abbiamo successivamente
ampliato l’orizzonte dell’analisi, passando in rassegna le situazioni e i
fattori in grado di spiegare le uniformità che si osservano nelle attività
svolte dal settore pubblico nei diversi paesi.
Infine, abbiamo affrontato il problema della
determinazione della domanda di beni pubblici, mettendo in evidenza la differenza
fondamentale rispetto al settore privato e cioè la non rivelazione delle
preferenze, che è all’origine del sistema
di finanziamento mediante entrate di tipo generale, e che spiega l’inevitabilità
della coazione insita nell’attività produttiva pubblica.
Appendice. La scelta fra soluzioni private e collettive: un esempio
Gli argomenti che sono stati sviluppati nei paragrafi 2.8 e 2.9 possono essere illustrati con il ricorso all’esempio classico della
lotta contro le zanzare.
Consideriamo una città di 5.000 abitanti infestata dalle zanzare. Per
combatterle esistono due soluzioni. La prima è di tipo privato e consiste
nell’acquistare bombolette di disinfestante
e irrorare di esso
la casa e il proprio giardino. La soluzione è probabilmente efficiente solo se
adottata da tutti, poiché solo in tal modo si elimina drasticamente il problema.
Una seconda possibilità, di tipo collettivo, consiste nell’affittare un
elicottero che effettui le irrorazioni per tutta la
città. Le due soluzioni sono rappresentate nella fig. 7. Sugli assi sono
rappresentati, in verticale, il costo di abbattimento
delle zanzare e, in orizzontale, la quantità di zanzare abbattute. La curva
DD rappresenta la solita curva di
domanda individuale. Indica cioè il prezzo che un
cittadino è disposto a pagare per ogni quantità di zanzare
abbattute.
La soluzione privata è rappresentata dalla curva
CM1, che indica il costo (supponiamo 1.000 lire) di acquisto di una bombola che permette l’abbattimento di un
certo numero, unità, di zanzare. Anche nell’esempio,
dunque, il costo unitario coincide con quello marginale. Quantità maggiori di zanzare possono essere abbattute acquistando più
bombolette.
La seconda soluzione è indicata dalla curva
CM2. Con la spesa complessiva di un milione si è in grado di
affittare un elicottero che con le sue irrorazioni abbatte per ogni cittadino una
quantità di zanzare uguale a quella abbattuta da una
bomboletta.
Se un cittadino sceglie la prima soluzione, quella individuale, acquisterà,
EFFETTI GENERALI DELLA SPESA PUBBLICA
SOMMARIO:
1. Concetti generali. — 2. Effetti
della spesa-sussidio ad un’indutria. — 3. Effetti della spesa-sussidio a tutte le industrie. — 4. Casi
particolari defla spesa-sussidio. — 5. Effetti della
spesa-prezzo. — Note
bibliografiche.
1. Concetti
generali.
Lo Stato consegue i suoi obiettivi a
mezzo della spesa pubblica diretta ad acquistare i fattori necessari per
produrre i beni pubblici da mettere a disposizione della collettività o per
acquistare i beni direttamente dalle imprese, o, ancora, per dare alle famiglie
o alle imprese sussidi o per fin meramente redistributivi o per incentivare determinate produzioni
non assunte direttamente dallo Stato.
Gli effetti sul sistema economico variano a seconda delle modalità e del tipo delle spese stesse. necessario premettere, pertanto, un’indicazione delle varie
categorie di spese.
Una prima distinzione della spesa pubblica è tra
spese
produttive e spese redistributive.
La differenza consiste nel fatto che la spese produttive dà luogo alla creazione di beni
economici, cioè nazionale, mentre la spesa redistributiva non da luogo alla creazione di beni economici
e, benché accresca il reddito individuale del beneficiano, lascia immutato il reddito
nazionale, in quanto presuppone la decurtazione del reddito o del patrimonio di
un altro individuo. Esempio di spesa produttiva è la costruzione di una strada,
di un ponte, di una ferrovia; esempio di spesa redistributiva è il sussidio ai disoccupati o gli aiuti
economici da7ti alle classi sociali meno abbienti.
Un problema particolare sorge
per le spese redistributive effettuate all’estero
(donazioni ai paesi sottosviluppati, pagamenti di riparazioni di guerra). Le
spese redistributive lasciano immutato il reddito
nazionale disponibile se effettuate all’interno
limitandosi a cambiare i soggetti che ne beneficiano, mentre le spese redistributive che consistono nel trasferimento di una
parte del reddito nazionale all’estero, non solo non aumentano il reddito
nazionale disponibile come le spese produttive, né lo lasciano immutato, come le
spese redistributive effettuate all’interno, ma lo
decurtano in quanto il beneficiano della spesa non appartiene all’economia
nazionale.
Una seconda distinzione è quella tra
spesa-prezzo e
spesa-sussidio. La
spesa-prezzo è destinata all’acquisto da parte dello Stato di beni
già prodotti dalle imprese di servizi correnti. E’detta
anche spesa per acquisto di beni e servizi. Come dice la parola stessa, è
un prezzo che lo Stato sostiene per acquistare sul mercato un servizio, un
bene. Non è altro che il corrispettivo di una controprestazione resa allo stato. Si
dice, ed in ciò il criterio viene avvicinato a
quello precedente di spese produttive, che sono spese generatrici di reddito in
quanto determinano una domanda effe di risorse
disponibili sul mercato.
La spesa sussidio è quella che lo Stato si
assume a proprio carico per corrispondere una somma a determinate persone o
gruppi senza chiedere ad essi un particolare
corrispettivo a proprio favore. Tale spesa può essere, però, subordinata ad un
certo comportamento da parte del beneficiario o al verificarsi di date
condizioni. La spesa sussidio viene anche chiamata spesa per
trasferimento e rientrano in questo gruppo gli interessi sul debito
pubblico, i sussidi alle famiglie, alle imprese, al resto del mondo, i
contributi ad enti locali e loro partecipazioni a
entrate statali.
La spesa-sussidio vera e propria può venir considerata un’imposta negativa, e, pertanto, le
proposizioni relative agli effetti delle imposte corrispondono grosso modo a
proposizioni analoghe ma inverse relative ai sussidi. Simile è anche il processo
di traslazione delle spese, nei limiti in cui vi sia
una simmetria nel movimento dei prezzi verso l’alto o verso il basso. Così, la
spesa-sussidio può esser diretta, se il beneficio va a favore della persona alla
quale viene concesso il sussidio, o indiretta, se il
beneficio viene trasferito dalla persona alla quale viene concesso ad un’altra,
in conseguenza di un mutamento dei prezzi con un processo di
traslazione.
In analogia a quanto si osserva per le
imposte, si possono distinguere: spese-sussidio progressive, quando la
proporzione tra l’ammontare del sussidio concesso, rapportato al reddito
complessivo dei beneficiari, diminuisce col crescere del reddito; spese-sussidio
regressive, quando questo rapporto aumenta col crescere del reddito; e
spese-sussidio proporzionali, quando il rapporto si mantiene
costante.
La spesa-sussidio può avere un carattere meramente
redistributjyo, in quanto si proponga esclusivamente di aumentare il reddito delle
famiglie, ad esempio di quelle meno abbienti, senza pertanto avere un’influenza
diretta, immediata sul volume del reddito nazionale. Q può avere un
carattere produttivo se l’erogazione della somma al beneficiano, generalmente un’impresa, viene subordinata
alla produzione di determinati beni. In tal caso costituisce un incentivo
alla produzione, come uno sgravio fiscale, e può venir effettuata onde ridurre i costi di produzione, al fine
di consentire determinati investimenti che altrimenti l’impresa non avrebbe
avuto interesse ad effettuare (p. es. contributo per la
costruzione di una diga, per un bacino idroelettrico).
Si tratta di una distinzione utile soprattutto ai fini
dello studio degli effetti della spesa
pubblica.
Se ci si pone dal punto di vista del singolo, come si
può parlare di imposta-grandine, che in ogni caso
decurta il reddito del contribuente, in quanto il prelievo non viene compensato
da una spesa corrispondente da lui ritenuta utile, così si può parlare di
spesa-dono, per cui l’utente dell’attività finanziaria consegue un’utilità netta
senza un sacrificio corrispondente.
Una terza classificazione consiste nella separazione tra
spese correnti o in beni di consumo, e spese in conto capitale o in
beni di investimento. La separazione delle due
categorie è abbastanza semplice. Le prime sono quelle spese che aumentano i beni
e servizi disponibili nell’anno per il godimento diretto ed immediato dei
singoli individui, mentre le seconde non sono suscettibili di venir godute
nell’anno, ma servono per accrescere in futuro la produzione dei beni o servizi
di godimento diretto. Esempio delle spese del primo tipo: il servizio
medico assistenziale, un contributo ai pubblici
spettacoli, il servizio della giustizia e della sicurezza, ecc.; esempio della
spesa del secondo tipo: la costruzione di una strada o di una
ferrovia.
2. Effetti della spesa-sussidio ad
un’industria.
Come per le imposte si presenta il problema della
ricerca del contribuente inciso in seguito ad un processo di traslazione
dell’imposta, così per le spese sorge un problema analogo: della ne del beneficiario definitivo di una certa spesa dello
Stato.
E’opportuno distinguere l’ipotesi di una spesa
sussidio speciale per
una certa industria da quella di una spesa-sussidio
generale per tutte le industrie. Quando si dice spesa-sussidio non ci si riferisce necessariamente ad un premio monetario
erogato a favore dell’impresa, ma
si può trattare anche della produzione di determinati beni o servizi a carattere
strumentale resi gratuitamente alle imprese (come p. es. le opere di infrastruttura in una zona industriale). Come si
vedrà, non vi è nessuna sostanziale differenza tra il caso in cui il sussidio
venga dato al produttore di un dato bene o al suo
consumatore.
Consideriamo la prima ipotesi, supponendo un regime di
concorrenza perfetta. Si suppone, cioè, che lo Stato
conceda a tutte le imprese appartenenti ad una sola industria, un premio di
produzione o di vendita.
a) Periodi di tempo brevissimi. In periodi di tempo brevissimi in cui la quantità offerta è solo quella esistente nei magazzini, se il prodotto
sovvenzionato è un bene rapidamente deperibile, il premio è commisurato al
volume delle vendite del produttore viene interamente guadagnato dal produttore stesso, non essendoci
alcuno stimolo ad una riduzione immediata dei prezzi di vendita, dato che questi
sono determinati dalla domanda.
Se il premio è dato anziché ai produttori, ai consumatori che acquistano il prodotto
sovvenzionato, il problema non muta sostanzialmente. Il premio al consumo si
traduce in un corrispondente incremento della domanda, la quale, di fronte ad
un’offerta assolutamente rigida (si ricordi che si
è fatta l’ipotesi di un periodo brevissimo), provoca un corrispondente
aumento del prezzo pagato per il prodotto sussidiato. E, quindi, vi è un
processo di traslazione del beneficio dal compratore al venditore che rimane
come nel caso precedente l’unico beneficiano del
premio. Se il bene non è deperibile, ma può venir
conservato a tempo indeterminato, le conseguenze non mutano. Infatti, il
possessore dei beni la cui produzione viene favorita
non ha alcun interesse a differirne la vendita, perché per il futuro ci si può
attendere una riduzione e non un aumento dei prezzi. Invece, può aver interesse
ad affrettare la vendita in quanto esaurendo il magazzino
prima del tempo precedentemente previsto si assicura un maggior ricavo,
profittando dei prezzi temporaneamente più elevati, nel caso in cui la condotta
di un singolo operatore non sia seguita anche dagli altri. Se tale tendenza ad
anticipare le vendite si generalizza, la riduzione del prezzo viene anticipata. Se le scorte sono di un ammontare rilevante
rispetto alle vendite quotidiane, e se tali scorte possono venir ridotte senza
intaccare e compromettere il regolare processo produttivo, è molto
probabile che la previsione di una riduzione dei prezzi in seguito alla
concessione del premio alla produzione non rimanga limitata a pochi
produttori ma si diffonda e, di conseguenza, porti ad un assottigliamento delle scorte, in quanto per ridurre le perdite sulle
giacenze in seguito alle variazioni previste dai prezzi, il ritmo delle vendite
venga affrettato. In tal caso, di fronte ad una intensificata offerta, immutata restando la domanda, in
periodi di tempo brevissimi un premio sulla quantità prodotta provoca una
diminuzione del prezzo del bene sussidiato. Naturalmente, ciò è subordinato al
fatto che trattandosi di un bene conservabile, di questo bene esistano sul
mercato delle quantità eccedenti il fabbisogno
minimo al disotto del quale il ritmo produttivo viene intaccato. Questa
traslazione del premio in periodi brevissimi dal produttore al consumatore è
naturalmente funzione della eccedenza del magazzino
esistente rispetto a quello minimo indispensabile, sempre, ben inteso, nel
limite massimo del premio concesso.
b) Periodi di tempo brevi.
Il premio influisce sulla produzione
nei limiti concessi dalle dimensioni attuali degli impianti, che non possono
venir variate, e dal numero delle imprese attualmente
esistenti, che non può venir aumentato.
In periodi di tempo brevi il prezzo tende a coincidere
col costo marginale e non
necessariamente col costo medio. Pertanto, in periodi
di tempo brevi il regime di concorrenza perfetta non è incompatibile col
presentarsi del fenomeno di rendite positive e negative
nelle singole imprese.
Supponiamo che il premio venga
dato al consumatore in ragione del consumo e commisurato alle unità
consumate.
Questo premio, così commisurato, si traduce in un
aumento della domanda la quale elevando il prezzo corrente sul mercato spinge le
imprese ad aumentare la propria produzione fin al punto in cui i costi marginali
coincideranno col nuovo ricavo marginale. Punto che si trova in corrispondenza di costi medi più elevati dei
precedenti (costi medi crescenti).
Graficamente il ragionamento può venir seguito nel modo
che ora si espone (fig. 18).
Sia nel quadro A rappresentata la
curva dei costi medi (m) e marginali (r)
di un’impresa che agisce in regime di concorrenza. Nel quadro B
si rappresenti la curva di domanda (d) ed offerta (o) di
breve periodo della industria. Il punto di equilibrio E assicura sul mercato il
prezzo OP. In una situazione di equilibrio il prezzo P a sua volta coincide
col punto in cui i costi medi (m) ed i costi marginali (r)
incontrano in ciascuna impresa (punto di fuga di lungo
periodo).
Venga concesso ai consumatori un premio per ciascuna unità
consumata pari a PP1 (= RE).
Ciò significa che per ciascuna quantità
consumata prima del premio, il consumatore è disposto a spendere un prezzo
uguale a quello primitivo aumentato dell’ammontare del premio. Cioè la domanda
d eleva a d’. Il prezzo, dopo un certo periodo, nell’àmbito delle attuali dimensioni e numero di imprese, si fisserà in OP2. A
questo prezzo l’impresa
A farà corrispondere una
produzione 0Q1 (>OQ).
Quindi in periodi brevi il premio per il consumo
PP1 va a beneficio del consumatore
per la parte PP4 e
a beneficio del produttore per PP2
E
P
d1
P1
P
P1
Q2
Q1
Q
O
In sostanza, il premio si traduce in periodi di tempo
brevi in un aumento del prezzo pagato dai consumatori se viene largito ai consumatori o in una sua diminuzione se
viene concesso ai produttori. Naturalmente l’uno o l’altro, a
seconda dei casi, beneficeranno del sussidio che rappresenta una
decurtazione del prezzo netto o un suo aumento, a seconda del beneficiano cui si
riferisce.
c) Periodi di tempo lunghi. Il
sovraprofitto unitario PP2
(il costo medio di
OQ1
è un poco più elevato del costo
medio di OQ e quindi la differenza è minore di
PP2) da un lato richiamerà nuove imprese sul
mercato, dall’altro lato indurrà ciascuna impresa a rivedere le
dimensioni dei propri impianti per assicurare alla nuova produzione un
regime di costi più favorevoli.
Ed in periodi di tempo lunghi le curve di costi
marginali e medi si trasformeranno per ipotesi in quelle indicate con m’ e
r’
in corrispondenza delle quali il punto
di equilibrio (coincidenza tra m’ e r’) di lungo
periodo sarà dato da una quantità prodotta maggiore (0Q2>
OQ1 > OQ). A
queste nuove curve di costi raggiunti dopo lungo periodo, corrisponderà una
nuova curva di offerta di lungo periodo indicato dalla
o’ in corrispondenza del punto di
equilibrio E2,, di lungo periodo.
A lungo andare il prezzo dipenderà dall’andamento della curva dei costi di lungo periodo. Ma è difficile che i costi aumentino di più del premio e, pertanto, si può dire che anche a lungo andare il premio si traduce in una diminuzione del prezzo.
La conclusione vale, naturalmente, nell’àmbito dell’ipotesi posta, di costi crescenti per l’industria.
In definitiva gli effetti nelle due diverse ipotesi
(sussidio al consumatore e sussidio al produttore)
finiscono sempre col coincidere per quanto riguarda la ripartizione del
beneficio tra produttore e consumatore; varia solamente il modo di traslazione.
Nel primo caso si ha una traslazione in avanti del premio attraverso un aumento
dei prezzi pagati dai consumatori, che in parte
vengono, però, compensati dal premio concesso ai consumatori, nel secondo caso
si ha,
invece, un processo di traslazione all’indietro attraverso una
diminuzione dei prezzi.
Naturalmente, la ripercussione del premio muta a seconda di diversi fattori:
— elasticità
della domanda del bene privilegiato.
Tanto più la domanda è rigida, tanto maggiore sarà il
beneficio goduto dal consumatore (minor aumento dei prezzi, se premio di
consumo; maggior riduzione dei prezzi, se premio
di produzione);
— andamento della
curva dei costi. Se i
costi sono costanti il premio si trasferisce
interamente sui consumatori, sia esso concesso ai produttori o ai consumatori
stessi. Se i costi sono crescenti il beneficio goduto dal consumatore è inferiore al premio largito dallo Stato. E ciò è ovvio in quanto l’incremento della produzione avviene
provocando un aumento. dei costi unitari, aumento che
parzialmente assorbe il beneficio del premio. Se i costi, infine, sono
decrescenti, il consumatore oltre che del premio, viene a godere anche del minor
costo implicito nella aumentata
produzione;
__ modo di commisurazione del premio. In primo luogo va tenuto presente che la concessione
di un premio commisurato non già alla produzione corrente, ma
ai nuovi impianti o sotto forma
di contributi una volta tanto alla spesa
di impianto o sotto forma di contributi
annui per l’introduzione o la gestione dei nuovi impianti (sia
pure sotto forma di concorso all’interesse, mutui a tasso di favore, o simili)
provoca degli effetti solo in lunghi periodi di tempo. Cioè solamente dopo che i nuovi impianti sono influenzati
dalla nuova situazione creata dal premio. In tal caso i costi medi di lungo
periodo vengono ridotti, per la riduzione dei costi
fissi.
Infine, è opportuno precisare che se il premio viene concesso alla produzione corrente avrà influenza sulla
traslazione il sistema di commisurazione. In modo particolare il premio
commisurato al valore della produzione modificherà la nuova curva di domanda (se
trattasi di premi al consumo) o la nuova curva di
offerta (se trattasi di premio sulla produzione) in modo da farla
divergere dalla primitiva, nel senso che il premio ad valorem, a parità di tasso iniziale nel punto di
equilibrio orginario, è decrescente col crescere della
quantità venduta, mentre il premio specifico rimane costante. E quindi al produttore il premio specifico riesce più
vantaggioso.
3. Effetti
della spesa-sussidio a tutte le industrie.
Si supponga che la sovvenzione non sia concessa ad una particolare industria, ma a tutte le
industrie indiscriminatamente. Come ipotesi tipica si può considerare il caso in
cui lo Stato procede alla realizzazione di un ampio programma d’opere pubbliche
a carattere strumentale: costruisca nuove strade, nuove linee ferroviarie,
intensifichi l’istruzione tecnica e professionale delle maestranze, migliori
l’organizzazione creditizia, assuma a suo carico
determinati oneri sociali della classe operaia sgravando le imprese, ecc.
Praticamente in questo modo lo Stato aumenta le economie esterne di tutte
le industrie e assumendosi, senza alcuna controprestazione, una parte del costo
di produzione già sostenuto dagli imprenditori, contribuisce a ridurre i costi
medi e marginali delle singole imprese.
Il beneficiario immediato di questo tipo di spesa è l’imprenditore, ma
è agevole comprendere che il beneficiario definitivo, non è
l’imprenditore stesso, in quanto si verifica un
processo di traslazione parziale o totale.
L’imprenditore di fronte alla caduta dei costi marginali
e dei costi medi tende ad aumentare la produzione fino
a quando i nuovi costi marginali coincideranno col livello dei
prezzi. In periodi di
tempo brevi, ciò e condizionato naturalmente alle dimensioni degli impianti
esistenti. Ma in ogni modo questo aumento della
produzione provoca una diminuzione dei prezzi fino a raggiungere un punto di
equilibrio di breve periodo, che dipenderà dalla coincidenza tra nuovi costi
marginali e nuovo livello dei prezzi. La caduta dei prezzi consente il
trasferimento del beneficio, nella misura consentita dall’elasticità della
domanda e dall’andamento della nuova offerta di breve periodo, dall’imprenditore
al consumatore.
Se consideriamo periodi di tempo lunghi, cioè sufficienti perché gli imprenditori adeguino gli
impianti alle nuove esigenze di mercato, l’impostazione logica del problema non
viene a mutare. La misura della traslazione della spesa-sussidio
dall’imprenditore al consumatore dipenderà dall’andamento della curva di
offerta di lungo periodo. Se questa avviene in regime di costi costanti,
i costi medi tenderanno a lungo andare a coincidere col
nuovo livello dei prezzi.
Una sola considerazione conviene fare: che in periodi di
tempo lunghi, soprattutto nel caso in cui tutti i fattori della produzione od
anche uno solo di essi siano interamente occupati, o
per lo meno dal momento in cui l’espansione della produzione riesce a saturare
l’offerta di tutti od anche di un solo fattore della produzione, l’imprenditore
può aumentare le dimensioni dei propri impianti solamente a condizione di
corrispondere ai fattori della produzione interamente occupati (o al fattore
della produzione interamente occupato) un prezzo via via crescente. Ed allora il minor
costo di produzione dovuto alla spesa statale viene del tutto o in parte
compensato dal rincaro del costo di produzione, per le considerazioni che si
sono viste. Si può affermare, pertanto, che in lunghi periodi di tempo le
spese-sussidio possono venir trasferite
dall’imprenditore ai possessori dei fattori della
produzione.
~
Concludendo,
si può dire, pertanto, che la spesa-sussidio concessa a tutte le industrie
provoca in periodi di tempo brevi una diminuzione del livello generale di prezzi
e si trasferisce in tutto o in parte dall’imprenditore al consumatore, mentre in
lunghi periodi di tempo, per il sorgere di nuove imprese allettate dalla
riduzione dei costi generali, e per l’ampliarsi delle dimensioni delle imprese
esistenti, il prezzo di uno o più fattori può aumentare e la traslazione va,
oltre che dall’imprenditore al consumatore, anche dall’imprenditore al
possessore del fattore di produzione. O si può
verificare un’inversione del processo primitivo se il beneficio del sussidio va
dal consumatore al fattore di produzione.
4. Casi particolari della
spesa-sussidio.
Parzialmente diverso (almeno da un punto di vista
formale) si presenta il caso in cui il premio
non venga corrisposto in connessione con la produzione o il consumo d’un
determinato bene, o, attraverso prestazione gratuita di una serie di beni
strumentali per l’impresa privata, a tutte le industrie
indiscriminatamente, ma a determinate categorie di consumatori elevando con
un sussidio il loro potere d’ acquisto (per es., un
sussidio ai disoccupati).
Per considerare tale caso, a prescindere da effetti in
termini macroeconomici, bisogna tener presente che non tutti i beneficiari
del sussidio hanno la medesima configurazione di gusti né, pertanto, lo stesso
piano del consumatore. L’attribuzione di questo nuovo potere d’acquisto a
certe classi sociali viene ad incrementare in misura diversa la
domanda dei singoli beni, e per taluni di essi, si
può anche verificare, per l’effetto di sostituzione, una diminuzione della
domanda.
L’aumento della domanda provoca in periodi di tempo
brevissimi un aumento dei prezzi del bene o dei beni maggiormente chiesti in seguito al sussidio concesso. Il
primo effetto, pertanto, è di trasferire parte del premio dal consumatore al
produttore, il quale aumenterà il profitto.
In periodi di tempo brevi, l’aumento del prezzo provoca
una dilatazione della produzione fino a far
coincidere la curva dei costi marginali con il più elevato livello dei
prezzi. E raggiunto il nuovo equilibrio
di breve periodo, si avrà un livello dei prezzi maggiore,
uguale o minore di quello primitivo a seconda che la produzione del bene
avvenga in regime di costi crescenti, costanti o
decrescenti.
A lungo andare, poi, il prezzo si adeguerà, in base alla nuova
domanda, alla curva dei costi di lungo periodo, con l’eventuale traslazione sui
fattori della produzione di cui si disse più sopra.
Un secondo caso particolare che merita di essere
esaminato è quello relativo al premio per
l’esportazione che lo Stato può dare a quanti vendano
all’estero una parte della propria produzione, cioè al consumatore
estero.
Si consideri un determinato bene che venga contemporaneamente venduto tanto sul mercato
interno quanto sul mercato esterno . Sia il suo costo di produzione
(decrescente) indicato dalla curva o.
Questo bene venga assoggettato a due domande. Alla domanda del mercato interno d; ed alla domanda del
mercato esterno de
così che la domanda complessiva è dc. . Ciò significa, ad
esempio, che al prezzo OM il mercato estero domanda MM1
unità e quello interno MM2
unità, in tutto MM3
(=MM1+MM2).
Alle curve di domanda e dei costi tracciati nel grafico
corrisponde il prezzo di equilibrio OP,
in corrispondenza del quale si vende la quantità PR1
sul mercato esterno e PR2 sul mercato
interno, così da vendere complessivamente la quantità
PR3.
Conceda, ora, lo Stato un
premio di esportazione in ragione di TM,
per ciascuna unità esportata. Ciò
significa per l’impresa esportatrice che per ogni unità
venduta all’estero il ricavo aumenta in misura del premio
concesso. Per l’impresa è come se il
prezzo si sdoppiasse restando immutato quello interno ed aumentando quello
esterno.
Se il premio è pari a MT (= PP1 = P2P3) la nuova
curva di domanda del mercato estero sarà data da
d’e e di
conseguenza la nuova curva complessiva di domanda sarà data dalla
d’c .
Il costo unitario (l’industria nell’ipotesi fatta
produce in ragione di costi decrescenti) diminuisce scendendo da OP
a 0P2.. E di conseguenza,
essendo un regime di concorrenza perfetta, il prezzo di vendita sul mercato
interno scende da OP a 0P2 e quello sul
mercato esterno scende da OP a 0P3 (la differenza di
P2P3 è a carico dello Stato e corrisponde al sussidio).
Il sussidio all’esportazione, pertanto, si trasferisce a
favore dei consumatori esteri in misura pari al premio d’esportazione con in più il vantaggio della decrescenza dei
costi. I consumatori interni, però, se
da un lato
subiscono come contribuenti l’aggravio delle spese per i sussidi,
dall’altro si avvantaggiano come consumatori, perché beneficiano della riduzione
dei costi.
È appena il caso di avvertire che
il sistema del sussidio all’esportazione può funzionare solamente in quanto
il paese esportatore si circondi di un dazio doganale d’importazione in misura
per lo meno pari al premio. Altrimenti i consumatori interni
approfitterebbero dello sdoppiamento del prezzo per acquistare il prodotto
all’estero.
Però se invece di un regime di costi decrescenti si
suppone un regime di costi crescenti, il ragionamento parzialmente muta, in quanto
tanto i consumatori interni che quelli esteri vengono a subire un inasprimento
dei costi in seguito alla espansione della
produzione.
Inasprimento che costituisce un netto aggravio per i
consumatori interni e che si traduce in un minor premio per i consumatori
esteri.
5. Effetti
economici della spesa-prezzo.
Se lo Stato dipende una certa somma per acquistare
determinati prodotti o l’uso di
fattori della produzione per produrre beni
strumentali o di consumo, si possono avere
i seguenti effetti:
a) Periodi di tempo
brevissimi. La prima manifestazione
della spesa consiste in una domanda
di beni e di fattori. Questa domanda in
periodi di tempo brevissimi influisce sulla quantità di beni e fattori esistenti
e disponibili sul mercato.
Per quanto riguarda i beni esistenti, la domanda dello
Stato si può non tradurre in un aumento
del prezzo, solamente in un caso: quando i
beni esistenti siano disponibili nella quantità desiderata. Ma salvo questa ipotesi la domanda addizionale dello Stato costituisce
una ragione di aumento del prezzo dei beni richiesti.
Per quanto riguarda i fattori della produzione, la
domanda addiziona-le proveniente dallo Stato, si traduce in un aumento del loro
prezzo, a meno che il fattore della produzione
richiesto sia disoccupato sul mercato e l’eccesso non impiegato superi la
quantità domandata dallo Stato, oppure essendo il fattore richiesto interamente
occupato, questo sia tecnicamente o economicamente non disinvestibile rapidamente dal ciclo produttivo in cui è investito.
Ma saivo questa ipotesi la spesa pubblica tende a provocare
immediatamente un aumento del prezzo dei beni e fattori della produzione che lo
Stato chiede, e si ha pertanto un processo di ripercussione nel
senso indicato.
b) Periodi di tempo brevi. In
periodi di tempo brevi le imprese che producono i beni chiesti dallo Stato, di
fronte all’aumento del loro prezzo, intensificheranno la produzione
compatibilmente con gli impianti esistenti fino a che il costo marginale di
questi beni coinciderà col nuovo prezzo. Questa maggiore offerta di beni
contiene l’aumento dei prezzi che si era verificato
immediatamente e riporta il prezzo corrente del bene al costo di produzione di
breve periodo proprio della nuova quantità complessivamente
domandata.
In periodi di tempo brevi un altro elemento appare sul
mercato. I maggiori redditi conseguiti dalle imprese in seguito all’aumento del
prezzo e delle quantità vendute, e dai fattori della produzione precedentemente disoccupati ed ora impiegati o già impiegati
ed ora più altamente retribuiti, dànno luogo, in
quanto vengano spesi. ad un aumento della domanda di
beni da parte di questi beneflciari. Aumento di
domanda che costituisce un secondo motivo di aumento
dei prezzi, sia pure relativamente a beni diversi da quelli considerati
precedentemente.
Questo motivo d’aumento dei prezzi potrà sommarsi con
quello relativo alla domanda statale, se questa
continuerà a persistere, o potrà del tutto o parzialmente sostituirla, se la
domanda statale sarà cessata nel momento in cui questi maggiori redditi verranno
spesi.
c) Periodi di tempo lunghi. A lungo
andare il ciclo di produzione del
bene o servizio che lo Stato intende rendere si chiude e sul mercato affluisce
il bene o servizio che viene reso gratuitamente agli
utenti.
Se lo Stato attraverso il processo produttivo originato
dalla spesa sostenuta immette sul mercato beni strumentali (costruisce una
strada) il costo di produzione delle imprese si riduce
e ne derivano tutte le conseguenze esaminate parlando della spesa-sussidio a
favore delle imprese.
Se detti beni strumentali vengono offerti sul mercato in concorrenza con i beni
strumentali prodotti da privati, si può determinare una riduzione del tasso
d’interesse. Non si ha invece nessuna riduzione del tasso d’interesse se questa offerta non concorre in alcuna misura a compensare la
domanda di beni strumentali
privati.
Se lo Stato ha dato luogo alla produzione di beni di
consumo, gli individui vengono a godere gratuitamente di questi
beni.
Ora, è necessario distinguere il caso in cui il bene
reso dallo Stato abbia sul mercato altri beni
concorrenti nella domanda e già precedentemente consumati dalla
collettività, dal caso in cui il bene reso dallo Stato abbia sul mercato altri
beni complementari. Nel primo caso, l’offerta di beni di consumo da parte
dello Stato, provoca una diminuzione del prezzo di tutti i beni ad esso concorrenti ed il potere d’acquisto reso così
disponibile potrà venir destinato ad acquistare altri beni, provocando un
aumento del prezzo relativo, che potrà —
in periodi brevi — compensare il
ribasso precedente.
Nel secondo caso la disponibilità gratuita di
determinati beni rende conveniente l’intensiflcazione
della domanda dei relativi beni complementari i quali, in periodi di tempo
brevi, aumenteranno il loro prezzo, mentre la contrazione conseguente della
domanda di tutti gli altri beni ora non più richiesti provoca una caduta nei
loro prezzi.
In ogni modo la produzione di beni di consumo elargita
gratuitamente alla collettività può causare in determinati casi, un aumento di
certi prezzi.
181
NOTE
BIBLIOGRAFICHE
Per un’impostazione generale degli effetti della spesa
pubblica, oltre ai Principi del DE VITI DE M~aco
si veda la bibliografia citata in
SCOTTO A., A proposito
della considerazione della spesa statale nella teoria degli effetti dei
tributi, in “ Studi
economici ed aziendali ”, 1947,
Il.
Si veda inoltre: BATOR F. M., The Question of Government
Spending, Harper Row, New York 1960; BURKHEAD J., MINER I., Public Expenditure,
Macmillan, Londra 1971; CHASE 5. B., Problema in Public
Expenditure Analysis, Brookings Institution, Washington 1958; Mc Ka~ R.
N.,
Public Spending,
Me
Graw Hill, New York 1968; Mc Lus~a C. E., The Theory oj
Expenditure Incidence, in “ Finanzarchiv ”, 1973, n.
3;
SCHULTZE C. L., The Politics and Economica of Public Spending, Brookings Institution, Washington 1968;
SIGNORELLI G., Problemi teorici sugli effetti dell’imposta in rapporto alla spesa pubblica, Davite, Firenze 1951; STEFANI G., Contributo alla teoria degli effetti economici della spesa pubblica, Cedam, Padova 1953; SÀHNI B. 5. (a cura di), Public
Expenditure, University Press, Rotterdam 1972; ZINGALI G., AMATO A., La
spesa pubblica, Utet, Torino
1965.