Le attività del settore pubblico.
analisi positiva
2.1. Introduzione
Negli Stati contemporanei con elevato livello di reddito, la spesa effettuata dal settore pubblico rappresenta una frazione molto alta — sovente superiore al 50% — del prodotto nazionale. Questo fatto comporta che il settore pubblico, attraverso i vari comparti che lo compongono, esercita una gamma vastissima di attività, che influenzano non solo l’economia, ma il complesso della vita sociale.
Per quanto importante, la spesa pubblica non rappresenta però un indicatore sufficientemente adeguato, non solo della dimensione e dell’intensità dell’intervento pubblico, ma nemmeno dell’attività produttiva che fa capo a decisioni del settore pubblico.1
Anche se gli obiettivi dell’azione pubblica possono essere raggiunti in modo per molti versi uguale con l’utilizzo di una impresa privata al posto di un ente pubblico, o con diverse combinazioni di attività fra i due organismi come spesso accade, nondimeno permangono differenze sostanziali fra il modo di operare del settore privato rispetto a quello pubblico, che fanno sì che la scelta di fornire un dato servizio direttamente tramite il settore pubblico o con un’impresa privata non sia indifferente.
Occorre analizzare le attività produttive e di spesa intraprese dal settore pubblico, indipendentemente dal fatto che, per la produzione, ci si serva di enti pubblici o di imprese private, e nell’esaminare quali sono le loro caratteristiche distintive rispetto alle attività svolte dal settore privato. In altre parole, cercheremo di concentrare l’analisi sulle caratteristiche unificanti — se vi sono — dei beni e servizi forniti, e non necessariamente prodotti, dal settore pubblico.
. La spesa pubblica di trasformazione e di trasferimento
Un’ulteriore precisazione si rende necessaria prima di affrontare il tema. Essa è relativa alla principale classificazione della spesa pubblica effettuabile sotto il profilo dell’impatto della spesa stessa sull’organizzazione del sistema economico. Specificamente, la spesa pubblica si divide in due grandi categorie: la spesa di trasformazione e la spesa di trasferimento.
· La spesa di trasformazione comporta l’esercizio di un’attività produttiva da parte del settore pubblico, cioè l’acquisto di fattori produttivi, la loro combinazione e organizzazione per dare luogo a una produzione finale di beni o di servizi, utilizzabili, o come consumo finale da parte di individui o imprese, oppure come beni intermedi per altre produzioni. In altre parole, la spesa di trasformazione contribuisce alla ricchezza nazionale con la formazione di valore aggiunto.
· La spesa di trasferimento consiste invece nella semplice erogazione di valori monetarij cioè di potere d’acquisto. Come tale, essa dà luogo a una semplice redistribuzione della ricchezza, e non alla sua creazione. Essa è diretta sia agli individui (in questo caso prevalgono gli aspetti distributivi, come nel caso dei sussidi alla disoccupazione, alla povertà o alla vecchiaia), sia alle imprese (nel qual caso prevalgono generalmente gli obiettivi allocativi: sviluppo dell’occupazione o degli investimenti in determinate aree o settori). Come tale, la spesa di trasferimento non implica in alcun modo la sostituzione del settore privato con quello pubblico, anche se ne condiziona ovviamene il modo di operare e dunque i risultati.2
I beni e servizi a consumo collettivo e i beni e servizi a consumo individuale
Il settore pubblico nei diversi paesi produce e fornisce in prevalenza beni e servizi a carattere collettivo, ma non solo questi. Sono infatti prodotti dal settore pubblico anche beni e servizi a carattere non collettivo o privato. Inoltre, in tutti i sistemi economici moltissimi beni e servizi a carattere collettivo sono prodotti all’esterno del settore pubblico da privati, club, associazioni, cooperative ecc.
Per procedere nel nostro esame dobbiamo dunque iniziare a spiegare che cosa si intende per beni e servizi collettivi e, per contro, per beni e servizi privati.
E bene chiarire che questa distinzione fa riferimento alle caratteristiche del consumo dei diversi beni, cioè a un aspetto economico, e non alla situazione istituzionale in cui sono prodotti o consumati.
I beni e servizi collettivi, o a consumo collettivo, sono caratterizzati dal fatto che il consumo degli stessi da parte di un individuo è compatibile, o meglio non rivale, con il consumo degli stessi da parte di uno o più altri individui.
In termini economici più precisi si può affermare che il carattere collettivo di un bene o di un servizio consiste nel fatto che l’aggiunta di uno o più consumatori non comporta un aumento di costo nella produzione e/o distribuzione del servizio stesso.
Se X è la quantità totale consumata di un certo bene o servizio e
..., X, sono le quantità consumate dai singoli n individui, il bene o servizio in questione avrà caratteristiche di bene collettivo se:
x=x1 =x2 =x3 =
Per contro, i beni e servizi privati, o a consumo individuale, si caratterizzano per il fatto che il loro consumo da parte di un individuo e incompatibile, o meglio rivale, con il consumo da parte di uno o più altri individui. In altre parole, si può anche dire che il bene è perfettamente divisibile fra i consumatori. Sulle linee della precedente definizione, si può affermare che il carattere privato del consumo di un bene o servizio consiste nel fatto che l’aggiunta di uno o più consumatori comporta un incremento della quantità totale del bene o servizio consumata.
x=x1+x2+x3...xn
Per fare alcuni semplici esempi: una partita di calcio è un bene a consumo collettivo: nell’ambito della capienza dello stadio, l’aggiunta di uno o più spettatori non produce alcun costo aggiuntivo di produzione della partita.
Per contro, le mele o le arance costituiscono classici esempi di beni a consumo privato. Il loro consumo da parte di un individuo ètotalmente incompatibile con quello di un altro.
È bene mettere in chiaro che non esiste una distinzione netta, in due sole categorie, fra beni e servizi a carattere collettivo e beni e consumo a carattere privato.3
La spiegazione diventa più chiara con il ricorso ai termini algebrici elementari prima utilizzati.
Definiamo con a il grado di rivalità del consumo di un bene. Esso è espresso dalla percentuale di aumento della quantità totale provocato dall’aggiunta, al primo consumatore, di uno o più consumatori. Questo parametro a avrà un valore di 1, nel caso dei beni o servizi completamente privati (o “beni privati puri”); avrà valore di O nel caso dei beni completamente, o tipicamente, collettivi (o “beni collettivi puri”).
Facciamo il caso di due soli individui, a e b, la quantità totale sarà:
X = Xa + a Xb.
Se il bene è privato:
a=1,
X=X0+Xb.
Se il bene è collettivo:
a= O,
XXaXb.
Se il bene ha caratteristiche intermedie fra il privato e il collettivo, a può assumere tutti i valori compresi fra O e I.
Le caratteristiche distintive dei beni a consumo collettivo rispetto a quelli a consumo individuale o privato risultano più chiare quando si introduce il concetto di esternalità, al quale occorre dedicare un po’ di attenzione.
Le estemalità possono essere definite come gli effetti — che possono essere sia vantaggiosi che svantaggiosi — provocati sull’attività di produzione e/o di consumo di un individuo dall’attività di produzione o di consumo di un altro individuo, che non si riflettono nei prezzi pagati o ricevuti.
Il fumo della ciminiera di una fabbrica è un esempio classico e immediato di esternalità negativa.
La tecnica utilizzata dalla fabbrica per la sua produzione ha come sotto-prodotto il fumo, che viene consumato, anche se involontariamente, da coloro che risiedono vicino alla fabbrica e respirano l’aria contaminata dal fumo. L’esternalità può anche riguardare il processo di produzione di un altro individuo. Come, ad esempio, nel caso di un prato adiacente alla fabbrica, di proprietà di un agricoltore, che è danneggiato dalle emissioni di fumo. Un esempio altrettanto facile di esternalità, questa volta positiva, è dato dai prati circostanti quelli di proprietà dell’agricoltore. Le api di quest’ultimo possono nutrirsi infatti del polline dei fiori dei prati di proprietà altrui.
Le esternalità esistono quando, data la definizione esistente dei diritti di proprietà, cioè i diritti e gli obblighi incombenti su chi esercita un’attività economica il produttore non ha l’obbligo di indennizzare i consumatori o i produttori danneggiati dalle sue attività o, nel caso dei prati circostanti l’agricoltore, quando i loro proprietari non hanno modo di farsi ripagare dei vantaggi da essi prodotti.
La presenza di esternalità sia positive, nel qual caso sono note come economie esterne, che negative, nel qual caso sono note come diseconomie esterne, implica l’esistenza di un’insufficienza nel meccanismo di mercato, nel senso che le scelte degli individui sono effettuate sulla base di prezzi e di costi che non riflettono il valore effettivo delle risorse utilizzate. Ritorniamo al caso della nostra fabbrica che emana fumo.
Il produttore agirà sulla base di un costo della sua attività, il costo privato, che è inferiore a quello che sopporterebbe se dovesse pagare degli indennizzi per i danni provocati ai vicini, cioè al costo sociale (somma dei costi privati e dei danni sopportati dagli altri).
Il risultato è che egli tenderà a spingere la produzione oltre il livello cui la porterebbe se dovesse tenere conto anche delle esternaltta, cioe del costo sociale. Di qui l’imperfetto funzionamento del meccanismo di mercato.
Ora, proprio in relazione alla definizione di beni o servizi a carattere collettivo, è evidente che la presenza di esternalità è concatenata alla natura ditali beni. In effetti, il singolo che decide di produrre un bene che ha un utilizzo collettivo produce qualcosa che, senza aggiunta di costo, o con un’aggiunta minima, può essere utilizzato o consumato da altri. Crea, in altre parole, economie esterne, positive o negative.
La produzione di economie esterne è massima nel caso dei beni collettivi puri, in cui il parametro a è uguale a O, ed è minima nel caso
Si è scritto appositamente minima e non nulla. Non solo perché è difficile immaginare una qualche azione individuale che non abbia alcun effetto esterno presente o futuro dei beni privati puri, in cui il parametro a è uguale a I. La classificazione della infinità dei casi intermedi fra i due estremi dei beni privati puri e dei beni collettivi puri può essere allora effettuata sulla base dell’intensità, o importanza, delle esternalità prodotte.Il carattere di consumo collettivo associato a un bene o servizio, cioè la presenza di esternalità, lo predispone naturalmente a un processo di fornitura da parte di una pluralità di persone. Il singolo interessato alla produzione di un bene, che produce economie esterne, cercherà altri individui per effettuare congiuntamente la produzione e dividerne il costo, perché questo non aumenta — beninteso all’interno di determinati limiti — all’aumento del numero degli utilizzatori, o consumatori.
2.5. I beni pubblici puri
Ci avviciniamo così al problema delle produzioni pubbliche, cioè da parte del settore pubblico. E ancora necessario effettuare un ulteriore passo, introducendo un nuovo concetto: quello di non-escludibilità. Esso si sostanzia nella difficoltà, o impossibilità, per il produttore di un bene, o servizio, di escludere gli altri individui dai benefici ditale produzione. La non-escludibilità può essere di duplice ordine: tecnica ed economica. Un esempio di non-escludibilità tecnica è costituito dalle trasmissioni radiofoniche o televisive. Dato un sistema di ripetitori che coprono una regione, non è tecnicamente possibile escludere taluni cittadini, piuttosto che altri, dall’accesso a queste emissioni.
Un altro esempio — sempre tecnico — è costituito dalla difesa contro l’esterno. Un pacifista è difeso, allo stesso modo degli altri cittadini, dall’esercito del suo paese.
La non-escludibilità economica trova per contro origine, non in motivazioni tecniche, ma nel costo elevato che comporta l’esclusione di taluni individui dal servizio. L’accesso a un parco naturale è tecnicamente governabile: basta assumere un numero congruo di sorveglianti. Questo numero può essere così elevato da scoraggiare chiunque dalla gestione a scopo di lucro di un parco naturale. Ovviamente, la non-escludibilità di tipo economico è un concetto di tipo relativo: può cioè avere diverse gradazioni in contrasto a quella di tipo tecnico, che ha invece carattere assoluto, cioè esiste o non esiste.
Possiamo a questo punto cominciare a trarre alcune conclusioni dai ragionamenti che abbiamo svolto, utilizzando i concetti che abbiamo
ro. Facciamo il caso del consumo della mela, o di un qualsiasi altro bene a consumo strettamente individuale. Che l’effetto esterno del singolo atto non sia nullo diventa evidente, quando si passa al risultato combinato di una serie di atti individuali di consumo. Gli italiani, ad esempio, si scoprono un’improvvisa passione per un frutto. L’aumento della domanda darà luogo, nel breve periodo, a un aumento del prezzo e, nel lungo periodo, a una sua riduzione provocata dall’incremento del volume di produzione. L’esempio, ora fatto, mette in evidenza la presenza di esternalità di tipo “pecuniario”, che si sostanziano cioè in movimenti di prezzi e non in effetti di tipo reale.
Quando un bene o servizio è caratterizzato dalla compresenza delle due caratteristiche della non rivalità del consumo (il coefficiente a è uguale a O) e dalla non escludibilità dai benefici da esso arrecati, non vi è alcuna possibilità di una sua produzione su base privata. Non esiste cioè nessun individuo o impresa in grado di intraprendere su base economica, avendone cioè un vantaggio, la sua produzione. Questa dà infatti luogo a vantaggi (esternalità) a favore di altri individui che il suo produttore non è assolutamente in grado di ripagarsi applicando il meccanismo dei prezzi.
Questi beni, o servizi, costituiscono la categoria dei beni pubblici puri. Poiché non esiste convenienza economica privata alla loro produzione, questa deve necessariamente avvenire tramite il settore pubblico. Tramite, cioè, un’organizzazione che ha la capacità, la forza di coazione, di far pagare con un meccanismo diverso dal prezzo, cioè con dei prelievi di tipo obbligatorio, il costo della produzione e della distribuzione dei beni pubblici puri.
I ragionamenti finora svolti sono riassunti nel diagramma a flussi riportato nella fig. 2, nel quale le caratteristiche di rivalità/non rivalità e di escludibilità/non escludibilità sono combinate fra loro per dar luogo a quattro casi polari di beni o servizi.
Il percorso inizia in alto a sinistra, con le caratteristiche di rivalità, o meno, nel consumo. Se la risposta è negativa — freccia verso il basso — entriamo nel caso dei beni collettivi, o meglio a consumo collettivo.
Soltanto quando alla non rivalità si unisca la non escludibilità, o tecnica o economica, dei beni entriamo nel campo dei beni pubblici puri, cioè delle produzioni che non possono essere effettuate, se non dal settore pubblico.
Se invece l’esclusione è tecnicamente possibile, e al tempo stesso conveniente sotto il profilo economico, abbiamo il caso dei beni collettivi prodotti all’infuori del settore pubblico.
Ritorniamo al punto di partenza e spostiamoci questa volta verso destra, siamo cioè nel caso dei beni rivali, cioè a consumo privato. Da un punto di vista tecnico/economico è sempre possibile escludere qualcuno dal consumo di un bene rivale. L’escludibilità dipende quindi da una decisione di tipo “politico” (sotto questo profilo, dunque, la combinazione delle due caratteristiche è imperfetta). I beni non rivali sono dunque producibili integralmente dal settore privato. Non applicare la escludibilità significa dunque adottare un processo di produzione e/o di distribuzione pubblico, che la collettività decide sulla base di caratteristiche del bene (molto spesso, per considerazioni relative all’incidenza sulla distribuzione del reddito).
I beni pubblici puri sono importanti più da un profilo analitico, collegato alle caratteristiche distintive rispetto ai beni privati, che da un profilo di rilevanza pratica. Le loro caratteristiche definitorie — non rivalità e non escludibilità assolute — sono così rigide da rendere nella prassi, cioè nella realtà osservabile, molto ridotto il numero di beni pubblici puri.
Fra le due categorie polari dei beni privati puri e dei beni pubblici
2.10. Conclusioni
Abbiamo introdotto in questo capitolo alcuni concetti fondamentali per l’analisi successiva, affrontando il problema di spiegare cosa e perché viene prodotto, o fornito, dal settore pubblico.
Si è, in primo luogo, osservata la caratteristica distintiva dei beni collettivi, rispetto a quelli privati e cioè la non rivalità. Abbiamo successivamente introdotto il concetto di non escludibilità, per arrivare così alla nozione di bene pubblico puro.
Si è quindi chiarito che la nozione di bene pubblico puro è analiticamente molto importante, ma non descrive tutta l’attività del settore pubblico, che comprende una gamma diversissima di beni, che vanno dai beni pubblici puri a quelli privati puri. Abbiamo analizzato in questo contesto anche il concetto di bene pubblico misto.
Abbiamo successivamente ampliato l’orizzonte dell’analisi, passando in rassegna le situazioni e i fattori in grado di spiegare le uniformità che si osservano nelle attività svolte dal settore pubblico nei diversi paesi.
Infine, abbiamo affrontato il problema della determinazione della domanda di beni pubblici, mettendo in evidenza la differenza fondamentale rispetto al settore privato e cioè la non rivelazione delle preferenze, che è all’origine del sistema di finanziamento mediante entrate di tipo generale, e che spiega l’inevitabilità della coazione insita nell’attività produttiva pubblica.
Appendice. La scelta fra soluzioni private e collettive: un esempio
Gli argomenti che sono stati sviluppati nei paragrafi 2.8 e 2.9 possono essere illustrati con il ricorso all’esempio classico della lotta contro le zanzare. Consideriamo una città di 5.000 abitanti infestata dalle zanzare. Per combatterle esistono due soluzioni. La prima è di tipo privato e consiste nell’acquistare bombolette di disinfestante e irrorare di esso la casa e il proprio giardino. La soluzione è probabilmente efficiente solo se adottata da tutti, poiché solo in tal modo si elimina drasticamente il problema. Una seconda possibilità, di tipo collettivo, consiste nell’affittare un elicottero che effettui le irrorazioni per tutta la città. Le due soluzioni sono rappresentate nella fig. 7. Sugli assi sono rappresentati, in verticale, il costo di abbattimento delle zanzare e, in orizzontale, la quantità di zanzare abbattute. La curva DD rappresenta la solita curva di domanda individuale. Indica cioè il prezzo che un cittadino è disposto a pagare per ogni quantità di zanzare abbattute.
La soluzione privata è rappresentata dalla curva CM1, che indica il costo (supponiamo 1.000 lire) di acquisto di una bombola che permette l’abbattimento di un certo numero, unità, di zanzare. Anche nell’esempio, dunque, il costo unitario coincide con quello marginale. Quantità maggiori di zanzare possono essere abbattute acquistando più bombolette.
La seconda soluzione è indicata dalla curva CM2. Con la spesa complessiva di un milione si è in grado di affittare un elicottero che con le sue irrorazioni abbatte per ogni cittadino una quantità di zanzare uguale a quella abbattuta da una bomboletta.
Se un cittadino sceglie la prima soluzione, quella individuale, acquisterà,
EFFETTI GENERALI DELLA SPESA PUBBLICA
SOMMARIO: 1. Concetti generali. — 2. Effetti della spesa-sussidio ad un’indutria. — 3. Effetti della spesa-sussidio a tutte le industrie. — 4. Casi particolari defla spesa-sussidio. — 5. Effetti della
spesa-prezzo. — Note bibliografiche.
1. Concetti generali.
Lo Stato consegue i suoi obiettivi a mezzo della spesa pubblica diretta ad acquistare i fattori necessari per produrre i beni pubblici da mettere a disposizione della collettività o per acquistare i beni direttamente dalle imprese, o, ancora, per dare alle famiglie o alle imprese sussidi o per fin meramente redistributivi o per incentivare determinate produzioni non assunte direttamente dallo Stato.
Gli effetti sul sistema economico variano a seconda delle modalità e del tipo delle spese stesse. necessario premettere, pertanto, un’indicazione delle varie categorie di spese.
Una prima distinzione della spesa pubblica è tra spese produttive e spese redistributive.
La differenza consiste nel fatto che la spese produttive dà luogo alla creazione di beni economici, cioè nazionale, mentre la spesa redistributiva non da luogo alla creazione di beni economici e, benché accresca il reddito individuale del beneficiano, lascia immutato il reddito nazionale, in quanto presuppone la decurtazione del reddito o del patrimonio di un altro individuo. Esempio di spesa produttiva è la costruzione di una strada, di un ponte, di una ferrovia; esempio di spesa redistributiva è il sussidio ai disoccupati o gli aiuti economici da7ti alle classi sociali meno abbienti.
Un problema particolare sorge per le spese redistributive effettuate all’estero (donazioni ai paesi sottosviluppati, pagamenti di riparazioni di guerra). Le spese redistributive lasciano immutato il reddito nazionale disponibile se effettuate all’interno limitandosi a cambiare i soggetti che ne beneficiano, mentre le spese redistributive che consistono nel trasferimento di una parte del reddito nazionale all’estero, non solo non aumentano il reddito nazionale disponibile come le spese produttive, né lo lasciano immutato, come le spese redistributive effettuate all’interno, ma lo decurtano in quanto il beneficiano della spesa non appartiene all’economia nazionale.
Una seconda distinzione è quella tra spesa-prezzo e spesa-sussidio. La spesa-prezzo è destinata all’acquisto da parte dello Stato di beni già prodotti dalle imprese di servizi correnti. E’detta anche spesa per acquisto di beni e servizi. Come dice la parola stessa, è un prezzo che lo Stato sostiene per acquistare sul mercato un servizio, un bene. Non è altro che il corrispettivo di una controprestazione resa allo stato. Si dice, ed in ciò il criterio viene avvicinato a quello precedente di spese produttive, che sono spese generatrici di reddito in quanto determinano una domanda effe di risorse disponibili sul mercato.
La spesa sussidio è quella che lo Stato si assume a proprio carico per corrispondere una somma a determinate persone o gruppi senza chiedere ad essi un particolare corrispettivo a proprio favore. Tale spesa può essere, però, subordinata ad un certo comportamento da parte del beneficiario o al verificarsi di date condizioni. La spesa sussidio viene anche chiamata spesa per trasferimento e rientrano in questo gruppo gli interessi sul debito pubblico, i sussidi alle famiglie, alle imprese, al resto del mondo, i contributi ad enti locali e loro partecipazioni a entrate statali.
La spesa-sussidio vera e propria può venir considerata un’imposta negativa, e, pertanto, le proposizioni relative agli effetti delle imposte corrispondono grosso modo a proposizioni analoghe ma inverse relative ai sussidi. Simile è anche il processo di traslazione delle spese, nei limiti in cui vi sia una simmetria nel movimento dei prezzi verso l’alto o verso il basso. Così, la spesa-sussidio può esser diretta, se il beneficio va a favore della persona alla quale viene concesso il sussidio, o indiretta, se il beneficio viene trasferito dalla persona alla quale viene concesso ad un’altra, in conseguenza di un mutamento dei prezzi con un processo di traslazione.
In analogia a quanto si osserva per le imposte, si possono distinguere: spese-sussidio progressive, quando la proporzione tra l’ammontare del sussidio concesso, rapportato al reddito complessivo dei beneficiari, diminuisce col crescere del reddito; spese-sussidio regressive, quando questo rapporto aumenta col crescere del reddito; e spese-sussidio proporzionali, quando il rapporto si mantiene costante.
La spesa-sussidio può avere un carattere meramente redistributjyo, in quanto si proponga esclusivamente di aumentare il reddito delle famiglie, ad esempio di quelle meno abbienti, senza pertanto avere un’influenza diretta, immediata sul volume del reddito nazionale. Q può avere un carattere produttivo se l’erogazione della somma al beneficiano, generalmente un’impresa, viene subordinata alla produzione di determinati beni. In tal caso costituisce un incentivo alla produzione, come uno sgravio fiscale, e può venir effettuata onde ridurre i costi di produzione, al fine di consentire determinati investimenti che altrimenti l’impresa non avrebbe avuto interesse ad effettuare (p. es. contributo per la costruzione di una diga, per un bacino idroelettrico).
Si tratta di una distinzione utile soprattutto ai fini dello studio degli effetti della spesa pubblica.
Se ci si pone dal punto di vista del singolo, come si può parlare di imposta-grandine, che in ogni caso decurta il reddito del contribuente, in quanto il prelievo non viene compensato da una spesa corrispondente da lui ritenuta utile, così si può parlare di spesa-dono, per cui l’utente dell’attività finanziaria consegue un’utilità netta senza un sacrificio corrispondente.
Una terza classificazione consiste nella separazione tra spese correnti o in beni di consumo, e spese in conto capitale o in beni di investimento. La separazione delle due categorie è abbastanza semplice. Le prime sono quelle spese che aumentano i beni e servizi disponibili nell’anno per il godimento diretto ed immediato dei singoli individui, mentre le seconde non sono suscettibili di venir godute nell’anno, ma servono per accrescere in futuro la produzione dei beni o servizi di godimento diretto. Esempio delle spese del primo tipo: il servizio medico assistenziale, un contributo ai pubblici spettacoli, il servizio della giustizia e della sicurezza, ecc.; esempio della spesa del secondo tipo: la costruzione di una strada o di una ferrovia.
2. Effetti della spesa-sussidio ad un’industria.
Come per le imposte si presenta il problema della ricerca del contribuente inciso in seguito ad un processo di traslazione dell’imposta, così per le spese sorge un problema analogo: della ne del beneficiario definitivo di una certa spesa dello Stato.
E’opportuno distinguere l’ipotesi di una spesa sussidio speciale per
una certa industria da quella di una spesa-sussidio generale per tutte le industrie. Quando si dice spesa-sussidio non ci si riferisce necessariamente ad un premio monetario erogato a favore dell’impresa, ma si può trattare anche della produzione di determinati beni o servizi a carattere strumentale resi gratuitamente alle imprese (come p. es. le opere di infrastruttura in una zona industriale). Come si vedrà, non vi è nessuna sostanziale differenza tra il caso in cui il sussidio venga dato al produttore di un dato bene o al suo consumatore.
Consideriamo la prima ipotesi, supponendo un regime di concorrenza perfetta. Si suppone, cioè, che lo Stato conceda a tutte le imprese appartenenti ad una sola industria, un premio di produzione o di vendita.
a) Periodi di tempo brevissimi. In periodi di tempo brevissimi in cui la quantità offerta è solo quella esistente nei magazzini, se il prodotto sovvenzionato è un bene rapidamente deperibile, il premio è commisurato al volume delle vendite del produttore viene interamente guadagnato dal produttore stesso, non essendoci alcuno stimolo ad una riduzione immediata dei prezzi di vendita, dato che questi sono determinati dalla domanda.
Se il premio è dato anziché ai produttori, ai consumatori che acquistano il prodotto sovvenzionato, il problema non muta sostanzialmente. Il premio al consumo si traduce in un corrispondente incremento della domanda, la quale, di fronte ad un’offerta assolutamente rigida (si ricordi che si è fatta l’ipotesi di un periodo brevissimo), provoca un corrispondente aumento del prezzo pagato per il prodotto sussidiato. E, quindi, vi è un processo di traslazione del beneficio dal compratore al venditore che rimane come nel caso precedente l’unico beneficiano del premio. Se il bene non è deperibile, ma può venir conservato a tempo indeterminato, le conseguenze non mutano. Infatti, il possessore dei beni la cui produzione viene favorita non ha alcun interesse a differirne la vendita, perché per il futuro ci si può attendere una riduzione e non un aumento dei prezzi. Invece, può aver interesse ad affrettare la vendita in quanto esaurendo il magazzino prima del tempo precedentemente previsto si assicura un maggior ricavo, profittando dei prezzi temporaneamente più elevati, nel caso in cui la condotta di un singolo operatore non sia seguita anche dagli altri. Se tale tendenza ad anticipare le vendite si generalizza, la riduzione del prezzo viene anticipata. Se le scorte sono di un ammontare rilevante rispetto alle vendite quotidiane, e se tali scorte possono venir ridotte senza intaccare e compromettere il regolare processo produttivo, è molto probabile che la previsione di una riduzione dei prezzi in seguito alla concessione del premio alla produzione non rimanga limitata a pochi produttori ma si diffonda e, di conseguenza, porti ad un assottigliamento delle scorte, in quanto per ridurre le perdite sulle giacenze in seguito alle variazioni previste dai prezzi, il ritmo delle vendite venga affrettato. In tal caso, di fronte ad una intensificata offerta, immutata restando la domanda, in periodi di tempo brevissimi un premio sulla quantità prodotta provoca una diminuzione del prezzo del bene sussidiato. Naturalmente, ciò è subordinato al fatto che trattandosi di un bene conservabile, di questo bene esistano sul mercato delle quantità eccedenti il fabbisogno minimo al disotto del quale il ritmo produttivo viene intaccato. Questa traslazione del premio in periodi brevissimi dal produttore al consumatore è naturalmente funzione della eccedenza del magazzino esistente rispetto a quello minimo indispensabile, sempre, ben inteso, nel limite massimo del premio concesso.
b) Periodi di tempo brevi. Il premio influisce sulla produzione nei limiti concessi dalle dimensioni attuali degli impianti, che non possono venir variate, e dal numero delle imprese attualmente esistenti, che non può venir aumentato.
In periodi di tempo brevi il prezzo tende a coincidere col costo marginale e non necessariamente col costo medio. Pertanto, in periodi di tempo brevi il regime di concorrenza perfetta non è incompatibile col presentarsi del fenomeno di rendite positive e negative nelle singole imprese.
Supponiamo che il premio venga dato al consumatore in ragione del consumo e commisurato alle unità consumate.
Questo premio, così commisurato, si traduce in un aumento della domanda la quale elevando il prezzo corrente sul mercato spinge le imprese ad aumentare la propria produzione fin al punto in cui i costi marginali coincideranno col nuovo ricavo marginale. Punto che si trova in corrispondenza di costi medi più elevati dei precedenti (costi medi crescenti).
Graficamente il ragionamento può venir seguito nel modo che ora si espone (fig. 18).
Sia nel quadro A rappresentata la curva dei costi medi (m) e marginali (r) di un’impresa che agisce in regime di concorrenza. Nel quadro B si rappresenti la curva di domanda (d) ed offerta (o) di breve periodo della industria. Il punto di equilibrio E assicura sul mercato il prezzo OP. In una situazione di equilibrio il prezzo P a sua volta coincide col punto in cui i costi medi (m) ed i costi marginali (r) incontrano in ciascuna impresa (punto di fuga di lungo periodo).
Venga concesso ai consumatori un premio per ciascuna unità consumata pari a PP1 (= RE). Ciò significa che per ciascuna quantità consumata prima del premio, il consumatore è disposto a spendere un prezzo uguale a quello primitivo aumentato dell’ammontare del premio. Cioè la domanda d eleva a d’. Il prezzo, dopo un certo periodo, nell’àmbito delle attuali dimensioni e numero di imprese, si fisserà in OP2. A questo prezzo l’impresa A farà corrispondere una produzione 0Q1 (>OQ).
Quindi in periodi brevi il premio per il consumo PP1 va a beneficio del consumatore per la parte PP4 e a beneficio del produttore per PP2
.
P1
E
P
d1
Q2 Q1 Q O
In sostanza, il premio si traduce in periodi di tempo brevi in un aumento del prezzo pagato dai consumatori se viene largito ai consumatori o in una sua diminuzione se viene concesso ai produttori. Naturalmente l’uno o l’altro, a seconda dei casi, beneficeranno del sussidio che rappresenta una decurtazione del prezzo netto o un suo aumento, a seconda del beneficiano cui si riferisce.
c) Periodi di tempo lunghi. Il sovraprofitto unitario PP2 (il costo medio di OQ1 è un poco più elevato del costo medio di OQ e quindi la differenza è minore di PP2) da un lato richiamerà nuove imprese sul mercato, dall’altro lato indurrà ciascuna impresa a rivedere le dimensioni dei propri impianti per assicurare alla nuova produzione un regime di costi più favorevoli.
Ed in periodi di tempo lunghi le curve di costi marginali e medi si trasformeranno per ipotesi in quelle indicate con m’ e r’ in corrispondenza delle quali il punto di equilibrio (coincidenza tra m’ e r’) di lungo periodo sarà dato da una quantità prodotta maggiore (0Q2> OQ1 > OQ). A queste nuove curve di costi raggiunti dopo lungo periodo, corrisponderà una nuova curva di offerta di lungo periodo indicato dalla o’ in corrispondenza del punto di equilibrio E2,, di lungo periodo.
A lungo andare il prezzo dipenderà dall’andamento della curva dei costi di lungo periodo. Ma è difficile che i costi aumentino di più del premio e, pertanto, si può dire che anche a lungo andare il premio si traduce in una diminuzione del prezzo.
La conclusione vale, naturalmente, nell’àmbito dell’ipotesi posta, di costi crescenti per l’industria.
In definitiva gli effetti nelle due diverse ipotesi (sussidio al consumatore e sussidio al produttore) finiscono sempre col coincidere per quanto riguarda la ripartizione del beneficio tra produttore e consumatore; varia solamente il modo di traslazione. Nel primo caso si ha una traslazione in avanti del premio attraverso un aumento dei prezzi pagati dai consumatori, che in parte vengono, però, compensati dal premio concesso ai consumatori, nel secondo caso si ha, invece, un processo di traslazione all’indietro attraverso una diminuzione dei prezzi.
Naturalmente, la ripercussione del premio muta a seconda di diversi fattori:
— elasticità della domanda del bene privilegiato. Tanto più la domanda è rigida, tanto maggiore sarà il beneficio goduto dal consumatore (minor aumento dei prezzi, se premio di consumo; maggior riduzione dei prezzi, se premio di produzione);
— andamento della curva dei costi. Se i costi sono costanti il premio si trasferisce interamente sui consumatori, sia esso concesso ai produttori o ai consumatori stessi. Se i costi sono crescenti il beneficio goduto dal consumatore è inferiore al premio largito dallo Stato. E ciò è ovvio in quanto l’incremento della produzione avviene provocando un aumento. dei costi unitari, aumento che parzialmente assorbe il beneficio del premio. Se i costi, infine, sono decrescenti, il consumatore oltre che del premio, viene a godere anche del minor costo implicito nella aumentata produzione;
__ modo di commisurazione del premio. In primo luogo va tenuto presente che la concessione di un premio commisurato non già alla produzione corrente, ma ai nuovi impianti o sotto forma di contributi una volta tanto alla spesa di impianto o sotto forma di contributi annui per l’introduzione o la gestione dei nuovi impianti (sia pure sotto forma di concorso all’interesse, mutui a tasso di favore, o simili) provoca degli effetti solo in lunghi periodi di tempo. Cioè solamente dopo che i nuovi impianti sono influenzati dalla nuova situazione creata dal premio. In tal caso i costi medi di lungo periodo vengono ridotti, per la riduzione dei costi fissi.
Infine, è opportuno precisare che se il premio viene concesso alla produzione corrente avrà influenza sulla traslazione il sistema di commisurazione. In modo particolare il premio commisurato al valore della produzione modificherà la nuova curva di domanda (se trattasi di premi al consumo) o la nuova curva di offerta (se trattasi di premio sulla produzione) in modo da farla divergere dalla primitiva, nel senso che il premio ad valorem, a parità di tasso iniziale nel punto di equilibrio orginario, è decrescente col crescere della quantità venduta, mentre il premio specifico rimane costante. E quindi al produttore il premio specifico riesce più vantaggioso.
3. Effetti della spesa-sussidio a tutte le industrie.
Si supponga che la sovvenzione non sia concessa ad una particolare industria, ma a tutte le industrie indiscriminatamente. Come ipotesi tipica si può considerare il caso in cui lo Stato procede alla realizzazione di un ampio programma d’opere pubbliche a carattere strumentale: costruisca nuove strade, nuove linee ferroviarie, intensifichi l’istruzione tecnica e professionale delle maestranze, migliori l’organizzazione creditizia, assuma a suo carico determinati oneri sociali della classe operaia sgravando le imprese, ecc. Praticamente in questo modo lo Stato aumenta le economie esterne di tutte le industrie e assumendosi, senza alcuna controprestazione, una parte del costo di produzione già sostenuto dagli imprenditori, contribuisce a ridurre i costi medi e marginali delle singole imprese.
Il beneficiario immediato di questo tipo di spesa è l’imprenditore, ma è agevole comprendere che il beneficiario definitivo, non è l’imprenditore stesso, in quanto si verifica un processo di traslazione parziale o totale.
L’imprenditore di fronte alla caduta dei costi marginali e dei costi medi tende ad aumentare la produzione fino a quando i nuovi costi marginali coincideranno col livello dei prezzi. In periodi di tempo brevi, ciò e condizionato naturalmente alle dimensioni degli impianti esistenti. Ma in ogni modo questo aumento della produzione provoca una diminuzione dei prezzi fino a raggiungere un punto di equilibrio di breve periodo, che dipenderà dalla coincidenza tra nuovi costi marginali e nuovo livello dei prezzi. La caduta dei prezzi consente il trasferimento del beneficio, nella misura consentita dall’elasticità della domanda e dall’andamento della nuova offerta di breve periodo, dall’imprenditore al consumatore.
Se consideriamo periodi di tempo lunghi, cioè sufficienti perché gli imprenditori adeguino gli impianti alle nuove esigenze di mercato, l’impostazione logica del problema non viene a mutare. La misura della traslazione della spesa-sussidio dall’imprenditore al consumatore dipenderà dall’andamento della curva di offerta di lungo periodo. Se questa avviene in regime di costi costanti, i costi medi tenderanno a lungo andare a coincidere col nuovo livello dei prezzi.
Una sola considerazione conviene fare: che in periodi di tempo lunghi, soprattutto nel caso in cui tutti i fattori della produzione od anche uno solo di essi siano interamente occupati, o per lo meno dal momento in cui l’espansione della produzione riesce a saturare l’offerta di tutti od anche di un solo fattore della produzione, l’imprenditore può aumentare le dimensioni dei propri impianti solamente a condizione di corrispondere ai fattori della produzione interamente occupati (o al fattore della produzione interamente occupato) un prezzo via via crescente. Ed allora il minor costo di produzione dovuto alla spesa statale viene del tutto o in parte compensato dal rincaro del costo di produzione, per le considerazioni che si sono viste. Si può affermare, pertanto, che in lunghi periodi di tempo le spese-sussidio possono venir trasferite dall’imprenditore ai possessori dei fattori della produzione.
~ Concludendo, si può dire, pertanto, che la spesa-sussidio concessa a tutte le industrie provoca in periodi di tempo brevi una diminuzione del livello generale di prezzi e si trasferisce in tutto o in parte dall’imprenditore al consumatore, mentre in lunghi periodi di tempo, per il sorgere di nuove imprese allettate dalla riduzione dei costi generali, e per l’ampliarsi delle dimensioni delle imprese esistenti, il prezzo di uno o più fattori può aumentare e la traslazione va, oltre che dall’imprenditore al consumatore, anche dall’imprenditore al possessore del fattore di produzione. O si può verificare un’inversione del processo primitivo se il beneficio del sussidio va dal consumatore al fattore di produzione.
4. Casi particolari della spesa-sussidio.
Parzialmente diverso (almeno da un punto di vista formale) si presenta il caso in cui il premio non venga corrisposto in connessione con la produzione o il consumo d’un determinato bene, o, attraverso prestazione gratuita di una serie di beni strumentali per l’impresa privata, a tutte le industrie indiscriminatamente, ma a determinate categorie di consumatori elevando con un sussidio il loro potere d’ acquisto (per es., un sussidio ai disoccupati).
Per considerare tale caso, a prescindere da effetti in termini macroeconomici, bisogna tener presente che non tutti i beneficiari del sussidio hanno la medesima configurazione di gusti né, pertanto, lo stesso piano del consumatore. L’attribuzione di questo nuovo potere d’acquisto a certe classi sociali viene ad incrementare in misura diversa la domanda dei singoli beni, e per taluni di essi, si può anche verificare, per l’effetto di sostituzione, una diminuzione della domanda.
L’aumento della domanda provoca in periodi di tempo brevissimi un aumento dei prezzi del bene o dei beni maggiormente chiesti in seguito al sussidio concesso. Il primo effetto, pertanto, è di trasferire parte del premio dal consumatore al produttore, il quale aumenterà il profitto.
In periodi di tempo brevi, l’aumento del prezzo provoca una dilatazione della produzione fino a far coincidere la curva dei costi marginali con il più elevato livello dei prezzi. E raggiunto il nuovo equilibrio di breve periodo, si avrà un livello dei prezzi maggiore, uguale o minore di quello primitivo a seconda che la produzione del bene avvenga in regime di costi crescenti, costanti o decrescenti.
A lungo andare, poi, il prezzo si adeguerà, in base alla nuova domanda, alla curva dei costi di lungo periodo, con l’eventuale traslazione sui fattori della produzione di cui si disse più sopra.
Un secondo caso particolare che merita di essere esaminato è quello relativo al premio per l’esportazione che lo Stato può dare a quanti vendano all’estero una parte della propria produzione, cioè al consumatore estero.
Si consideri un determinato bene che venga contemporaneamente venduto tanto sul mercato interno quanto sul mercato esterno . Sia il suo costo di produzione (decrescente) indicato dalla curva o. Questo bene venga assoggettato a due domande. Alla domanda del mercato interno d; ed alla domanda del mercato esterno de così che la domanda complessiva è dc. . Ciò significa, ad esempio, che al prezzo OM il mercato estero domanda MM1 unità e quello interno MM2 unità, in tutto MM3 (=MM1+MM2).
Alle curve di domanda e dei costi tracciati nel grafico corrisponde il prezzo di equilibrio OP, in corrispondenza del quale si vende la quantità PR1 sul mercato esterno e PR2 sul mercato interno, così da vendere complessivamente la quantità PR3.
Conceda, ora, lo Stato un premio di esportazione in ragione di TM, per ciascuna unità esportata. Ciò significa per l’impresa esportatrice che per ogni unità venduta all’estero il ricavo aumenta in misura del premio concesso. Per l’impresa è come se il prezzo si sdoppiasse restando immutato quello interno ed aumentando quello esterno.
Se il premio è pari a MT (= PP1 = P2P3) la nuova curva di domanda del mercato estero sarà data da d’e e di conseguenza la nuova curva complessiva di domanda sarà data dalla d’c .
Il costo unitario (l’industria nell’ipotesi fatta produce in ragione di costi decrescenti) diminuisce scendendo da OP a 0P2.. E di conseguenza, essendo un regime di concorrenza perfetta, il prezzo di vendita sul mercato interno scende da OP a 0P2 e quello sul mercato esterno scende da OP a 0P3 (la differenza di P2P3 è a carico dello Stato e corrisponde al sussidio).
Il sussidio all’esportazione, pertanto, si trasferisce a favore dei consumatori esteri in misura pari al premio d’esportazione con in più il vantaggio della decrescenza dei costi. I consumatori interni, però, se da un lato subiscono come contribuenti l’aggravio delle spese per i sussidi, dall’altro si avvantaggiano come consumatori, perché beneficiano della riduzione dei costi.
È appena il caso di avvertire che il sistema del sussidio all’esportazione può funzionare solamente in quanto il paese esportatore si circondi di un dazio doganale d’importazione in misura per lo meno pari al premio. Altrimenti i consumatori interni approfitterebbero dello sdoppiamento del prezzo per acquistare il prodotto all’estero.
Però se invece di un regime di costi decrescenti si suppone un regime di costi crescenti, il ragionamento parzialmente muta, in quanto tanto i consumatori interni che quelli esteri vengono a subire un inasprimento dei costi in seguito alla espansione della produzione.
Inasprimento che costituisce un netto aggravio per i consumatori interni e che si traduce in un minor premio per i consumatori esteri.
5. Effetti economici della spesa-prezzo.
Se lo Stato dipende una certa somma per acquistare determinati prodotti o l’uso di fattori della produzione per produrre beni strumentali o di consumo, si possono avere i seguenti effetti:
a) Periodi di tempo brevissimi. La prima manifestazione della spesa consiste in una domanda di beni e di fattori. Questa domanda in periodi di tempo brevissimi influisce sulla quantità di beni e fattori esistenti e disponibili sul mercato.
Per quanto riguarda i beni esistenti, la domanda dello Stato si può non tradurre in un aumento del prezzo, solamente in un caso: quando i beni esistenti siano disponibili nella quantità desiderata. Ma salvo questa ipotesi la domanda addizionale dello Stato costituisce una ragione di aumento del prezzo dei beni richiesti.
Per quanto riguarda i fattori della produzione, la domanda addiziona-le proveniente dallo Stato, si traduce in un aumento del loro prezzo, a meno che il fattore della produzione richiesto sia disoccupato sul mercato e l’eccesso non impiegato superi la quantità domandata dallo Stato, oppure essendo il fattore richiesto interamente occupato, questo sia tecnicamente o economicamente non disinvestibile rapidamente dal ciclo produttivo in cui è investito.
Ma saivo questa ipotesi la spesa pubblica tende a provocare immediatamente un aumento del prezzo dei beni e fattori della produzione che lo Stato chiede, e si ha pertanto un processo di ripercussione nel senso indicato.
b) Periodi di tempo brevi. In periodi di tempo brevi le imprese che producono i beni chiesti dallo Stato, di fronte all’aumento del loro prezzo, intensificheranno la produzione compatibilmente con gli impianti esistenti fino a che il costo marginale di questi beni coinciderà col nuovo prezzo. Questa maggiore offerta di beni contiene l’aumento dei prezzi che si era verificato immediatamente e riporta il prezzo corrente del bene al costo di produzione di breve periodo proprio della nuova quantità complessivamente domandata.
In periodi di tempo brevi un altro elemento appare sul mercato. I maggiori redditi conseguiti dalle imprese in seguito all’aumento del prezzo e delle quantità vendute, e dai fattori della produzione precedentemente disoccupati ed ora impiegati o già impiegati ed ora più altamente retribuiti, dànno luogo, in quanto vengano spesi. ad un aumento della domanda di beni da parte di questi beneflciari. Aumento di domanda che costituisce un secondo motivo di aumento dei prezzi, sia pure relativamente a beni diversi da quelli considerati precedentemente.
Questo motivo d’aumento dei prezzi potrà sommarsi con quello relativo alla domanda statale, se questa continuerà a persistere, o potrà del tutto o parzialmente sostituirla, se la domanda statale sarà cessata nel momento in cui questi maggiori redditi verranno spesi.
c) Periodi di tempo lunghi. A lungo andare il ciclo di produzione del bene o servizio che lo Stato intende rendere si chiude e sul mercato affluisce il bene o servizio che viene reso gratuitamente agli utenti.
Se lo Stato attraverso il processo produttivo originato dalla spesa sostenuta immette sul mercato beni strumentali (costruisce una strada) il costo di produzione delle imprese si riduce e ne derivano tutte le conseguenze esaminate parlando della spesa-sussidio a favore delle imprese.
Se detti beni strumentali vengono offerti sul mercato in concorrenza con i beni strumentali prodotti da privati, si può determinare una riduzione del tasso d’interesse. Non si ha invece nessuna riduzione del tasso d’interesse se questa offerta non concorre in alcuna misura a compensare la domanda di beni strumentali privati.
Se lo Stato ha dato luogo alla produzione di beni di consumo, gli individui vengono a godere gratuitamente di questi beni.
Ora, è necessario distinguere il caso in cui il bene reso dallo Stato abbia sul mercato altri beni concorrenti nella domanda e già precedentemente consumati dalla collettività, dal caso in cui il bene reso dallo Stato abbia sul mercato altri beni complementari. Nel primo caso, l’offerta di beni di consumo da parte dello Stato, provoca una diminuzione del prezzo di tutti i beni ad esso concorrenti ed il potere d’acquisto reso così disponibile potrà venir destinato ad acquistare altri beni, provocando un aumento del prezzo relativo, che potrà — in periodi brevi — compensare il ribasso precedente.
Nel secondo caso la disponibilità gratuita di determinati beni rende conveniente l’intensiflcazione della domanda dei relativi beni complementari i quali, in periodi di tempo brevi, aumenteranno il loro prezzo, mentre la contrazione conseguente della domanda di tutti gli altri beni ora non più richiesti provoca una caduta nei loro prezzi.
In ogni modo la produzione di beni di consumo elargita gratuitamente alla collettività può causare in determinati casi, un aumento di certi prezzi.
Capitolo VII — Effetti generali della spesa pubblica 181
NOTE BIBLIOGRAFICHE
Per un’impostazione generale degli effetti della spesa pubblica, oltre ai Principi del DE VITI DE M~aco si veda la bibliografia citata in SCOTTO A., A proposito della considerazione della spesa statale nella teoria degli effetti dei tributi, in “ Studi economici ed aziendali ”, 1947, Il.
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