Apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale

Si tratta della forma di apprendistato non ancora in concreto operante, rivolta ai giovani tra i

15 e i 25 anni di età, che prevede un monte ore di formazione decisamente elevato, congruo

al conseguimento della qualifica/diploma professionale (l’accordo Stato-Regioni prevede un

ammontare formativo non inferiore a 400 ore annue).

Il D.L. n. 34 limita opportunamente l’onere retributivo posto a carico del datore di lavoro per

la componente formativa, inserendo nel T.U. un nuovo comma che rapporta la retribuzione

da corrispondere al lavoratore alle ore di lavoro effettivamente prestate e solo ad una quota

pari al 35% del monte ore complessivamente stabilito per la formazione. La contrattazione

collettiva può regolare diversamente la materia

 

Apprendistato professionalizzante

La normativa previgente prevedeva che l’impegno formativo dell’apprendista, rivolto

principalmente all’acquisizione delle competenze tecnico-professionali e posto sotto la diretta

responsabilità dell’azienda, fosse necessariamente integrato dall’offerta formativa di matrice

pubblica finalizzata all’acquisizione delle conoscenze di base e trasversali. Tale offerta è

affidata alle Regioni che sono tenute ad organizzare i relativi corsi, nei limiti delle risorse

annualmente disponibili, per un monte complessivo non superiore in media a 40 ore annue.

Il D.L. n. 34 esclude ora il carattere obbligatorio della formazione integrativa regionale, che

diventa quindi discrezionale (“può essere integrata …” recita infatti il nuovo testo della

disposizione) in funzione della valutazione dei criteri oggettivi che già oggi presiedono

all’intervento pubblico: età, titolo di studio e competenze dell’apprendista.

 

Formazione

Formazione pubblica

Il Decreto Legge n. 34/2014, modificando l’art. 4, comma 3, del D.lgs. n. 167/2011, ha

stabilito che la formazione tecnico-professionale “può essere” e non, come previsto dalla

previgente disposizione, “è integrata” da quella pubblica.

Anche se l’analisi lessicale del testo normativo non sembra lasciare particolari dubbi sul

riconoscimento in capo al datore di lavoro di una mera facoltà in punto formazione

pubblica, una lettura “costituzionalmente orientata”della norma suggerirebbe d’

interpretare quel “può” come un potere normativo in capo alle Regioni di prevederne o

meno l’obbligatorietà.

In attesa di chiarimenti ministeriali, occorre fare un passo indietro, ricordando che la

formazione professionale consta di un doppio binario:

● quello pubblico, inerente i profili formativi di base e trasversale, curato e disciplinato

dalle singole Regioni

● quello aziendale, inerente i profili tecnico-specialistici, disciplinato dalla contrattazione

collettiva .

Entrambe le tipologie di formazione, almeno fino all’intervento normativo in analisi, erano

parimenti obbligatorie e concorrevano al raggiungimento della qualifica contrattuale.

Ora, al fine di comprendere il peso specifico della novità in analisi e di valutarne le

ripercussioni sull’attività ispettiva, non si può non considerare che, da circa un anno, si

registra una lenta svalutazione della formazione regionale. Attraverso una tecnica di rinvii

alla Conferenza Stato-Regione, il Legislatore, col D.L. n. 76/2013, ha previsto una serie di

principi volti a sminuire il ruolo della formazione regionale pur confermandone (secondo

quanto chiarito dal Ministero del Lavoro nella circolare n.35/2013) l’obbligatorietà. In

particolare, la Conferenza Stato-Regioni, il 20/02/2014, sul punto, ha stabilito le seguenti

linee guida:

● Il piano formativo individuale deve essere elaborato solo in relazione alla formazione finalizzata

alla acquisizione di competenze tecnico-professionali e specialistiche.

● La formazione deve essere registrata sul libretto formativo del cittadino. In mancanza

del suddetto libretto, il datore deve utilizzare un documento che ne contenga i contenuti

minimi.

● Il monte ore complessivo della Formazione pubblica deve essere di :

1. 120 ore per gli apprendisti privi di titolo, in possesso di licenza elementare e/o della sola

licenza di scuola secondaria di I grado;

2. 80 ore per gli apprendisti in possesso di diploma di scuola secondaria di secondo grado;

3. 40 ore per gli apprendisti in possesso di laurea o titolo equivalente

A fronte di tale quadro normativo, appare evidente come il baricentro degli accertamenti

ispettivi in ordine ai rapporti di apprendistato, si attesti principalmente sull’attività formativa

tecnico-specialistica, così come scandita dalla contrattazione collettiva.

Venendo meno l’obbligatorietà d’inserire nel piano formativo individuale la formazione

pubblica e costituendo quest’ultimo documento (così come chiarito dal Ministero del Lavoro

nella circolare n. 35/2013) il parametro principale per il controllo dell’adempimento

formativo, appare evidente il depotenziamento del deterrente ispettivo in punto di

formazione di base e trasversale.

Fatte queste considerazioni, gli accertamenti ispettivi sul punto, a maggior ragione oggi,

dovranno essere incentrati sul rispetto, da parte del datore di lavoro, dei parametri

quantitativi, modali e contenutistici dettati dalla contrattazione collettiva in punto di

formazione tecnico-specialistica.

In particolare, così come precisato dal Ministero del Lavoro (Circolare n. 5/2013) il controllo

circa l’adempimento formativo va incentrato sull’ aderenza tra il piano formativo individuale

ed il c.d. apprendimento formale che viene definito come “ l’apprendimento erogato in un

contesto organizzativo e strutturato appositamente progettato come tale, in termini di

obiettivi di apprendimento e tempi o risorse per l’apprendimento. L’apprendimento formale è

intenzionale dal punto di vista del discente. Di norma si conclude in una convalida e in una

certificazione”

Nell’alveo di quest’ultimo concetto, a parere dello scrivente, vi rientra anche la formazione

interna all’azienda, impartita con le modalità “on the job” o in aula, purché il datore di lavoro

riesca a mettere a disposizione del discente risorse umane idonee a trasferire le competenze

richieste nel piano formativo, assicurandone lo svolgimento in ambienti adeguati a tal fine.

Fatte queste precisazioni, l’impianto sanzionatorio legato al deficit formativo rimane

identico a quello preesistente, nel senso che l’intervento ispettivo, a seconda della

recuperabilità o meno di quel deficit, si concretizzerà nella seguente alternativa:

1) nel disconoscimento del rapporto di apprendistato e nel recupero contributivo maggiorato

del 100%, nell'ipotesi di una formazione inadeguata imputabile esclusivamente al

datore di lavoro (sanzione prevista dall’art. 7, comma 1, D.lgs. n. 167/2011);

2) nella notifica di un provvedimento di disposizione degli ispettori del lavoro, volto ad invitare

il datore di lavoro ad erogare, entro un congruo termine, la dovuta formazione, a

pena di una sanzione amministrativa che va da 515 a 2.580 euro.

 

Come già riferito, il discrimine tra i due binari sanzionatori s'incentra sul concetto di

recuperabilità del debito formativo il che, come chiarito nella circolare n. 5/2013, “appare

proporzionalmente più difficile in relazione all’approssimarsi della scadenza del periodo

formativo inizialmente individuato1