RIFORMA DELL'UNIVERSITÀ DEL 2004
Gli studi universitari italiani erano già stati profondamente modificati con la riforma del 1999 con la quale è stata inserita la divisione in laurea di primo livello e secondo livello. La riforma universitaria entrata in vigore con il decreto 270/2004ha previsto la riorganizzazione accademica. E' iniziata nell’anno accademico 2008-2009. In sintesi, si sono previsti due tipologie di cicli formativi: la laurea(prima chiamata triennale), e la laurea magistrale(prima chiamata specialistica) che dura due anni (dopo la prima). Alcuni corsi di laurea hanno un ciclo unico. Per la formazione post laurea sono previsti master universitari di primo e secondo livello della durata di 1 anno. Si possono iscrivere ai master di primo livello coloro che hanno conseguito il titolo di laurea triennale; possono iscriversi ai master di secondo livello coloro che hanno conseguito il titolo di laurea magistrale. Il dottorato di ricerca triennale (dopo il conseguimento della laurea magistrale). Inoltre per alcune professioni quali medico, avvocato, insegnante, etc., l’abilitazione sarà conseguita frequentando, dopo la laurea di primo livello o magistrale, le scuole di specializzazione o praticantati, della durata di 1 e/o 2 anni e superando quindi l’esame di stato.
Resta il concetto di credito formativo,
introdotto con la riforma universitaria precedente. Il voto è ancora espresso in
trentesimi, con 18 come votazione minima. Le regole per il superamento degli
esami vengono stabilite da ogni ateneo. Al termine della laure di primo livello
è obbligatorio sostenere una prova finale, decisa autonomamente da ogni Ateneo.
Al termine della laurea magistrale è necessario predisporre la tesi di laurea e
presentarla alla commissione. Il punteggio minimo per il superamento dell’esame
è di 66 punti, mentre quello massimo è di 110 punti con eventuale lode.
Lo studente delle superiori può scegliere qualsiasi corso di laure, indipendente
dalla scuola di provenienza ma, se l’università verifica qualche lacuna, queste
saranno espresse in debiti formativi e dovranno essere recuperati entro il primo
anno.
Vale ancora il concetto di classe di laurea, introdotta con la riforma del ’99.
Con il Decreto-legge 180/2008“Disposizioni urgenti per il diritto allo
studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e
della ricerca” e s.m.i. sono state introdotte importanti novità in merito alla
trasparenza dei concorsi, al reclutamento dei professori e dei ricercatori, alle
borse di studio per gli studenti più meritevoli. Interessanti approfondimenti in
merito possono essere consultati nel documento predisposto dal MIUR. Nel 2008
inoltre è stato realizzato un documento Linee guida che illustra le
principali novità della riforma.
Nel 2010, è stata poi promulgata dal Presidente della Repubblica la legge 30
dicembre 2010 recante “Norme in materia di organizzazione delle università, di
personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la
qualità e l’efficienza del sistema universitario”. Queste modifiche (la famosa
Legge Gelmini) sono state oggetto di scontro nel mondo universitario.
RIFORMA GELMINI DELL'UNIVERSITÀ
Le università italiane dovranno, secondo il decreto Gelmini, dotasi di norme contro il conflitto di interessi e di codici etici (questo in teoria parrebbe positivo ma non lo è, come vedremo). Le Università subiranno accorpamenti con università limitrofe, diminuzione del numero dei corsi di laurea e notevoli cambiamenti per quanto riguarda la composizione del Consiglio di amministrazione di ateneo, lo stato giuridico dei docenti e le abilitazioni per l’insegnamento universitario.
Nei Consigli di Amministrazione siederanno 2 o
3 soggetti esterni all'università (rappresentanti di aziende, enti locali,
politici) che potranno influire sulle scelte didattiche, di ricerca e
sull'entità delle tasse universitarie. Si completa il modello di privatizzazione
previsto dalla Legge 133. Il Consiglio di Amministrazione diventa l’unico
organo con tutti i poteri decisionali sul bilancio, la programmazione didattica,
l’apertura e la chiusura dei corsi di laurea. Il Senato Accademico(organo
di autogoverno) viene privato dei suoi poteri, assumendo un mero ruolo
consultivo, anche sulla didattica e sulla ricerca. I Rettori (ai quali viene
prorogato il mandato) vedono aumentare i loro poteri e potranno appartenere ad
un ateneo diverso da quello nel quale svolgono il loro incarico.
Nel disegno di legge è contenuta una delega "praticamente in bianco" al Governo
per la riforma del sistema del diritto allo studio. Viene istituito il Fondo per
il merito per assegnare premi e buoni studio da restituire (cioè prestiti) agli
studenti meritevoli.
LA RIFORMA UNIVERSITARIA IN ITALIA NEL 1999
Col decreto del3 novembre 1999, n. 509l’Università italiana
cambia definitivamente veste. Sicuramente l’aspetto più innovativo del
nuovo sistema universitario è il carattere di sequenzialità dei
due cicli di studio (laurea triennale e laurea specialistica). Il
primo ciclo di laurea, con durata triennale, mira a fornire una
formazione generale di base, in vista di un eventuale proseguimento
degli studi ma anche una preparazione specifica e professionale,
immediatamente spendibile e funzionale all’accesso nel mondo del lavoro.
Il conseguimento della laurea cosiddetta di primo livello permette di
accedere a:
• attività lavorative, ad eccezione di quelle che richiedono
necessariamente un ulteriore approfondimento e specializzazione
• corsi di laurea specialistica (anche in ambiti diversi da quello in
cui si è conseguito il titolo in precedenza)
• master di primo livello
La laurea specialistica invece ha durata biennale, offre una
elevata qualificazione in ambiti specifici, permette di approfondire
conoscenze e competenze fino a quel momento acquisite. A tale percorso
formativo vi si può accedere anche dopo aver affrontato e provato
un’esperienza lavorativa. Infatti, anche a distanza di anni si possono
integrare gli anni della formazione triennale con l’iscrizione ad un
corso specialistico, ed in tal caso la propria esperienza lavorativa
verrà valutata in crediti.
I crediti formativi
Una delle novità della riforma sono i crediti formativi universitari.
Si tratta di una unità di misura del lavoro richiesto a uno studente
per apprendere quanto previsto dal corso di studi. In pratica il sistema
prevede di assegnare a ogni insegnamento un punteggio stabilito in base
all’impegno necessario per superare i corrispondenti esami scritti e
orali, per svolgere stages, per scrivere tesine ecc. Ogni credito
corrisponde, cioè alle ore che si ritiene lo studente debba spendere in
università e individualmente per superare l’esame (1 credito equivale a
25 ore di lavoro).
La quantità media di lavoro svolto da uno studente in un anno accademico
è convenzionalmente fissata in 60 crediti(quindi, per acquisire
la laurea di primo grado ci vorranno 180 crediti e per raggiungere la
specializzazione ulteriori 120).
Per essere più chiari, se un esame vale 4 crediti, significa che, tra le
ore spese a lezione e lo studio svolto a casa, allo studente medio è
richiesto un impegno totale di 4 per 25 =100 ore di lavoro per superare
l’esame. Superando l’esame lo studente in questo caso acquisisce 4
crediti.
Il voto continua ad esistere e consente di specificare la qualità
dell’insegnamento. La valutazione dell’esame è sempre espressa in
trentesimi infatti il credito non valuta il profitto. Tuttavia il
superamento dell’esame fa acquisire il numero totale dei crediti
indipendentemente dal voto ricevuto.
Le classi di laurea
Altra novità della riforma sono le classi. Le classi costituiscono dei
‘contenitori’ di corsi universitari (di laurea e di laurea
specialistica) e danno precise informazioni sugli obiettivi formativi
qualificanti, sulle attività formative indispensabili e sul numero di
crediti da assegnare a ciascuna di esse.
Lo studente in procinto di iscriversi all’Università deve sapere che la
scelta della classe di laurea verso cui orientarsi non è la sola che
deve fare: all’interno dello stesso corso di laurea è possibile seguire
percorsi di studio differenti grazie alla libertà dello studente di
individuare gli insegnamenti più coerenti con i propri interessi e con
le proprie prospettive occupazionali.
I diritti dello studente lavoratore
Lavorate già, ma avete voglia di riprendere gli studi oppure state
ancora studiando ma desiderate anche lavorare? Come conciliare i due
impegni?
In Italia ogni lavoratore studente ha la possibilità di fruire di
interessanti agevolazioni che gli consentono di frequentare corsi e di
avere a disposizione del tempo per preparare gli esami.
Allora occhio che:
• Tutti i lavoratori, se iscritti a regolari corsi di istruzione
primaria, secondaria e di qualificazione professionale, hanno diritto a
non essere inseriti in turni di lavoro straordinario o durante i riposi
settimanali
• Lo studente lavoratore ha a disposizione un monte ore di 150 di
permessi retribuiti in tre anni per frequentare corsi e lezioni (le
modalità sono descritte nell’art. 91 dei contratti nazionali di lavoro)
• Nel caso di frequenza di corsi sperimentali per il recupero della
scuola dell’obbligo oppure se si tratta di corsi di studio correlati
all’attività dell’azienda il tetto massimo di permessi è elevato a 250
ore. L’uso deve essere programmato trimestralmente con il datore di
lavoro ed essere compatibile con le esigenze produttive ed organizzative
dell’azienda
• Durante il periodo degli esami i lavoratori studenti, compresi quelli
universitari , possono fruire di permessi giornalieri retribuiti
• In caso di esame oltre al giorno di permesso già accordato per legge,
è possibile richiedere due giorni di permesso retribuito, da fruirsi nei
giorni lavorativi precedenti l’esame
Naturalmente il datore di lavoro può richiedere al lavoratore la
produzione adeguata di documenti che dimostri l’effettiva frequenza dei
corsi o la partecipazione agli esami.
Attenzione: i permessi non sono retribuiti nel caso in cui l’esame
universitario viene sostenuto per più di due volte nello stesso anno
accademico. Inoltre tenete presente che tutte queste agevolazioni
valgono soltanto per chi è in regola con la posizione lavorativa. E’
inutile ricordare che spesso le cose non vanno così e che a volte i
datori di lavoro se ne dimenticano; quindi tocca a voi richiederli e
farli rispettare.